Il mese dell’orgoglio
e
l’infantilizzazione della società







L’arrivo del Pride Month (il Mese dell’Orgoglio, ndr), anche se negli ultimi anni è stato un evento un po’ più tranquillo rispetto al passato, ci ricorda ogni anno uno degli aspetti principali della nostra cultura moderna. La nostra cultura non è solo caratterizzata dalla morte dei vecchi valori morali, ma anche dalla loro distruzione intenzionale e trionfante.
Chiunque abbia assistito a una parata del Pride non può avere dubbi al riguardo. Per due volte mi sono trovato involontariamente a Londra mentre si svolgeva la parata; per due volte il mio shock per la natura esplicita di alcuni carri è stato superato solo dalla mia incomprensione nei confronti dei genitori che avevano portato i loro bambini piccoli a guardare e applaudire. Oggi, a quanto pare, non celebriamo né la modestia sessuale né l’infanzia.

Questa distruzione esultante di cose un tempo considerate sacre è parte costitutiva di una cultura occidentale che ha trasformato il ribelle in un eroe. I ribelli hanno bisogno di regole sacre da trasgredire, e quando la ribellione ha cominciato ad emergere come ideale eroico nel XIX secolo – almeno tra le classi artistiche – la religione che sosteneva quelle regole sacre era destinata a soffrire.

Matthew Arnold ha forse colto qualcosa della morte della religione con la sua immagine del «mugghio malinconico, lungo e ritirante» del mare della fede che si ritira, ma non coglie la frenesia estatica e il deicidio della rivoluzione sessuale.
La trasgressione è divertente, esilarante, come sapevano bene pensatori diversi tra loro come Agostino, Nietzsche e Freud. E la glorificazione del trasgressore è un tratto distintivo del nostro tempo.

Rileggendo recentemente La montagna incantata di Thomas Mann, mi ha colpito come le varie ideologie dei personaggi siano rimaste parte del panorama culturale occidentale un secolo dopo. Nell’atmosfera rarefatta di un sanatorio alpino, lontano dalla vita monotona della gente comune, intellettuali d’élite esplorano le patologie e le contraddizioni della modernità in modi che oggi ci sono familiari.

L’umanesimo esclusivo e la teoria critica si scontrano nelle persone di Settembrini e Naphta, un Georg Lukács appena velato. Entrambe le scuole trovano oggi i loro sostenitori. Ma la figura che più succintamente cattura lo spirito più ampio della nostra epoca è Madame Chauchat, simbolo della tentazione erotica. Ella dichiara a Hans Castorp, il personaggio centrale: «Ci sembra che non si debba cercare la moralità nella virtù, cioè nella ragione, nella disciplina, nel buon comportamento, nella rispettabilità, ma proprio nel contrario, direi: nel peccato, nell’abbandonarsi al pericolo, a tutto ciò che può nuocerci, distruggerci».

La trasgressione – in questo caso, la provocazione della trasgressione erotica – è il segno distintivo della persona «virtuosa», o forse meglio «autentica». È questa la logica della rivoluzione sessuale che ha contribuito in modo così determinante a rimodellare la cultura occidentale negli ultimi sessant’anni e di cui il Pride Month è la celebrazione liturgica.

Nel secolo trascorso da quando Mann ha scritto, le idee fondamentali che egli esplorava non sono cambiate. La postmodernità non è poi così diversa dalla modernità. Ciò che è cambiato è la portata e la collocazione di queste idee. Non sono più solo argomento di conversazioni divertenti tra coloro che vivono sulle vette culturali. Ora sono patrimonio comune della cultura a tutti i livelli, grazie alla tecnologia e ai media.
La medicina ha reso meno rischioso il comportamento sessuale caotico.
La trasgressione di Chauchat è oggi a buon mercato e facilmente accessibile sotto forma di pillola abortiva e antibiotici da banco. E i social media hanno prolungato l’adolescenza incentivando comportamenti sempre più trasgressivi. Per continuare a ottenere clic, dobbiamo diventare sempre più scandalosi. Questo alimenta una delle dinamiche essenziali della trasgressione come ideale: una volta che una trasgressione specifica è stata normalizzata, anche essa deve essere trasgredita.
La fame non viene mai soddisfatta, ma diventa solo più estrema. E così, mentre negli anni ‘70 la ribellione consisteva nell’avere un poster dei Sex Pistols appeso in camera da letto o nel dire alla madre inorridita che Debbie Harry era la tua ragazza ideale, oggi consiste nel proclamare su X o Instagram che Hitler era uno dei buoni e che le persone queer dovrebbero sostenere Hamas.

C’è qualcosa di infantile nella ribellione e nella trasgressione. Il bisogno di mettersi in mostra e attirare l’attenzione su di sé sovvertendo e disprezzando costantemente tutto ciò che è considerato prezioso o sacro dalla generazione precedente ha un che di edipico.
Crescere significava imparare e interiorizzare i valori del passato per trovare il proprio posto nella società. Ma una società costruita sulla trasgressione è in realtà una società condannata a uno stato di immaturità permanente. Che si tratti di attivisti o di utenti dei social media che alzano il livello retorico insultando chiunque non sia d’accordo con loro e chiedendo l’affermazione pubblica di ciò che è ovviamente falso – che gli uomini possono essere donne e viceversa – o che si tratti delle sessualità sempre più stravaganti messe in mostra nella cultura pop, la dinamica è la stessa: il discorso pubblico degenera in capricci infantili.

Il che ci riporta al Pride Month. L’esibizionismo e il glorificare la sessualità trasgressiva e l’incapacità o la riluttanza a esercitare l’autocontrollo sono il segno di una società infantile.

No, i bambini non dovrebbero essere portati alle parate del Pride. Ma ci illudiamo se pensiamo che tali parate non siano esse stesse eventi profondamente infantili.





 
giugno 2025
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