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Decostruire i decostruttori Freud, maestro del sospetto ![]() Sigmund Freud Poi arrivarono i “maestri del sospetto”, Marx, Nietzsche e Freud, ed anche la coscienza fu messa in discussione. E’ quanto sostiene il filosofo Paul Ricoeur: i tre hanno compromesso la fiducia nella coscienza, per Marx subordinata all’essere sociale, per Nietzsche battuta dalla volontà di potenza, secondo Freud dominata dall’inconscio. Sigmund Freud (1856-1939) ebreo viennese, è una delle figure più rilevanti della cultura occidentale del XX secolo. Fu l’inventore della psicanalisi, una teoria generale sull’uomo a cavallo tra neurologia, psicologia, psichiatria e filosofia che ha influenzato in maniera determinante le società occidentali. Le sue teorie hanno avuto un enorme impatto su tutti i settori della cultura, dalla psicologia all’arte alla religione, alla filosofia, sino alle ricerche antropologiche (Malinowski, Kardiner, Margaret Mead) e alla visione generale dell’essere umano. Medico interessato ai meccanismi della psiche, formato presso i luminari dell’epoca, fu in gioventù appassionato di studi biblici, ma divenne presto ateo, considerando ogni religione e il sentimento che ne deriva una nevrosi di massa (L’avvenire di un’illusione). Nondimeno, restò profondamente legato alla cultura ebraica d’origine. Fu iniziato alla Massoneria, aderendo al B’nai B’rith, la loggia internazionale riservata agli Israeliti. Psicanalisi è il termine che descrive un procedimento d’indagine dei processi mentali inaccessibili alla coscienza e un metodo terapeutico per la cura delle nevrosi. Il contributo più significativo di Freud al pensiero moderno è l’elaborazione del concetto di inconscio. Gran parte della neurologia del suo tempo era già persuasa dell’esistenza dell’inconscio. Il concetto era rivoluzionario in quanto mostrava che la consapevolezza (o coscienza) è allocata nei vari strati cerebrali e che ci sono pensieri non immediatamente disponibili in quanto situati “sotto la superficie”. Già nel 1890 il filosofo pragmatista e psicologo funzionale William James esaminò varie definizioni di inconscio e subconscio provenienti da filosofi come Schopenhauer e Hartmann e psicologi e neurologi (Pierre Janet e Alfred Binet). Per non parlare di intuizioni risalenti al pensiero greco classico e a Tommaso d’Aquino. Fu tuttavia Freud a costruire un’interpretazione generale del comportamento e dei fondamenti umani basta sull’inconscio. La sua è una teoria scientifico-filosofica – largamente indimostrata con i criteri epistemologici della scienza – influenzata dall’interpretazione simbolica dei sogni, secondo la quale i processi psichici inconsci (quindi incontrollabili) esercitano influssi determinanti sul pensiero e sul comportamento. L’inconscio diventa il re dell’homo sapiens, centro della rappresentazione simbolica di processi reali. In sostanza, viene cancellata l’idea di libero arbitrio, di responsabilità personale, situando al livello più basso della psiche i moventi del nostro agire. Una bomba sulla concezione generale dell’uomo, unita alla svalutazione più assoluta delle istanze dello spirito. Come fece notare Paul Ricoeur, Freud aderiva alla visione scientista e meccanicistica: nella psicanalisi l’uomo è simile a una macchina guidata dagli istinti (in particolare dalla libido sessuale), prigioniero delle pulsioni più basse, dunque non libero, sostanzialmente irresponsabile delle sue azioni. Più dell’animale, in cui gli istinti della specie determinano una sicura condotta volta al soddisfacimento dei bisogni quotidiani e all’imperativo della riproduzione. La psicanalisi diviene un potente elemento di decostruzione dell’intero apparato della civiltà occidentale con immense ricadute sociali, antropologiche, ontologiche e finanche giuridiche. Il filosofo della scienza Karl Popper annoverava la psicanalisi tra le discipline non scientifiche poiché risulta impossibile sottoporla al giudizio di fallibilità. Un altro austriaco, il positivista Wittgenstein, sostenne che la psicanalisi fosse “una mitologia che ha molto potere”, criticando soprattutto il procedimento della libera associazione delle idee, oscuro “perché Freud non chiarisce mai come possiamo sapere dove fermarci, dove la soluzione sia giusta”. In termini di falsificabilità, ossia la possibilità che un’affermazione smentita con metodo scientifico faccia crollare l’intero edificio, i freudiani ribattono che il pilastro fondamentale della psicoanalisi è il complesso di Edipo. Indubbiamente non si tratta di pensiero magico, ma non può essere generalizzato sino a porlo a fondamento di un’intera teoria dell’uomo, tanto più che Freud lo osservò analizzando un solo soggetto, il piccolo Hans, figlio di un suo allievo che manifestava un morboso interesse per i propri organi genitali. Il bimbo esprimeva fobia verso i cavalli e ostilità nei confronti del padre. Alla nascita della sorellina notò subito l’assenza del pene. Cominciò a pensare che l’organo sessuale fosse proporzionale all’età e che quello della sorella sarebbe cresciuto in seguito. Freud rilevò un complesso di inferiorità del piccolo Hans nei confronti del padre e la paura che la madre potesse preferirgli il padre perché aveva un organo genitale più grande del suo, lo stesso motivo per cui inconsciamente era terrorizzato dai cavalli. Questo comportamento dimostrerebbe la lotta del figlio per il possesso della madre e il complesso di castrazione, la paura di essere evirato dal genitore dello stesso sesso. Le femminucce soffrirebbero di invidia del pene nella fase del passaggio dall’attaccamento alla competizione con la madre per l’attenzione e l’affetto del padre. Diventato adulto, Hans lesse la documentazione del suo caso: non vi si riconobbe affatto, tutto gli parve estraneo e sconosciuto. Facile la replica, affidata al primato dell’inconscio. Quanto all’invidia del pene, è interessante la contro-teoria dell’antropologa Ida Magli, che ipotizzò l’ invidia maschile della vagina per il misterioso potere femminile di dare la vita. Freud sosteneva che la psiche ha tre componenti: l’Es, l’Io e il Super-Io. L’Es domina l’inconscio ed è il processo di identificazione–soddisfazione dei bisogni di tipo primitivo. Costituisce l’elemento inconscio, libidinale che non conosce né negazione né contraddizione. Il Super-io rappresenta la coscienza e si oppone all’Es con la morale e l’etica, la struttura mentale sulla quale si basano l’ambiente educativo interiorizzato, gli ideali dell’Io, i ruoli e le visioni del mondo, la conoscenza, l’etica, la morale. L’Io si frappone tra Es e Super-io per bilanciare le istanze di soddisfazione dei bisogni istintivi, primitivi, e le spinte contrarie derivanti dalle convinzioni morali ed etiche. Sin troppo agevole ricordare che se milioni di Io hanno determinato il Super-Io significa che nell’uomo agiscono istanze psichiche di livello superiore e che la coscienza ha una sostanza morale e comunitaria che produce il “noi”, cioè l’adesione libera alla società e ai suoi principi. Secondo Freud gli esseri umani sono guidati da due pulsioni (concetto simile a quello di istinti): la libido, o principio di piacere, la pulsione di vita (lustprinzip o Eros), e la pulsione di morte (todestrieb o Thànatos). La libido comprende la creatività e gli istinti, mentre la pulsione di morte sarebbe un desiderio innato finalizzato alla creazione di una condizione di calma o non-esistenza, una sorta di nirvana. Quando le pulsioni e l’energia libidica rimangono fissate nell’inconscio generano nevrosi e psicosi. Gli esseri umani per la psicanalisi nascono “polimorficamente perversi” e si sviluppano attraverso differenti stadi: la fase orale, il piacere del neonato nell’allattamento, la fase anale, piacere del bambino nel controllo della defecazione, e fase genitale o fallica, in cui il bambino si identifica con il genitore di sesso opposto, mentre il genitore dello stesso sesso è visto come rivale (complesso di Edipo o Elettra). Se il complesso di Edipo (il personaggio mitologico che sposò inconsapevole la propria madre e si accecò per l’orrore dell’incesto) è l’architrave della costruzione teorica e le pulsioni libidiche e distruttive il fondamento della psiche, ben povera creatura è l’homo sapiens, di cui viene negata non solo ogni tensione spirituale o trascendente (le nevrosi massime) ma anche la tensione verso l’eccellenza, la capacità di sacrificarsi per gli altri, di allargare lo sguardo e ragionare in termini non immediati e non soggettivi. Se esiste il Super-Io frutto della società, delle sue regole e, in senso lato, dell’etica, la creatura umana non è mossa esclusivamente dalle pulsioni di cui parla Freud. La sua scuola psicanalitica iniziò con incontri regolari che riunivano seguaci presto segnati da problemi personali e rivalità sanguinose. La fortuna della psicanalisi si manifestò a partire da un viaggio di Freud negli Usa nel 1909. Da allora la teoria si propagò a macchia d’olio, tra dissensi, rotture – la più clamorosa con Carl Gustav Jung – scuole e interpretazioni distinte. Il principale campo di interesse di Freud era la nevrosi, l’affezione legata a una sofferenza del sistema nervoso non provocata da lesioni anatomiche e non collegata a fenomeni psicopatologici. La risposta psicanalitica rimanda in gran parte a conflitti irrisolti di natura sessuale. L’obiettivo della terapia psicoanalitica di Freud era indurre allo stato cosciente i pensieri repressi/rimossi, per rafforzare l’Io. Per portare i pensieri inconsci al livello della coscienza, il metodo prevede sedute in cui il paziente è invitato a effettuare associazioni libere partendo dai propri sogni. Attraverso la psicoanalisi, Freud ha proposto un’antropologia in cui il soggetto non viene considerato un essere razionale, ma un’entità caratterizzata da una dotazione prevalentemente istintuale derivante da pulsioni sessuali e distruttive. Sotto il profilo terapeutico le critiche furono molteplici. Per lo scrittore Karl Kraus la psicoanalisi è la malattia di cui ritiene di essere la terapia. Freud stesso era consapevole di aver fondato una nuova teoria antropologica (negativa, nel fondo nichilistica) riconoscendo che “l’importanza della psicoanalisi come scienza dell’inconscio oltrepassa di gran lunga la sua importanza terapeutica”. Questo è chiaro con gli studi sul totemismo. Per Freud il totem – la rappresentazione reale o simbolica che lega un soggetto o un gruppo sociale in una relazione speciale – riflette la codificazione del complesso di Edipo, il ricordo di un ancestrale parricidio di cui ogni uomo serberebbe il senso di colpa. Nell’antropologia freudiana la specie umana non solo è prigioniera di questo “peccato originale“, ma non è più un soggetto razionale. La rappresentazione del parricidio esprime l’attacco contro ogni paternità, da Dio – il Padre Eterno – al genitore, padre naturale, sino alla legge e alla morale, in definitiva la vittoria dell’Es e l’uccisione di un altro padre/giudice, il Super-Io. In questo modo Io e Es finiscono per coincidere, con gli esiti drammatici che sperimentiamo nella postmodernità: assenza di norma, ripudio del limite, tirannia del desiderio. L’uomo psicanalitico decade a lupo parricida schiavo delle pulsioni di piacere e distruzione, i suoi valori sono ridotti a convenzioni da smontare. Sigmund Freud, probabilmente oltre le sue stesse intenzioni, è il primo vero decostruttore della civiltà e dell’antropologia occidentale. |