Lo spirito dell’Anticristo



di Elia

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Omnis spiritus qui solvit Iesum, ex Deo non est, et hic est Antichristus, de quo audistis quoniam venit, et nunc iam in mundo est
(1 Gv 4, 3).


Per decenni molti cattolici sono stati sedotti dall’illusione di poter conciliare il Vangelo con l’utopismo sessantottino: si sono adoperati a difendere la vita, la famiglia e l’educazione, sì, ma cercando di andare d’accordo con tutti e di evitare lo scontro in nome del dialogo; hanno operato e manifestato per la pace, sì, ma andando a braccetto con quelli che propugnavano aborto, libertà di drogarsi e sesso libero di qualunque specie; si sono impegnati per la salvaguardia del creato, sì, ma lasciandosi incantare dai banditori delle varie dottrine new age con le loro pratiche alienanti. È così che, a poco a poco, le verità e le esigenze morali della Rivelazione cristiana hanno ceduto il posto, nelle menti, nei cuori e nella vita, alle menzogne del pensiero dominante travestite da ideali evangelici.

«Ogni ispirazione che dissolve Gesù non è da Dio – e questo è l’Anticristo, del quale avete udito che sta venendo ed è ormai nel mondo».
Non possiamo convincerci che tutti i problemi della Chiesa siano racchiusi negli ultimi dodici anni come in una parentesi infelice da dimenticare per ripartire finalmente nel verso giusto.
Chi scrive, per grazia di Dio, non ha mai smesso di compiere il suo dovere, come meglio poteva, neanche nei momenti più bui, dato che neppure un cattivo Papa ha potuto impedirglielo; con l’aiuto del Cielo, continuerà a farlo anche in futuro a prescindere dal gradimento o meno del nuovo regnante, visto che lavora per Gesù Cristo e non per lui. Egli non si aspetta un’approvazione estrinseca, ma fonda la propria sicurezza sulla testimonianza della coscienza (l’unica che tenga nella prospettiva del Giudizio divino), conscio che le sue difficoltà non sono certo iniziate nel 2013.


Un processo dissolutivo

Per la Chiesa i problemi, in realtà, son cominciati sessant’anni fa, quando si è deciso di aprirla al mondo e di deporre le armi nei suoi riguardi, come se, fino a quel momento, ci si fosse completamente sbagliati quanto al giusto modo di intendere e di vivere il Vangelo. In tal modo, però, si è per così dire dissolto Cristo nell’intelletto e nella volontà dei cattolici e lo si è sostituito con un ologramma che ne porta il nome, ma non è altro che un’immagine artificiale: l’utopismo sessantottino, appunto, che è nato in casa nostra prima ancora di contagiare tutta la società.
Questo processo è un fatto per sua natura anticristico; esso non è stato avviato dall’elezione di Bergoglio, bensì dal Concilio Vaticano II e, nel frattempo, ha prodotto una radicale e completa falsificazione del cristianesimo, realizzata non soltanto nelle forme esterne, ma anche nell’identità e nell’esperienza dei fedeli.

Tra il 2013 e il 2025 gli artefici di tale processo, avendo ormai ottenuto un controllo sufficiente dopo aver tolto di mezzo colui che faceva da ostacolo, si son semplicemente levati la maschera e manifestati per quello che sono: una cricca di apostati, dediti all’affarismo e alla pederastia, che hanno occupato i centri nevralgici della Chiesa militante al fine di portarne a termine il processo di dissoluzione in base agli ordini dei poteri occulti che li ricattano.
Ciò, evidentemente, non è possibile in assoluto, dato che l’essenza della Chiesa è soprannaturale, ma è possibile sul piano delle sue istituzioni terrene, che sono state gradualmente svuotate del loro contenuto proprio fino a lasciarne il solo guscio materiale, cioè un apparato di influenza, di potere e di culto che ancora sussiste nelle forme visibili, ma deviato verso altri scopi e con un significato estraneo.

Tale costatazione non implica l’idea, contraria alla fede, che la promessa del Signore si sia vanificata, ma che la porzione del Corpo Mistico che vive sulla terra deve riprodurre in sé la Passione dello Sposo e passare, in un certo senso, per la morte.
Del Verbo incarnato poté morire solo il corpo fisico, mentre l’anima immortale scese vittoriosa agli inferi per liberarne i giusti che attendevano la Redenzione; così, analogamente, la Chiesa terrena può essere uccisa quanto al suo apparato visibile, ma non quanto alla sua essenza soprannaturale.
«La Chiesa è morta», ha sentenziato il demonio in un esorcismo: come sempre, egli proferisce menzogne che racchiudono qualcosa di vero, ma distorcendolo o esagerandolo. La fede ci assicura che tale affermazione è falsa, se presa in senso assoluto, ma può contenere una parte di verità, sotto un certo aspetto accidentale e transitorio.


La risposta della fede

Ciò non ci autorizza certo a disobbedire in ciò che è legittimo né deve spingere nessuno a lasciare la Chiesa visibile, poiché la giurisdizione ecclesiastica rimane intatta sul piano giuridico e le scialuppe che si staccano dall’unica nave non garantiscono alcuna salvezza. La sola risposta vera e giusta alla situazione abnorme in cui ci troviamo si colloca nel mezzo: né la ribellione degli scismatici né la subdola persuasione che, finalmente, vada di nuovo tutto bene. Testate, gruppi e associazioni che, durante il pontificato precedente, hanno radunato e addomesticato i dissenzienti contestando derive e falsità di per sé evidenti, ora si adoperano a consegnare al nuovo regime quanti hanno loro dato credito, così che, ammaliati dall’apparenza esterna, acconsentano a ciò che fino a un mese fa aborrivano: la sinodalità – si sente ora dire – non è il male assoluto, basta intenderla bene…

Questa è la dissoluzione del cristianesimo: che (magari in cambio di un po’ più di libertà per i cultori della Tradizione) si finisca con l’accettare tutto e il contrario di tutto, in una coesistenza degli opposti terribilmente dissonante, ma percepita come realizzazione di una “pace” e di una “comunione” tra “legittime” diversità che, in realtà, annulla tutto rendendo ogni cosa irrilevante e insignificante; ecco la morte della Chiesa, seppur camuffata da un’apparente reviviscenza.
Se ai funerali del Papa si piazzano dei travestiti in prima fila, vuol dire che vogliono abituarci alla “normalità” di una malattia mentale, così che, un passo dopo l’altro, ci ritroviamo nei conventi uomini abbigliati da monache o, viceversa, donne in talare e cotta intorno all’altare; suor Brambilla ne sarebbe sicuramente entusiasta. Se alle udienze del Mercoledì non son più i sacerdoti a leggere il Vangelo della catechesi, bensì laiche e suore in stragrande maggioranza, vuol dire che intendono assuefarci al vederle preti o diaconi.

Perdonateci la volontà di non intrupparci nel coro del peana leonino: poiché farlo non sarebbe onesto, la coscienza ce lo vieta. Non vogliamo con ciò gettarvi nello smarrimento e nella costernazione: la nostra fede – lo ripetiamo – poggia su Gesù Cristo, non su chi Lo rappresenta; come, con l’aiuto di Dio, siamo andati avanti finora, così, con l’aiuto di Dio, continueremo ad andare avanti.
L’anima della Chiesa vive in tutti i vescovi, sacerdoti e fedeli che tengono accesa la lampada della fede con l’olio dell’umiltà e dell’abnegazione, di cui nessuno al mondo può privarli, se non smettono di procurarselo con un’incessante preghiera e un’instancabile carità. La peggiore disgrazia, per un cattolico, è perdere la fede nella persuasione di averla ancora, quando invece non ha più se non una sua contraffazione che oltretutto, a forza di confonderlo con continue contraddizioni, gli ha offuscato pure la ragione.
Questo è il frutto dello spirito dell’Anticristo.





 
giugno 2025
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