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Lettera n°94 del Superiore Generale della Fraternità San Pio X agli amici e benefattori ![]() Don Davide Pagliarani Il ruolo del padre di famiglia nella
nascita delle vocazioni
Come sapete, abbiamo voluto dedicare quest’Anno Santo alle preghiere e agli sforzi necessarii per attrarre le vocazioni. Ora, non si può parlare del fiorire di una vocazione senza parlate della famiglia. Nostro Signore stesso, sacerdote per eccellenza fin dalla Sua Incarnazione, ha voluto crescere in una famiglia per santificarla in modo particolare ed esemplare. Va da sé che l’esempio delle virtù domestiche è, in un certo senso, il primo seminario e il primo noviziato di ogni anima che Dio chiama al Suo servizio. Noi vogliamo dedicare queste poche riflessioni al ruolo più specifico del padre di famiglia. Nel mondo moderno, tutto contribuisce a distruggere la sua autorità; ma ancora di più, oggi, sono la sua responsabilità e la sua missione ad essere sempre più snaturate a causa di quello che, per semplificare, si chiama il «wokismo» contemporaneo. L’uomo e la donna, lo sposo e la sposa oggi sembra che abbiano dei ruoli identici e delle responsabilità equivalenti, il che crea una confusione totale e un’atmosfera corrotta. Le prime vittime di questa terribile confusione sono coloro che dovrebbero essere educati a diventare degli adulti e un giorno assumersi delle responsabilità. Anche qui, vi è solo il Vangelo che può ristabilire l’ordine che la modernità ha distrutto. Il punto di partenza E allora, cosa si può consigliare ad un padre di famiglia che desidera educare bene i suoi figli e permettere, se questo corrisponde alla volontà di Dio, il fiorire di una o più vocazioni nella sua famiglia? Prima di tutto, non si tratta semplicemente di fare questa o quella cosa o di evitare questa o quella cosa; si tratta in primo luogo di vivere abitualmente nelle disposizioni di fede e di carità, poiché una vocazione è una risposta alla chiamata di Dio che presuppone una prospettiva soprannaturale e, al tempo stesso, una generosità senza limiti per donare al Buon Dio tutto ciò che si è. Ovviamente, da queste disposizioni abituali derivano atti e comportamenti corrispondenti. San Paolo ci offre la chiave per capire da dove incominciare. E’ l’esigenza per lo sposo di amare la sua sposa con lo stesso amore che nostro Signore ha mostrato per la Sua Chiesa: «Voi, mariti, amate le vostre mogli come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato Se stesso per essa, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola di vita, per presentarla a Sé stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga né alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Efesini 5, 25-27). Va da sé che l’amore per la sposa si riflette direttamente anche sui figli. E’ innanzi tutto osservando come suo padre ama sua madre che un adolescente scopre – molto più di quanto si possa immaginare - quale è sulla terra l’immagine della generosità e dell’amore di Nostro Signore. E se un giorno Dio lo chiamerà al Suo servizio, egli stesso dovrà essere, in modo ancora più grande e diverso, l’immagine dello stesso amore e della stessa autorità. Cerchiamo dunque di vedere cosa significhi l’amore del padre per la sua sposa e per Dio. L’amore vero, che è alla base di questo grande ideale che Nostro Signore comunica ad ogni padre di famiglia, può essere ricondotto a tre atti fondamentali, ai quali possono essere assimilati tutti gli altri. Innanzi tutto, l’amore presuppone che si conosca profondamente l’essere amato: lo si vede, lo si contempla, lo si ammira. Poi, l’amore condiziona completamente il modo in cui si tratta la persona amata: essa suscita un profondo rispetto, proporzionato al grado di amore. Infine, il vero amore spinge ad agire con una dedizione e uno spirito di servizio assoluti. L’ammirazione Prima di tutto, uno sposo ammira la sua sposa come quella che Dio ha voluto e scelto per lui, perché fosse la madre dei suoi figli e l’aiuto unico e insostituibile per sostenerlo, sia nella sua missione di capo famiglia sia nella santificazione della sua anima. La sposa è prima di tutto vista ed ammirata come un dono di Dio, dotata di qualità che le permettono di assolvere al suo fianco la missione di sposa e di madre. Inoltre, tramite lei, l’ammirazione dello sposo si estende naturalmente al piano di Dio sulla famiglia, alle leggi divine, e infine a Dio stesso e alla Sua saggezza. Questa prospettiva trascendente deve approfondirsi sempre di più nel corso degli anni. Non c’è nulla che segni di più l’anima di un bambino o di un adolescente che il crescere con questo esempio sotto gli occhi: questo gli permette di prendere sempre meglio coscienza del suo posto nel piano di Dio, ad un tempo molto umile e molto dipendente, e di comprendere che è chiamato da Dio a cose molto grandi, proprio nella misura di questa dipendenza. Va da sé che questa dimensione dell’ammirazione deve essere comunicata al figlio, non solo nel dominio naturale, in relazione alla grandezza e alla perfezione delle leggi della creazione, ma soprattutto in tutto ciò che attiene ai misteri di Dio e alla religione. Qui tocchiamo direttamente un frutto della grazia sacramentale del matrimonio, che conferisce al matrimonio cristiano una dimensione completamente estranea al matrimonio puramente naturale. Molto spesso, i misteri di Dio e i doveri di religione svaniscono, poiché sono vissuti in modo abitudinario, passivo, senza alcuno sforzo di penetrazione da parte del padre. Non bisogna stupirsi se la stessa passività e la stessa mancanza di entusiasmo si ritrovano poi nei figli. Infatti, la mancanza di ammirazione impedisce di avere un ideale e di viverlo per comunicarlo. Quello che dovrebbe essere un ideale si trasforma allora in qualcosa di astratto, in una nozione aggiuntiva da apprendere e memorizzare, ma senza che abbia più la capacità di metterci il cuore, occupato altrove. Un padre di famiglia che conosce e che vive le verità della fede, che parla con i suoi figli del Catechismo, dell’esempio dei Santi, dell’amore di Nostro Signore, alimenta continuamente in sé e attorno a lui l’ideale a cui tutto deve essere concretamente ricondotto. Con questo mezzo, egli troverà facilmente argomenti di conversazione sempre interessanti e aiuterà i suoi figli a sfuggire alle onnipresenti insidie della banalità e della volgarità. Ma, ancora una volta, colpisce profondamente constatare come, ad una sposa ammirata cristianamente corrisponde un Dio ricercato e contemplato: non c’è nulla di più efficace per la formazione morale di un adolescente che il vedere questi due atti d’amore completarsi armoniosamente nella persona di suo padre. Il rispetto In più, il vero amore genera il rispetto. Un figlio rispetterà sua madre se vede suo padre fare lo stesso. Questo rispetto da parte del padre permea tutte le sue relazioni con la sua sposa: il modo di parlarle, di parlare di lei, di considerarla, di trattarla. Non si tratta puramente e semplicemente di buone maniere o di una sorta di cortesia coniugale puramente formale. Si tratta invece dell’espressione esterna di un amore profondo che condiziona spontaneamente ogni relazione. Va da sé che questo profondo rispetto trova nella purezza sia il suo fondamento sia la sua massima espressione. E’ impossibile amare la propria sposa come Nostro Signore ha amato la Sua Chiesa, se questo non si fa prima di tutto nella purezza. Non v’è nulla che questa virtù che renda sana la vita coniugale e manifesti infallibilmente il rispetto dovuto alla sposa. Questo condiziona il linguaggio e gli atteggiamenti quotidiani. Questo spinge il padre ad essere vigile nell’allontanare da casa tutto ciò che potrebbe in qualche modo offuscare questa atmosfera di rispetto e di purezza. Evidentemente, tutto ciò deve essere a fortiori il fondamento della relazione di una famiglia con tutto ciò che è sacro: la legge di Dio, le sue esigenze, i doveri che ne derivano e soprattutto il rapporto con le persone consacrate. Non vi è nulla di più efficace per distruggere le future vocazioni della mancanza di rispetto nei confronti delle cose e delle persone sacre. Da sempre, la Rivoluzione ha tentato di screditare la Chiesa e di ridicolizzare i suoi misteri sfruttando al massimo i difetti dei suoi membri. E’ una tattica che sfortunatamente funziona sempre. Essa deve la sua efficacia all’associazione diabolica e sorprendente fra il sacro e ciò che vi è di reprensibile nell’essere umano. Non si deve cedere a questo difetto, scivolando in una critica che provocherà delle ferite nascoste ma irrimediabili nei figli. Queste ferite infatti alimentano sia l’indifferenza sia la sfiducia. Mantenere il rispetto per tutto ciò che è sacro – persone e cose – non significa giustificare le debolezze e le disfunzioni. Significa molto semplicemente amare la Chiesa come la ama nostro Signore: per quella che è e per ciò che in essa continua a santificare e a salvare le anime, malgrado i difetti troppo umani dei suoi membri e malgrado gli sforzi dei suoi nemici per ostacolarne l’opera. Si tratta di un punto estremamente importante e delicato, sul quale un padre di famiglia deve sempre vegliare ed esaminare se stesso. Ben inteso, rispettare tutto ciò che è sacro non significa neanche astenersi semplicemente dalle critiche o dai rimproveri; per un padre di famiglia si tratta di mostrare positivamente una obbedienza incondizionata, gioiosa e sincera alle leggi di Dio e della Chiesa, eco fedele di Nostro Signore che obbedisce sempre e in tutto a Suo Padre. In più, si tratta per il padre, non solo di dare l’esempio, ma di riuscire a guidare paternamente gli altri membri della sua famiglia. La sua autorità gli è affidata a questo scopo: far rispettare l’ordine sacro stabilito da Dio, con una dolce intransigenza, con la coscienza di mostrarsi così all’altezza della missione di cui è investito. La dedizione Infine, il vero amore porta alla dedizione. Nel senso pieno e cristiano del termine, dedizione significa una cosa molto precisa: il dono di sé. E’ a questo che essa conduce. Ancora una volta, è nei confronti della sua sposa che un padre di famiglia deve mostrare questa generosità. Non calcola, egli si dedica volentieri a colei che gli è affidata, accetta volentieri i suoi limiti, i suoi difetti, le sue debolezze, senza cadere nell’amarezza e nelle recriminazioni. Nulla nella vita familiare lo spinge alla delusione, poiché tutto è accettato e vissuto come un dono di Dio. Amore ed egoismo sono due termini radicalmente opposti. Anche qui, Nostro Signore è l’esempio perfetto dello sposo che per primo ha amato la Chiesa, senza alcun calcolo e senza altro scopo che quello di purificarla, arricchirla moralmente e salvarla. Nella vita di tutti i giorni, questa dedizione riveste mille forme diverse a seconda delle circostanze estremamente diverse, ma sempre in nome della medesima carità. Va da sé che questa dedizione del padre di famiglia deve tradursi in particolare negli atti derivanti dalla virtù di religione, all’interno e all’esterno della famiglia. Le applicazioni sono molteplici e noi vogliamo sottolinearne una in particolare: la preghiera comune in famiglia. Troppo spesso questa è trascurata. Troppo spesso è considerata essere principalmente compito della madre, a cui si uniscono gli altri membri della famiglia. Questo è falso e costituisce una grave mancanza per un padre di famiglia. Non vi è nulla di più necessario e di più sorprendente per un figlio che vedere suo padre rientrare dal lavoro e mettersi in ginocchio con la corona del Rosario in mano. In modo del tutto naturale egli sarà portato a seguirne l’esempio per tutta la vita, soprattutto nei momenti di prova e di fatica. Se Dio lo chiama, egli sarà pronto a rispondere. Lo spirito di sacrificio Non si può perseverare quotidianamente nella preghiera in famiglia senza un vero spirito di sacrificio. La sera, tutti hanno ancora qualcosa da fare e sono stanchi, salvo forse i più piccoli, che ancora non sanno veramente pregare e corrono dappertutto fino al momento di andare a letto. In un buon padre, lo spirito di sacrificio prevale. Egli ama troppo la sua sposa, i suoi figli, Dio, per lasciarsi andare. Egli non accetta di abbassare le braccia. La sua generosità lo spinge anche ad impegnarsi, per quanto possibile, per aiutare la parrocchia e, più in generale, tutti quelli a cui può dare un contributo, anche al di fuori della sua famiglia. Non si tratta di intraprendere grandi opere, si tratta semplicemente di essere pronto ad offrire un po’ del suo tempo e i suoi talenti, spesso con discrezione. Inevitabilmente, i primi a beneficiare di questa generosità che si esprime all’esterno della famiglia sono in realtà gli stessi figli. Essi hanno sotto gli occhi l’esempio di un buon padre che, senza far mancare a loro alcunché, trova le risorse per impegnarsi e spendersi anche al di fuori della famiglia. Questo esempio li prepara a praticare la stessa generosità, qualunque sia la strada che Dio sceglierà per loro. Cosa ci dice il Magistero della Chiesa Papa Pio XI, più di ogni altro, ha saputo valorizzare il ruolo insostituibile della famiglia nella nascita delle vocazioni. Ecco, a mo’ di conclusione ciò che egli ci insegna nella sua Enciclica Ad catholici sacerdotii del 20 dicembre 1935: «Il primo e il meglio adatto giardino in
cui devono spontaneamente germogliare e fiorire i fiori del santuario
è ancora e sempre la famiglia veramente e profondamente
cristiana. La maggior parte dei vescovi e dei sacerdoti “la cui
lode è proclamata dalla Chiesa”
(Eccl. 44, 15), devono l’origine della loro vocazione e della loro
santità agli esempii e alle lezioni di un padre pieno di fede e
di virtù virile, di una madre casta e pia, di una famiglia in
cui, con la purezza dei costumi, regna sovrana la carità per Dio
e per il prossimo. […]
«Quando in una famiglia, i genitori, sul
modello di Tobia e di Sara, chiedono a Dio una numerosa
posterità, con la quale sia benedetto il nome di Dio nei secoli
dei secoli (Tobia 8, 9), e che essi la ricevono con gratitudine come un
dono del Cielo e come un deposito prezioso; quando essi si sforzano di
inculcare ai loro figli fin dai primi anni il santo timore di Dio, la
pietà cristiana, una tenera devozione a Gesù Eucarestia e
alla Vergine Immacolata, il rispetto per i luoghi e le persone sacre;
quando, da parte loro, i figli vedono nei loro genitori il modello di
una vita onorata, di lavoro e di pietà; quando essi li vedono
amarsi santamente nel Signore, accostarsi spesso ai sacramenti,
obbedire non solo alla legge ecclesiastica dell’astinenza e del
digiuno, ma anche allo spirito cristiano di mortificazione volontaria;
quando li vedono pregare in casa riunendo a loro tutta la famiglia,
così che la preghiera in comune si elevi più soavemente
verso il Cielo; quando li conoscono compassionevoli per le miserie del
prossimo e li vedono condividere con i poveri la loro ricchezza o il
loro modesto avere, è molto difficile che, mentre tutti i figli
si sforzano di seguire l’esempio dei genitori, non ce ne sia almeno uno
tra essi che non senta dal profondo del cuore la chiamata del divino
Maestro: “Vieni, seguimi” (Mt. 19, 21); “io farò di te un
pescatore di uomini” (Mt. 4, 19)».
Dio vi benedica. Menzingen, 8 giugno 2025, nella festa di Pentecoste Don Davide Pagliarani, Superiore Generale |