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Verso la beatificazione di Maurice Blondel ? Articolo di Don Hervé Gresland, FSSPX ![]() Maurice Blondel Il 4 giugno 2025,
l’arcivescovo di Aix e Arles: Mons. Christian Delarbre, ha aperto
ufficialmente la causa di beatificazione di Maurice Blondel, nella chiesa di
Saint Jean de Malte ad Aix-en-Provence, che era la chiesa parrocchiale
di Blondel.
E’ necessario, quindi, ricordare chi era quest’uomo, di cui oggi si parla di santità. Maurice Blondel è nato nel 1861 a Digione in una famiglia cattolica. Studente nella Scuola Normale Superiore, entrò in contatto con un ambiente razionalista e anticlericale e abbozzò una nuova dottrina per proporre la fede ai credenti. Nel 1893 presentò la sua tesi di dottorato che poi divenne celebre: l’Action. Siluppò poi la sua dottrina in altre opere, fino negli anni 1940. Morì ad Aix-en-Provence nel 1949, dopo avere insegnato filosofia per trent’anni nell’Università di questa città. La filosofia de Maurice Blondel Esporre la sua dottrina non è facile, perché vi si trovano oscurità di idee e di stile insieme ad alcune incertezze e perfino contraddizioni. Il principio che sta alla base della struttura del suo pensiero è quello dell’immanenza o della interdipendenza universale. Nell’insieme della realtà, l’«io» non può essere isolato dal resto. Esso è solo ciò che è in funzione del tutto. Impossibile considerarlo separatamente, indipendentemente dal resto del mondo. Nessuna idea, nessuna osservazione, nessun ragionamento ha valore se non nel tutto. Il valore dell’intelligenza umana come facoltà per conoscere viene naturalmente messo in discussione: infatti, se la conoscenza del minimo dettaglio è subordinata alla conoscenza del tutto, come non conosceremo mai il tutto così non sapremo mai nulla. Blondel persegue ciò che chiama “l’intellettualismo», che consiste nel supporre che la realtà è rappresentata esattamente dai nostri concetti: «Affermerei qualcosa di falso prendendo ciò che è fisso e chiaro nella mia rappresentazione come la realtà stessa dell’oggetto» (1). La conoscenza intellettuale ci dà delle nozioni incomplete e impoverite, poiché la realtà è aperta ad un cambiamento indefinito. Nulla di attuale è acquisito, definitivo; noi siamo irrimediabilmente nell’incompiuto, nel provvisorio. Poiché non si può avere una conoscenza fissa, Blondel rifiuta la definizione realistica e tradizionale della verità e ne propone una nuova: all’adeguamento o alla conformità dell’intelligenza con l’oggetto conosciuto, che è astratto e chimerico, si sostituisce la ricerca «dell’adeguamento della mente e della vita». A causa dell’incessante cambiamento della realtà e del progresso stesso della mente, questa corrispondenza tra le due è sempre in divenire, mai realizzata. La verità non è più immutabile dell’uomo stesso, poiché essa evolve con lui; essa si trova solo nel movimento generale della vita. L’azione è l’unico mezzo che abbiamo per cogliere e possedere il reale. Cosa indica questa parola «azione» ? L’azione è tutta la vita, è la «realtà immanente» in noi: realtà essenzialmente in movimento, sempre incompiuta. Il pensiero da solo, indipendentemente dall’azione, dalla pratica, dall’esperienza personale, è incapace di farci conoscere il reale, esso è senza valore dal punto di vista della conoscenza. Il Padre Joseph de Tonquédec, che ha studiato a fondo Blondel, fa questa constatazione: «La filosofia dell’azione è un dissolvente molto efficace di ogni idea chiara, di ogni logica rigorosa. Non è impunemente che si attacca, con tanta vivacità e persistenza l’intelligenza astratta: quella che forma e distingue i concetti, che costruisce i ragionamenti corretti. Io constato che, in Blondel e nei suoi discepoli, si è prodotto come un offuscamento, una vaporizzazione di tutte le forme precise del pensiero» (2). Conseguenze di queste teorie filosofiche nel campo religioso Le negazioni filosofiche di Blondel aprono la strada a molti errori nel dominio teologico. Infatti, se per andare a Dio, la via intellettuale è chiusa, e se resta solo quella dell’azione, scompaiono gli argomenti della teologia naturale (la dimostrazione dell’esistenza e degli attributi di Dio) e i motivi di credibilità che giustificano razionalmente la Rivelazione; mentre invece la possibilità di queste dimostrazioni tramite la retta ragione fa parte dell’insegnamento della Chiesa. Su questa filosofia soggettivista e immanentista, Blondet tenta di costruire un nuovo metodo apologetico che gli permette di conciliare la sua filosofia e la sua fede cattolica. Secondo lui, l’apologetica classica era inefficace; poiché ogni prova razionale è dichiarata vana, è nell’azione, nell’esperienza intima che si troverà Dio e il soprannaturale. Il compito dell’apologetica non è di produrre argomenti razionali sulla credibilità del cristianesimo, ma di portare il non credente a fare l’esperienza del divino e del cattolicesimo. Si tratta di portarlo a prendere coscienza di ciò che porta dentro di sé e di ciò che gli manca. Se è sincero, confesserà la sua insufficienza, che gli fa sentire il bisogno di un sovrappiù divino. In tal modo, l’uomo scopre la verità in se stesso, nel suo cuore. In nome dell’immanenza, non c’è nulla che meriti la nostra considerazione, che abbia valore per noi, se non nella misura in cui risponde in qualche modo ad una chiamata, ad un bisogno che viene da dentro di noi. La Rivelazione non può venire interamente dal di fuori: essa deve essere preceduta dal bisogno interiore e confermata dalla vita, dalla pratica. Non si tratta di dimostrare l’intervento divino, come nei miracoli. I dogmi non sono le formule esatte e fisse della verità soprannaturale: considerati così essi non sarebbero più niente di vivo. E’ l’intellettualismo che ci porta a volere nella religione delle verità acquisite: «La certezza intellettuale della fede non può legittimamente essere considerata sufficiente e fissa, immobile». ![]() Chiesa di San Giovanni di Malta a Aix-en-Provence Parrocchia di Maurice Blondel Critica teologica Dopo quella del valore delle nostre conoscenze, la seconda grande questione che soprattutto ha preoccupato Blondel è quella dei rapporti della natura con la grazia e il soprannaturale. Egli sosteneva che la natura fosse impotente a procurarsi da sola il soprannaturale, ma richiedesse che gli fosse donato da Dio. Il soprannaturale è un perfezionamento, un completamento necessario della natura, che, senza di esso rimarrebbe radicalmente incompleta, frustrata nelle sue aspirazioni più essenziali. Un tale stato non è concepibile; sarebbe la contraddizione insita nei piani del Creatore. E’ dunque impossibile che l’ordine soprannaturale non esista: la sua esistenza è provata dal «desiderio naturale» che lo esige. Ogni uomo può constatare in sé un grande vuoto e aspira naturalmente a colmare. Ora, la religione cattolica, e solo essa, gli offre questo complemento indispensabile. Quando glielo si presenta dal di fuori esso sarà riconosciuto come quello che si aspettava e a cui deve dare la sua adesione. L’immanentismo cerca le radici del soprannaturale nelle stesse tendenze della natura che già postula la grazia. E’ innegabile che un certo numero di dottrine di Blondel si ritrovano nell’Enciclica Pascendi. San Pio X «deplora molto vivamente che certi cattolici, ripudiando l’immanenza come dottrina [il Papa parla qui dell’immanentismo radicale, che Blondel rigetta] la usino nondimeno come metodo apologetico; essi lo fanno con così poca moderazione che sembrano ammettere nella natura umana, per quanto riguarda l’ordine soprannaturale, non solo una capacità e una convenienza – cose che in ogni tempo gli apologisti cattolici hanno avuto cura di mettere in rilievo – ma una vera e rigorosa esigenza» (3). Si tratta di una allusione non equivoca a Blondel: questo metodo dell’immanenza è proprio il suo. Vero è che la natura umana è suscettibile di essere elevata allo stato soprannaturale dalla grazia, e che questa elevazione appare perfino molto conveniente, ma essa non è in alcun modo richiesta dalla natura umana, essa è puramente gratuita. Se Dio avesse voluto avrebbe potuto creare gli uomini senza chiamarli a questo stato soprannaturale, nulla sarebbe mancato alla loro natura di esseri umani. L’apologetica dell’immanenza è nella migliore ipotesi una preparazione all’apologetica propriamente detta. Il suo risultato è di fare apparire il bisogno del sovrappiù, di condurre l’uomo a porsi il problema religioso. Ma quando essa è giunta fin là, è ancora solo ad un bivio: in che direzione bisogna andare? Blondet risponde: «Praticate, conformate la vostra condotta agli insegnamenti del cattolicesimo, e troverete la fede. Il criterio decisivo della verità, il motivo indispensabile della fede, è l’esperienza interiore. «Non si può negare il cristianesimo con competenza senza averne fatto l’esperienza, e quando lo si è sperimentato si trovano, nell’esperienza stessa, solo ragioni per affermarlo». In realtà, questo metodo da solo non permette all’uomo di riconoscere l’unica vera religione. Gli è condannato o non giungere ad una conclusione o a cadere nella confusione tra l’ordine naturale e l’ordine soprannaturale. La fede ha un contenuto, e la catechesi offre un oggetto all’intelligenza: bisogna credere ai dogmi. Bisogna sottomettersi alla verità, attraverso l’intelligenza. Per Blondel, il credente non sarà mai in possesso di una «certezza fissa», di una «certezza serena e rassicurante»: egli deve rimanere un eterno cercatore. La sua falsa filosofia lo ha portato ad una falsa nozione della fede: questa non è più l’adesione ferma e stabile dell’intelligenza alle verità rivelate da Dio, che si fonda sull’autorità di Dio stesso; essa è un’adesione instabile a causa dell’esperienza intima che l’anima ha fatto. Maurice Blondel e il modernismo All’inizio della crisi modernista si è avuta una convergenza di idee e di tendenze, delle simpatie intellettuali che hanno unito alcuni uomini, e Blondel era uno di essi. Come collocare il suo pensiero in rapporto al modernismo? «Questo metodo differisce dal puro soggettivismo e dal puro modernismo; ma implica un semi-immanentismo e un semi-agnosticismo. Un semi-immanentismo consistente nel dire che la religione è immanente, nel senso che è richiesta dalla natura; ma non nel senso che sarebbe solo una realtà soggettiva, nata in noi, come afferma il modernismo. Un semi- agnosticismo consistente nello sminuire il valore della ragione speculativa, e nel negarle il potere di provare il fatto della Rivelazione divina e la credibilità dei dogmi, ma non nel negare il valore oggettivo e speculativo delle formule dogmatiche, come fa il modernismo» (4). Padre de Tonquédec scrive che «un abisso separa Blondel dai modernisti: questi, staccati dalla fede cattolica, conducono il loro giuoco in tutta lucidità e sanno dove stanno andando: mentre Blondel, attaccato soprattutto alla sua fede, rimane ignaro del pericolo. Gli atti solenni di Pio X gli apriranno gli occhi» (5). Gli affermerà che non voleva in alcun modo opporsi agli insegnamenti dei Papi e di rompere ogni legame con i fautori del modernismo. Blondel non sarà mai condannato dalla Chiesa. Il cardinale Perraud intervenne a suo favore. Ma non era necessario, poiché l’arcivescovo di Aix: Mons. Bonnefoy, attestò che nel corso di una udienza che nel 1912 aveva ottenuto da San Pio X, questi gli aveva detto a proposito di Maurice Blondel: «Sono sicuro della sua ortodossia, vi incarico di dirglielo» (6). La fede personale di Blondel è fuori questione. Egli rimase un cattolico fedele e sincero. Era noto per la sua devozione per la Santa Messa e per l’Eucarestia. Era un’anima meditativa, che pregava per lunghe ore nella chiesa della sua parrocchia. Noi non posiamo giudicare le intenzioni, che solo Dio conosce, e dobbiamo supporre che egli era in buona fede. Tuttavia, egli desiderava fare avanzare lentamente le sue idee, come prova questa lettera scritta al Padre de Lubac, che gli rimproverava una certa timidezza: «Se avessi detto allora [nel 1890] tutto quello che desideravi, avrei pensato di essere temerario e avrei compromesso ogni sforzo da fare, ogni causa da difendere, affrontando censure che sarebbero state quasi inevitabili e certamente dilatorie. Era necessario prendere tempo per maturare il mio pensiero e domare gli spiriti ribelli» (7). Blondel cercava un mezzo per raggiungere gli animi impregnati di kantismo o di soggettivismo, mettendosi alla loro portata, prendendo come punto di partenza la loro stessa dottrina. Per convincere tali menti bisogna far loro provare (soggettivamente) la verità del cattolicesimo, dare loro una «esperienza del divino». Sfortunatamente, questo significa lasciare l’uomo moderno, malato di soggettivismo, impantanato nei suoi errori. Il Padre de Tonquédec riconosceva i suoi meriti e certi servizi da lui resi all’apologetica. Egli esercitò una influenza salutare su certi animi, sottraendoli all’impero del materialismo , del razionalismo e del positivismo che imperversavano alla fine del XIX secolo. Ma per far questo egli usò una filosofia distruttiva per il valore del pensiero. Le conseguenze religiose furono altrettanto negative: nessuna dimostrazione speculativa dell’esistenza di Dio né della divinità del cattolicesimo, e anche dopo aver professato la fede: nessuna verità certa su cui fare affidamento per sempre. Da allora, il soggettivismo e l’immanentismo hanno infettato la Chiesa moderna, in cui si insegna comunemente che il cristianesimo è una vita prima di essere «una teoria». Si insiste sul lato «vitale, personale» della fede, termini che ne minano i fondamenti oggettivi. La posterità di Blondel Maurice Blondel ha avuto un’immensa influenza, è stato il mentore di numerosi pensatori e teologi del secolo scorso. La sua filosofia è stata adottata e diffusa dagli adepti della «Nouvelle theologie», che svolsero un ruolo importante nel concilio Vaticano II. Ne diamo alcuni esempii. Il giovane Henri de Lubac compì i suoi studi filosofici nel 1920-1923 presso lo scolasticato gesuita del Jersey. Egli scoprì «con passione» le diverse opere di Blondel. Raccontò più tardi che «Per una lodevole eccezione, alcuni dei nostri maestri di allora permettevano, senza tuttavia incoraggiarci, che seguissimo il pensiero del filosofo di Aix». «Bisogna sapere che a quei tempi, allo scolaticato di filosofia, tali letture erano per lo più un frutto semi-proibito, tuttavia, grazie ad alcuni maestri e ad alcuni consiglieri indulgenti esse non furono mai clandestine» (8). Il Padre de Lubac amava ed ammirava Blondel. E’ sulla sua filosofia che egli costruì la sua teologia. Nel 1930 egli scrisse a Blondel che la sua opera ha avuto «sull’orientamento del mio pensiero una influenza capitale e profondamente benefica». E nel 1932 egli riconobbe che l’elaborazione della sua teologia fu possibile «perché il suo lavoro filosofico gli aveva preparato la strada». Il Padre Henri Bouillard, gesuita amico del Padre de Lubac, raccontò anche lui che, da giovane studente in teologia si era procurato una fotocopia de l’Action. Più tradi, come professore, ricorda che «tutte le mie lezioni si ispiravano largamente al pensiero di Blondel. (…) Devo testimoniare non solo quanto Blondel mi ha insegnato, ma anche l’influenza che ha esercitato su numerosi teologi e, tramite essi, sull’insieme della teologia» (9). A Roma, Maurice Blondet poté contare sulla simpatia del Sostituto della Segreteria di Stato: Mons. Montini – il futuro Paolo VI – che, il 2 dicembre 1944, gli inviò una lettera di elogi riguardo al primo volume de La philosophie et l’esprit chrétien. Mgr Montini lodò senza riserve questo «monumento di alta e benefica apologetica». Il riconoscimento di Blondel raggiunse i più alti livelli della Chiesa. Si può dire che egli fosse spiritualmente presente nel Vaticano II, poiché la «nouvelle théologie», di cui era precursore, trionfò al concilio. Mons. Francesco Spadafora scrisse che Paolo VI era un «ammiratore entusiasta di Blondel» (10). Nel 1993, per celebrare il centenario della pubblicazione de L’action, Giovanni Paolo II inviò un messaggio all’arcivescovo di Aix; il Papa lodò il suo «coraggio di pensatore» e lo propose come esempio ai filosofi e ai teologi di allora (11). Senza dubbio, oggi non molti leggono Blondel, ma le sue idee sono ben presenti. Egli è di casa nelle Università cattoliche, dove si approntano delle tesi di dottorato su di lui. E si sta valutando di porre sugli altari un uomo che ha fuorviato molti spiriti. Un uomo certamente pio, ma questo è ben lontano dalla pratica eroica delle virtù che costituisce la santità. NOTE 1 - Le citazioni senza riferimenti sono di Maurice Blondel. 2 - R.P. de Tonquédec, Immanence. Essai critique sur la doctrine de M. Maurice Blondel (Beauchesne, 1912 per la prima edizione), p. XLIV-XLV. 3 - Pascendi § 51. 4 - Joseph Falcon, La crédibilité du dogme catholique, p. 50. 5 - Revue thomiste, 1949, tomo III, p. 569. 6 – Lettera a M. Blondel dell’8 agosto 1917. 7 – Lettera del 5 aprile 1932, pubblicata in Henri de Lubac S.J. : Mémoire sur l’occasion de mes écrits, Namur, Culture et Vérité, 1992. 8 - Henri de Lubac, Mémoire sur l’occasion de mes écrits, p. 15 et 67 9 – Allocuzione a Lovanio, in occasione dell’inaugurazione nel 1973 del Centre d’archives Maurice Blondel, presso l’Istituto Superiore di Filosofia dell’Università cattolica di Lovanio. Citata nel volume La nouvelle théologie, Courrier de Rome, p. 53. 10 - La nouvelle théologie, p. 16. 11 – Testo ne La documentation catholique del 18 aprile 1993. |