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I Mille Anni e il Millenarismo: un errore sempre attuale di Don Curzio Nitoglia Pubblicato sul sito
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Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito https://doncurzionitoglia.wordpress.com/ ![]() Allegoria della Seconda Venuta di Cristo “Mille anni” indicano un “numero pieno, rotondo per significare tutto lo spazio di un tempo” (Apoc., XX, Sales, cit. p. 673, nota 2). Secondo Monsignor Landucci sono un numero simbolico, che indica “una durata lunghissima ma finita e innumerevole, ossia che non può essere contata in senso matematico. Esso corrisponde a tutta la Nuova Alleanza, che iniziò con la Natività di Gesù e terminerà con la Parusia. Quindi, i mille anni simboleggiano la lunga durata e la stabilità della Chiesa di Cristo. Dopo l’Incarnazione del Verbo, in effetti, il diavolo è incatenato, ma non distrutto o rinchiuso definitivamente nell’Inferno” (cit., p. 214, nota 3). Dom de Monléon spiega che “mediante la Sua Passione, Gesù ha come garrottato il diavolo, l’ha messo in stato di non nuocere, ma non in senso assoluto. Tuttavia, ha ristretto le sue capacità infernali senza annullarle completamente come avverrà solo alla fine del mondo. I mille anni significano la durata del tempo sino alla prossimità della fine del mondo, quando l’Anticristo regnerà per tre anni e mezzo, poco prima della parusia e della fine del mondo. I mille anni sono da prendersi in senso simbolico e rappresentano il tempo che va dall’Incarnazione, quando il diavolo fu legato alla catena, sino al regno dell’Anticristo finale, quando il diavolo scatenato potrà esercitare con la massima libertà il suo potere malefico, che era stato limitato. A partire da questo momento, per tre anni e mezzo, l’Anticristo perseguiterà ogni fedele in tutta la terra ” (Le sens mystique de l’Apocalypse, cit., pp. 321-322). Scioglimento del diavolo dopo i “mille anni” Quanto al fatto che “dopo i mille anni il diavolo deve essere sciolto per poco” (v. 3) non significa, secondo Landucci (cit., p. 215, nota 3), che “sarà ridata a satana, sia pure per poco tempo, tutta la libertà che aveva prima dell’Incarnazione del Verbo. Infatti, resterà immutato per sempre il fatto della sua sconfitta finale, iniziata potenzialmente con il primo Avvento di Gesù. In quel breve tempo sarà solo permessa a satana una breve, violenta riscossa tentatrice (come avvenne a Giobbe), e ingannatrice, capace di rendere più difficile, ma non impossibile, la vittoria dei fedeli di Dio. Essa conoscerà la sua massima espansione e intensità col regno dell’Anticristo finale (cfr. II Tess., II, 3)”. Il millenarismo ossia il regno dei “mille anni” Il millenarismo è un errore escatologico nato da una falsa interpretazione del v. 2 del capitolo XX dell’Apocalisse, secondo cui Gesù dovrebbe regnare visibilmente mille anni su questa terra, prima della fine del mondo. Già nel II secolo d. C., Cerinto di Antiochia applicò questa teoria in senso materiale, come godimento di tutti i beni temporali da parte di Israele (ricchezze, potere, trionfo politico), al capitolo XX dell’Apocalisse di san Giovanni. Tuttavia, vi è una forma mitigata di millenarismo, detta anche spirituale, che risale a Papia di Gerapoli, il quale, in opposizione a Cerinto, intese il regno millenario in senso spirituale, come un godimento di gioie celesti. Tale forma fu ripresa in maniera più o meno temperata da qualche Padre della Chiesa (S. Ireneo, S. Giustino, S. Girolamo e S. Agostino, i quali poi la rigettarono), prima della sua condanna definitiva. Nel medioevo fu ripresa da Gioacchino da Fiore. La Chiesa ha condannato anche il millenarismo mitigato (DB 423; S. Uffizio, Decreto del 21 giugno 1944, AAS, n. 36, 1944, p. 212; Decreto del 20 luglio 1950); mentre quello carnale, di origine giudaica e apocalittica, fu rigettato sin da sùbito come opposto al Vangelo e dunque ereticale. Le venute di Cristo in terra sono solo due: la prima 2000 anni fa nella sua Natività, la seconda nel Giudizio universale alla fine del mondo. Non ve n’è quindi una terza con un regno millenario temporale o spirituale (Mt., XVI, 27): Gesù tornerà sulla terra solo per giudicare “i vivi e i morti”. Quindi, il millenarismo mitigato viene comunemente reputato dai Dottori ecclesiastici (S. Tommaso d’Aquino, IV Sent., d. 43, q. 1, a. 3, quaestiuncula 1; S. Roberto Bellarmino, De Romano Pontifice, lib. III, cap. 17) come temerario ed erroneo. Secondo la retta dottrina cristiana nel regno di Dio in terra (Antico e Nuovo Testamento) vi saranno sempre delle sofferenze e imperfezioni umane legate al peccato originale e la Chiesa sarà sempre perseguitata. Anche Monsignor Landucci commenta: “Dall’infondata interpretazione di questi mille anni è sorto l’errore dei millenaristi, che attendevano, prima della fine del mondo, su questa terra, un periodo millenario in senso stretto di trionfo totale di Cristo e della Chiesa sul male fisico e morale, senza più lotte, sofferenze e persecuzioni” (cit., p. 214, nota 3). Pure dom de Monléon affronta questo problema e lo confuta alla stessa maniera (cit., pp. 325-327). Mons. Antonino Romeo (La Sacra Bibbia, cit., p. 843, nota 1) osserva che con la prima venuta di Cristo “di fatto molti uomini rimangono estranei all’influsso salvatore di Cristo e quindi soggiacciono alla seduzione di satana. Non è ancora la soppressione totale e definitiva del potere di satana. La sua riduzione a una certa impotenza relativa dura ‘mille anni’. Questo numero simboleggia una lunghissima data, che va dalla prima venuta di Cristo, quale Redentore, alla seconda o parusia, quale Giudice. I ‘mille anni’, quindi, abbracciano quasi tutta la durata della Chiesa militante sulla terra, sin quasi alla fine del mondo, poco prima della quale satana sarà sciolto e si scatenerà per poco tempo”. Monsignor Romeo interpreta i tre anni e mezzo (42 mesi, 1260 giorni) in senso simbolico analogamente ai mille anni: “Mille alla stabilità, tre e mezzo alla precarietà” (ivi). San Tommaso contro il millenarismo San Tommaso d’Aquino confuta mirabilmente l’errore millenarista (sistematizzato da Gioacchino da Fiore e dalla sua scuola). Nella Somma Teologica dimostra che la Nuova Alleanza durerà sino alla fine del mondo e non sarà soppiantata da un “regno millenario” (S. Th., I-II, q.106, a.4). Infatti, la Nuova Alleanza è succeduta alla Vecchia come il più perfetto al meno perfetto. Ora, nello stato della vita umana in questo mondo, nulla può essere più perfetto di Cristo e della Nuova Legge, poiché qualcosa è perfetto in quanto si avvicina al suo fine. Ora, Cristo ci introduce – grazie alla sua Incarnazione e morte – in Cielo. Quindi, non vi può essere – su questa terra – nulla (il regno millenario) di più perfetto di Gesù e della Sua Chiesa. Lo Spirito Santo, come perfezionatore dell’opera della Redenzione di Cristo, è inviato proprio da Cristo per confessare Cristo stesso, che ha promesso formalmente ai suoi Apostoli: “Lo Spirito Santo che Io vi manderò, procedendo dal Padre, renderà testimonianza di Me”. Quindi, il Paraclito non è l’iniziatore di una terza era millenaria, ma testimonia e spiega Cristo agli uomini e li rafforza per poterlo imitare. Onde, dopo l’Antica e la Nuova Legge, su questa terra non vi sarà una terza Alleanza o un Nuovissimo Testamento di “mille anni”, ma il terzo stato sarà quello dell’eternità, sempre felice nel Cielo o sempre infelice nell’Inferno. Gioacchino erra nel trasportare la realtà ultramondana o eterna su questa terra. Il Regno, di cui parla l’abate da Fiore, non riguarda questo mondo, ma l’aldilà. Infatti, lo Spirito Santo ha spiegato agli Apostoli, (il giorno di Pentecoste, del 33 d.C.), tutta la verità che Cristo aveva predicato e che loro non avevano ancora capito appieno. Il Paraclito non deve insegnare una nuovissima Legge o un altro Vangelo più spirituale di quello di Cristo, ma deve solo illuminare e dar forza per ben conoscere e ben vivere la dottrina cristiana, che ha perfezionato quella mosaica (S. Th., I-II, q.106, a.4). Inoltre, la Vecchia Legge non fu solo del Padre, ma anche del Figlio (raffigurato e prefigurato da Mosè); come pure la Nuova Legge non fu solo del Figlio, ma anche dello Spirito promesso e inviato da Cristo ai suoi Apostoli. La Legge di Cristo è la Grazia dello Spirito Santo, che illumina, vivifica e irrobustisce per poter osservare La Legge divina come già nell’Antico Testamento illuminava e corroborava i Patriarchi e i Profeti, i quali, pur vivendo sotto la Vecchia Legge, avevano già lo spirito della Nuova e la vivevano eroicamente. Quando Gesù insegna agli Apostoli che “Il Regno dei Cieli è vicino”, non si riferisce – spiega san Tommaso – solo alla distruzione di Gerusalemme, come termine definitivo della Vecchia Alleanza e inizio formale della Nuova, ma anche alla fine del mondo (S. Th., I-II, q.6, a.4, ad 4; III, q.34, a.1, ad 1; III, q.7, a.4, ad 3-4). Infatti, il Vangelo di Cristo è la ‘Buona Novella’ del Regno (ancora imperfetto), della ‘Chiesa militante’ su questa terra e del Regno (oramai e per sempre perfetto) della ‘Chiesa trionfante’ nei Cieli. Inoltre, nel Commento a Matteo sul discorso escatologico di Gesù (XXIV, 36), san Tommaso postilla: “Qualcuno potrebbe credere che questo discorso di Cristo riguardi solo la fine di Gerusalemme…; però sarebbe un grosso errore riferire tutto quanto è stato detto solo alla distruzione della Città santa e quindi la spiegazione è diversa, … cioè che tutti gli uomini e i fedeli in Cristo sono una sola generazione e che il genere umano e la f L’Angelico si basa su tale testo per confutare l’errore gioachimita, secondo il quale la Nuova alleanza o la Chiesa di Cristo non durerà sino alla fine di tempi; egli riprende l’insegnamento patristico (specialmente del Crisostomo e di s. Gregorio Magno) e lo sviluppa anche nella Somma Teologica (I-II, q.106, a.4, sed contra). Perciò il cristianesimo durerà sino alla fine del mondo e non ci sarà bisogno di una ‘terza Alleanza pneumatica e millenaria’, ma la Chiesa di Cristo è il Regno del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, per cui non occorre sognare il rimpiazzamento del cristianesimo, basta solo viverlo sempre più intensamente. Quindi (cfr. Sales, cit., p. 673, nota 2), secondo l’Apocalisse correttamente letta, i “mille anni” rappresentano lo spazio di tempo cha va dalla prima alla seconda venuta di Gesù (S. Aug., De civ. Dei, lib. XXX, cap. 7 ss.; S. Greg. Magnus, Moralia, lib. IV, cap. 1; S. Gir., In Is., XVII, 60). Infatti, con l’Incarnazione del Verbo il potere del diavolo è stato notevolmente ridimensionato, benché sino alla fine del mondo egli possa continuare a tentare gli uomini (Mt., IX, 13; Lc., X, 18). Inoltre p. Marco Sales (cit., p. 674, nota 4) specifica che il millenarismo, nato dalla cattiva lettura del capitolo XX dell’Apocalisse, è un errore teologico secondo cui – dopo la sconfitta dell’anticristo finale e prima del Giudizio universale – per mille anni, in senso stretto e matematico, vi sarà un regno di Cristo e dei suoi santi risorti su questa stessa terra. Terminati questi mille anni, vi sarebbero stati il Giudizio universale, la resurrezione dei morti e la fine del mondo. Alcuni scrittori ecclesiastici (Tertulliano e Lattanzio) e persino qualche Padre ecclesiastico (S. Ireneo e S. Giustino) seguirono il millenarismo spirituale come semplice opinione e non come sentenza certa, ma vi apportarono delle restrizioni. Tuttavia, la maggior parte dei Padri con consenso moralmente unanime si mostrò contraria a questa dottrina. S. Girolamo e S. Agostino che inizialmente l’avevano abbracciata, la ripudiarono nella loro maturità. Conclusione Il millenarismo gioachimita si riaffaccia puntualmente nei periodi di crisi che può traversare l’ambiente ecclesiale nel suo elemento umano. Perciò, durante le varie crisi dogmatico/morali che traversa la Chiesa nel suo Corpo (“in capite et in membris”) e non nel suo elemento divino, si rifà viva la tentazione di annullare la Gerarchia, il Sacerdozio e il Sommo Pontificato, nell’ottica millenaristica. Il mistero della “Passione della Chiesa” Mi sembra che la situazione odierna sia analoga alla Passione di Cristo, in cui «La divinità si nasconde e lascia soffrire la santissima umanità di Gesù» (S. Ignazio, Esercizi Spirituali, n°196). Già s. Tommaso d’Aquino (Adoro Te devote) aveva scritto «In cruce latebat (…) deitas», sulla Croce la divinità di Cristo era nascosta, eclissata, non si vedeva. Anzi Egli lasciava soffrire crudelissimamente la sua umanità, tanto da essere “più simile a un verme che a un uomo” (Isaia). Padre Luis de la Palma, scrive: «Supera ogni nostra comprensione il fatto che il Figlio sia stato abbandonato» (La Passione del Signore, Milano, Ares, 1996, p. 192). Nella Somma Teologica, l’Aquinate spiega che “la Divinità, miracolosamente, permise all’umanità di Cristo di provare angoscia per l’abbandono (apparente) da parte di Dio; pur essendo essa unita ipostaticamente alla Persona divina del Verbo e godendo la visione beatifica. Ciò fu permesso perché attraverso molte tribolazioni occorre entrare nel Regno dei Cieli” (III, q. 45, a. 2, in corpore). Sempre nella Somma leggiamo: “Fu per miracolo che la divinità non ridondava sull’umanità di Cristo” (III, q. 14, a. 1 ad 2um), “affinché potesse compiere il mistero della nostra redenzione soffrendo” (III, q. 54, a. 2, ad 3um). Gesù Cristo stesso ha richiamato la nostra attenzione su tale mistero quando ha gridato sulla croce: “Dio mio perché mi hai abbandonato?”. La risposta al “perché” non è stata Così oggi nella Passione della Chiesa si nasconde il suo elemento divino e appare solo quello umano nella maniera più brutta o “vermiforme”. Questo è un mistero che deriva da quello dell’Unione Ipostatica e dal duplice elemento (divino e umano) della Chiesa (che è Cristo continuato nella storia). Gesù aveva predetto agli Apostoli quest’eclissi. “Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia, in questa notte. Poiché sta scritto: Percuoterò il Pastore e il gregge si disperderà” (Giovedì Santo). Invece, N. S. ci esorta, assieme agli Apostoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e in Me”. Egli esplicita: “Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi (…). Quando giungerà la loro ora, ricordatevi che ve ne ho parlato”. L’ora della “Sinagoga di satana” (Apoc., II, 9) e del potere infernale è qualcosa di preternaturale, che quasi si tocca con mano oggi, come durante la Passione di Gesù. “Verrà la loro ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo”. Il Sabato Santo, solo Maria SS. aveva conservato pienamente la fede nella divinità e resurrezione di Cristo. «Sola, la Madonna attendeva (…). Sola nella sua fede (…) credeva senza il minimo dubbio che Gesù sarebbe risorto (…). Sia gli Apostoli che i discepoli non credevano [pienamente, non avendo il coraggio di professare pubblicamente la loro fede, precisano i teologi, nda] alla Risurrezione (…). Maria ricordò che, l’indomani sarebbe risorto. Ma, essi non riuscivano a crederci perfettamente. Maria era l’unica luce accesa sulla terra (…). Il rifugio dei peccatori che non riuscivano a credere [perfettamente]» (L. De La Palma, La Passione…, pp. 243-246). Gabriele Roschini (Vita di Maria, Roma, Fides, 1959) scrive che la Maddalena “tentennava” e che le apparizioni fatte agli Apostoli erano ordinate a “corroborare la loro fede” (p. 276 e 282) poiché “la debolezza della loro fede costituiva la forza della loro testimonianza” (p. 283) e P. C. Landucci (Maria Santissima nel Vangelo, Roma, Paoline, 1945), parla di “fede debole e barcollante” degli Apostoli, cui Gesù apparve per “rafforzare la loro fede” (pp. 436-437). Onde non si può affermare che gli Apostoli avessero perso totalmente la fede. Quando Cristo apparirà agli Apostoli dopo la sua Risurrezione non li condannerà ma dirà loro “non abbiate paura, sono Io, la pace sia con voi”. Così oggi non dobbiamo presumere di vederci più chiaro degli Apostoli, anche oggi, come allora, i cattolici fedeli si sono dispersi ciascuno per proprio conto. L’Immacolata Concezione è una sola. Quando Pietro tagliò l’orecchio a uno dei soldati che arrestava Gesù, Egli lo riprese dicendo: “Pensi che io non possa pregare il Padre mio che mi darebbe sùbito più di dodici legioni di angeli. Ma allora come si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?”. Ecco il mistero che sorpassa la ragione umana, senza essere contro di essa: il “come”, il “perché”. Durante la Passione di Cristo e della Chiesa c’è qualcosa di sovrumano e misterioso che ci sorpassa. Anche oggi Cristo potrebbe mandarci dodici legioni di angeli, ma così deve avvenire. Il perché ci sfugge, lo possiamo intravedere nel chiaro-oscuro della fede, ma non plus ultra. Padre Reginaldo Garrigou-Lagrange spiega che gli Apostoli “proprio nel momento in cui il Maestro loro, stava compiendo la redenzione, non videro che il lato umano delle cose” (Gesù che ci redime, Roma, Città Nuova, 1963, p. 337) e si scandalizzarono, come predetto. “Questo mistero della passione e risurrezione continua in un certo senso, nella Chiesa. Gesù la fa a sua immagine e, se permette per essa terribili prove, le concede di risuscitare, in un certo modo, più gloriosa, dopo i colpi mortali che i suoi avversari le infliggono” (Ibidem, p. 353). Romano Amerio, intervistato da “sì sì no no” nel 1987, alla domanda su come si potesse uscire dalla crisi (delle variazioni sostanziali nella Chiesa col Concilio Vaticano II), rispose che egli poteva intravedere solo il principio remoto della soluzione: la Divina Provvidenza, quello prossimo lo sorpassava. Così è anche per me. Conclusione Nei periodi bui (e l’attuale è uno di questi) che la Chiesa s’incontra a passare lungo il corso dei secoli si riaffaccia costantemente la tentazione anti-petrina, conciliarista, episcopalista, pneumatica, millenarista e gioachimita di voler rimpiazzare la Chiesa gerarchica nel suo lato umano e manchevole con una “chiesa” ideale fondata sui profeti, sugli spirituali, sugli iniziati, sui soli santi. Per le citazioni cfr. L’Apocalisse, commentata da Antonino Romeo, in La Sacra Bibbia, sotto la direzione e curata da Salvatore Garofalo, Il Nuovo Testamento, vol. III, Torino, Marietti, Casale Monferrato, 1960, pp. 763-861. Cornelio a Lapide, Commentarius in Apocalypsin, Venezia, II ed., 1717. Pier Carlo Landucci, Commento all’Apocalisse di Giovanni, Milano, Diego Fabbri, 1964. Jean de Monléon, Le sens mystique de l’Apocalypse, Parigi, NEL, 1984. Aa.Vv. La Bibbia commentata dai Padri, Nuovo Testamento, Apocalisse, vol. 12, Roma, Città Nuova, 2008. Marco Sales, La Sacra Bibbia commentata, Torino, Berruti, Il Nuovo Testamento, vol. II, Le Lettere degli Apostoli – L’Apocalisse, 1914. Monsignor Francesco Spadafora qualifica l’Apocalittica come «odio atroce contro i Gentili, morbosa attesa della rivoluzione e della liberazione futura di Israele. All’Apocalittica si deve la formazione del più acceso nazionalismo ebraico, che sfocerà nella ribellione all’Impero romano. Tramite essa si spiega la fiducia cieca dei Giudei per straordinarie rivincite nazionali vaticinate dai ‘falsi profeti’» (Dizionario Biblico, III ed., 1963, Roma, Studium, voce “Apocalittica”, p. 42). Monsignor Antonino Romeo specifica: «L’Apocalittica ha falsificato il Vecchio Testamento e, abbassando l’ideale messianico dei Profeti, ha ostruito le vie al Vangelo, ha predisposto i Giudei a respingere Gesù. Presentando un Messia che ridona a Israele l’indipendenza politica e gli procura il dominio universale, l’Apocalittica accentuò il particolarismo nazionalistico e spinse Israele alla ribellione contro Cristo e contro Roma, quindi al disastro» (voce “Apocalittica”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, I vol., col. 1624). Su di essa si è formato il millenarismo temporale giudaico di Cerinto (v. B. Altaner, Patrologia, Casale Monferrato, Marietti, ed. VII, 1977, p. 58) e in parte anche quello spirituale di Papia, vescovo di Gerapoli, discepolo di S. Giovanni e compagno di S. Policarpo, caduto nell’errore millenarista attorno al 130 (v. B. Altaner, Patrologia, Casale Monferrato, Marietti, ed. VII, 1977, pp. 54-55). Cfr. A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, pp. 268-270, voce “Millenarismo”. |