Con Papa Leone si cambia musica


di Organista Ambrosiano


Pubblicato sul sito di Aldo Maria Valli






Concerto del 18 giugno in onore di Papa Leone XIV



Nel pomeriggio di mercoledì 18 giugno Papa Leone XIV ha incontrato i partecipanti all’evento celebrativo per il cinquecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594), il Princeps Musicæ, organizzato in Vaticano dalla Fondazione Domenico Bartolucci.

A poco più di un mese dall’inizio del pontificato il nuovo Papa torna ad ascoltare un concerto che gli è offerto nel quale, significativamente, il coro della Fondazione Bartolucci esegue la Missa Papæ Marcelli, l’intonazione polifonica dell’ordinarium Missæ che per lungo tempo ha decorato le cappelle papali.

Senza remore, senza imbarazzi e senza sentirsi “un principe rinascimentale”, con la sua affabilità Leone XIV assiste al concerto regalando a quanti quotidianamente si occupano di musica per la liturgia parole d’incoraggiamento e un insperato avallo alla permanenza della polifonia rinascimentale, del canto gregoriano e del repertorio tradizionale della Chiesa nelle celebrazioni parrocchiali e cattedrali.

Dopo l’insofferenza della Santa Memoria per tutto ciò che suonava vagamente tradizionale – recte: preconciliare – e le sue uscite infelici sulle scholæ cantorum come gruppi di esibizionisti che impediscono la “partecipazione attiva” dell’assemblea al canto, Papa Leone cerca di correggere il tiro concedendo nuovamente cittadinanza e diritto di abitabilità liturgica al repertorio polifonico e al canto gregoriano.
Muovendosi con disinvoltura nel patrimonio del Magistero pontificio, superando l’autoreferenzialità di Bergoglio e infrangendo il tabù del preconcilio, il Papa cita il motu proprio di san Pio X Inter pastorali officii sollicitudines del 1903, testo che conferì valore normativo alle istanze sorte in seno al movimento ceciliano per la riforma della musica sacra, e la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium.
Mescendo nova et vetera Leone XIV ricorda il compito affidato alla musica liturgica: glorificare Dio e edificare l’uomo, conferire maggior solennità al rito e favorire la preghiera.

L’occasione propizia della celebrazione anniversaria di Giovanni Pierluigi da Palestrina, padre nobile della tradizione musicale cattolica post-tridentina, animata dalla Fondazione dedicata all’indimenticato cardinale Bartolucci – maestro perpetuo della Cappella musicale pontificia per mano di Pio XII nel 1956, aggregato al Sacro collegio da Benedetto XVI nel 2010 – idealmente abbraccia e benedice cinque secoli di tradizione, repertorio e prassi liturgico-musicale.

La capacità di attingere ai Padri della Chiesa, ai Papi dell’età contemporanea e all’amato sant’Agostino, che si delinea ormai come cifra stilistica e punto di forza del pontificato appena cominciato nel tentativo di ricomporre fratture e scongiurare scismi, traspare nelle due intuizioni che Papa Leone enuclea nel discorso di ieri: la proposta di un alternatim che preservi complementarmente polifonia e canto del popolo e una lettura allegorica della polifonia.
Il Papa mostra come il repertorio della grande tradizione della Chiesa non sia incompatibile con il novus ordo Missæ: adottando soluzioni di compromesso quali l’alternatim fra le polifonie proposte dalla schola e l’assembla che esegue frammenti di messe gregoriane, la tradizione ininterrotta che lega Palestrina a Bartolucci può ancora offrire il suo portato sempre vero e sempre attuale – giacché in liturgia s’incontrano Eterno e umano, immanente e trascendente – in nome di un’ermeneutica della continuità di benedettina memoria.
Sempre a Benedetto XVI sembra guardare il novello pontefice applicando alla polifonia vocale l’immagine che Ratzinger associava alle canne dell’organo benedicendo il nuovo strumento della Alte Kapelle di Regensburg quasi venti anni fa. Come le canne dell’organo che suonano in armonia sono un segno di unità nella preghiera, così la polifonia vocale è allegoria di quell’unità delle diversità ricomposte in Cristo: in Illo Uno unum.

Tale felice interpretazione allegorica certamente verrà conservata come freccia vincente nella faretra dei musicisti di chiesa impegnati nella diuturna ‘buona battaglia’ per una musica liturgica santa e benedetta, contro il clero sessantottino in rivoluzione permanente.

Se si unisce questo primo discorso a indizi promettenti che già si delineano come tratti distintivi dell’ars celebrandi di Leone XIV si può sussurrare che la musica sta cambiando: da un gesuita che nec rubricat, nec cantat a un agostiniano che richiamandosi alla spiritualità propria del suo Ordine non solo elogia il canto come segno tangibile della sacra esultanza per la vittoria pasquale, ma anche riprende a cantare le parti che gli competono nelle celebrazioni, persino quel Regina cœli gregoriano che per dodici anni ci è mancato. 

Leggo provvidenzialmente l’elezione di Leone XIV in un Anno Santo e la lego a un altro Decimoquarto – Benedetto, Papa Lambertini – che scrivendo ai vescovi dello Stato Pontificio con l’enciclica Annus qui nunc in preparazione al Giubileo del 1750 richiamò l’attenzione dei presuli sulla ritualità rubricale della liturgia, sulla cura delle vesti sacre, sulla compostezza ieratica dei gesti e sulla dignità della musica sacra, auspicando che le celebrazioni papali e romane potessero mostrarsi come paradigma di ortoptassi liturgico-musicale ai molti pellegrini, con la consapevolezza che anche la forma è sostanza.

Facendo cadere veti incomprensibili instaurati durante la gestione del maestro di cappella che ora è stato traslato sotto la nostra Madunina (benché ormai interdetto dall’ingresso in cattedrale…) durante le celebrazioni di fine e inizio pontificato sono state eseguite anche partiture di Domenico Bartolucci e Giuseppe Liberto, interpreti, in anni diversi, della transizione consapevole fra rito antico e Messa di Paolo VI alla luce di Inter pastorali offici sollecitudines e Sacrosanctum Concilium offrendo un repertorio contemporaneamente tradizionale e contemporaneo, fedele alla lezione dei maestri, alla bontà e alla dignità di sempre pur non perdendo in efficacia comunicativa e attualità.






 



 
giugno 2025
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