In Sudamerica c’è un Boff rinsavito.

E scrive ai vescovi: «Quella che voi proponete non è la vera Chiesa».




di Aldo Maria Valli







Padre Clodovis Boff



Padre Clodovis Boff, tornato alla fede cattolica dopo aver sostenuto la teologia della liberazione di matrice marxista, ha scritto una lettera aperta ai vescovi del Consiglio Episcopale Latinoamericano e dei Caraibi (Celam) in cui denuncia la direzione che la Chiesa sta prendendo nell’America Latina a causa delle deviazioni dottrinali e di una pastorale, tutta incentrata sul sociale, che dimentica i fondamenti della fede cattolica.

Padre Clodovis Boff è una figura di spicco del pensiero teologico iberoamericano.

Nato nel 1944 in Brasile, è fratello del noto teologo Leonardo Boff, ma nel tempo le loro strade si sono nettamente separate.

Sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato filosofia e conseguito il dottorato in teologia in Belgio, diventando una voce di spicco della teologia della liberazione agli albori.

Per anni è stato professore presso istituzioni come la Pontifica Università Cattolica di Rio de Janeiro e l’Università Marianum di Roma, dove ha riflettuto sul ruolo della Chiesa in America Latina.

Tuttavia, a differenza di molti suoi colleghi, Clodovis Boff si è gradualmente allontanato dalla linea marxista della teologia della liberazione.
Nel 2007, il suo testo «Teologia della liberazione e ritorno al fondamento» ha segnato una svolta: vi ha denunciato che l’approccio dominante aveva spostato Cristo dal centro, sostituendolo con la categoria sociologica dei poveri.

Da allora, Boff ha mantenuto una posizione critica nei confronti di quella che considera una «secolarizzazione interna» della Chiesa, mettendo in guardia dal rischio di ridurla a una mera Ong.
Questa posizione lo ha radicalmente differenziato dal fratello Leonardo, dal quale si è pubblicamente separato.

Non sorprende quindi che abbia scritto una lettera ai vescovi del Celam, per avvertirli che da quarant’anni sono in una deriva totale, che ha condotto la Chiesa nel continente americano alla più grande crisi della sua storia.

Nella sua lettera, Boff denuncia l’enfasi esclusiva dei vescovi sulle questioni sociali e il fatto che trascurino la grazia, la salvezza, il bisogno di conversione, la preghiera, il culto e, in ultima analisi, la dottrina cattolica.

Il messaggio dei vescovi, sostiene, non è veramente religioso o spirituale. E ricorda loro le parole di Cristo: «Mi vengono in mente le parole di Cristo: « I figli chiedono un pane e voi date loro una pietra» (Mt 7,9).
«Anche il mondo laico – afferma – è stanco della secolarizzazione e cerca la spiritualità. Ma no, voi continuate a offrire loro il sociale, e sempre il sociale; dello spirituale, appena qualche briciola».

Ciò sottolinea anche qualcosa che è molto evidente in ampi settori della Chiesa in America Latina: «…mentre i laici sono felici di mostrare i segni della loro identità cattolica (croci, medaglie, veli e camicette con stampe religiose), i preti e le suore vanno controcorrente e si presentano senza alcun segno distintivo».

Il sacerdote brasiliano dubita che i vescovi ascoltino, come affermano, il «grido del popolo», poiché dicono le stesse cose di giornalisti e sociologi, mentre non riescono ad ascoltare il grido del mondo che si rivolge a Dio. Afferma: «… la grande preoccupazione della Chiesa nel nostro continente non è la causa di Cristo e della sua salvezza, ma le causa sociale, come la giustizia, la pace e l’ecologia, che voi menzionate nel vostro messaggio come un ritornello».

Boff nota che i vescovi del Celam non hanno seguito la strada tracciata da Papa Leone XIV, che scrisse loro per riconoscere «l’urgente necessità di ricordare che è il Risorto, presente tra noi, che protegge e guida la Chiesa, ravvivandola nella speranza».

«Nella lettera che gli scrissero, non fecero eco a questi moniti papali. Anziché chiedergli di aiutarli a mantenere viva nella Chiesa la memoria del Signore Risorto e della salvezza in Cristo, gli chiesero di sostenerli nella loro lotta per “promuovere la giustizia e la pace” e “denunciare ogni forma di ingiustizia”. In breve, quello che dissero al Papa fu il solito ritornello: sociale, sociale…, come se lui, che lavorava tra noi da decenni, non l’avesse mai sentito».

Padre Clodovis contesta l’uso superficiale del vocabolario religioso nel messaggio del Celam. Sebbene vengano menzionati termini chiave come Dio, Cristo ed evangelizzazione, il sacerdote lamenta la mancanza di un contenuto spirituale concreto e l’inserimento di termini generici. Avverte che, lungi dal riflettere una fede viva, questi termini sembrano servire da ornamento in un discorso incentrato su questioni sociali. In particolare, sottolinea che il nome di Cristo compare a malapena e che il suo potenziale di rivitalizzazione dell’essenza della fede viene sprecato. «Mi chiedo perché non approfittiamo di questa immensa verità dogmatica per rinnovare, con tutto il fervore, il primato di Cristo-Dio, che oggi ha una presenza così limitata nella predicazione e nella vita della nostra Chiesa».

Clodovis Boff denuncia che la Chiesa proposta dal Celam, pur essendo definita «casa e scuola di comunione» e «misericordiosa, sinodale e in uscita», manca di un fondamento esplicito in Cristo. Afferma che, senza questa centralità, la Chiesa rischia di trasformarsi in una pia Ong, come ha avvertito Papa Francesco.

Il sacerdote lamenta che, mentre il cattolicesimo è in declino in America Latina – con le chiese che si svuotano e paesi che cessano di essere prevalentemente cattolici, incluso il Brasile – i vescovi non esprimono alcuna preoccupazione. Critica il loro silenzio di fronte a questo declino, ricordando l’accusa profetica di Amos e l’immagine dei «cani muti» evocata da san Gregorio Magno e san Bonifacio.

Boff riconosce che molti vescovi iberoamericani vivono un approccio pastorale più ricco e diversificato di quello riflesso nel messaggio ufficiale del Celam.

Sottolinea che, non dipendendo dal Celam ma dalla Santa Sede e dalla propria coscienza davanti a Dio, i vescovi sono liberi di adottare approcci diversi. Avverte, tuttavia, che esistono almeno tre dissonanze all’interno dell’organizzazione: tra i vescovi e il Celam istituzionale, tra le conferenze generali e i documenti ordinari del Celam, e tra i vescovi e coloro che ne redigono i testi.

Ciononostante, afferma che il messaggio per il 70° anniversario del Celam riflette fedelmente la tendenza dominante della Chiesa iberoamericana: dare priorità al sociale rispetto al religioso.

Clodovis Boff avverte che la prolungata enfasi sulle questioni sociali ha relegato la religione a un ruolo secondario nella Chiesa iberoamericana, un processo iniziato a Medellín nel 1968. Egli sottolinea che questa perdita della centralità di Cristo ha contribuito al deterioramento spirituale e numerico della Chiesa.
Invita urgentemente i vescovi del Celam a recuperare un cristocentrismo chiaro, forte e trasformativo, sia all’interno della Chiesa che nella sua azione pubblica.
Secondo Boff, solo restituendo a Cristo il suo posto assoluto – come già esortavano san Cipriano e san Giovanni Paolo II – la Chiesa può essere autenticamente rivitalizzata.

Il sacerdote spiega ai vescovi perché ha scritto la sua lettera: «Se ho osato rivolgermi direttamente a voi, cari vescovi, è perché da tempo vedo, con sgomento, ripetuti segni che la nostra amata Chiesa corre un grave rischio: quello di allontanarsi dalla sua essenza spirituale, a suo discapito e a danno del mondo. Quando la casa brucia, chiunque può gridare».

E conclude, prima di affidarsi alla Vergine: «Poiché siamo tra fratelli, ho ancora fiducia per voi. Dopo aver letto il vostro messaggio, mi è accaduto qualcosa che ho sentito quasi vent’anni fa, quando, incapace di sopportare oltre i ripetuti errori della teologia della liberazione, un tale impulso è nato dal profondo della mia anima che ho battuto il pugno sul tavolo e ho detto: “Basta! Devo parlare!”.
È un simile impulso interiore che mi spinge a scrivere questa lettera, nella speranza che lo Spirito Santo possa averci avuto a che fare».










 
luglio  2025
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