Una testimonianza
e un po’ di storia sulla assurda vicenda
del divieto di celebrare in antico rito
imposto ai Francescani dell’Immacolata.

Vergogna!


E’ proprio vero che nella chiesa post conciliare sono i buoni ad essere vessati e perseguitati. E’ inutile dire e argomentare sulla perdita del sacro che oramai impera nella chiesa da 50 anni. Abbiamo di fatti una teologia che, con la scusa di andare incontro all’uomo, volge le spalle a Dio.  Il nulla ormai impera nella liturgia attuale e   tutto questo è stato frutto della ambiguità. Non si dice una novità affermando che la confusione nella chiesa post conciliare regna sovrana a tutti i livelli ed è sotto gli occhi di tutti lo smantellamento in atto.

Voglio unirmi alla protesta di tanti che sono vicini ai Francescani dell’Immacolata, per far udire un coro unanime  fin alle più alte sfere del Vaticano, contro l’inaudita e ingiusta persecuzione a loro inflitta.

Ho conosciuto Padre Stefano Manelli all’incirca nel 1978 quando ero il responsabile di un gruppo tradizionalista salernitano dal nome “Compagnia di San Michele e del Cuore immacolato”. A volte la provvidenza ci fa conoscere persone che possono cambiare l’orientamento della vita e renderla più spirituale.

La conoscenza dei frati di Frigento iniziò così: mi capitò fra le mani un libretto edito da Casa mariana di Frigento e alcuni amici mi dissero che quei frati li stampavano loro stessi in convento. La cosa mi incuriosì e con alcuni del mio gruppo decidemmo di recarci a Frigento per conoscere quella comunità.  In  una gelida giornata invernale, dopo un bel tragitto  in macchina, bussammo al convento e non potrò mai dimenticare che ad aprire fu proprio Padre Stefano Manelli che, con un sorriso smagliante, disse: “Ecco i salernitani.”
Dopo un mesetto Padre Stefano ricambiò la visita e venne a Salerno.
In quell’occasione ci condusse  su di un eremo (Monte Stella), lì vi era una statua di Padre Pio e una pietra lavica che faceva da altare. Lasciata la macchina iniziammo a piedi una piccola scalata e nel tragitto il Padre era incuriosito sulle finalità del nostro gruppo e ci invitò a recitare con lui il Santo Rosario. Noi non conoscevamo quel posto e rimanemmo incantati per quell’atmosfera che si era creata, il Padre ci parlò di Padre Pio e ce ne fece innamorare.
Dopo vari incontri decidemmo di costituirci come Milizia dell’Immacolata di Padre Kolbe e Padre Stefano ci consacrò alla Madonna a Frigento. Da allora frequentammo quel convento per i ritiri e vivemmo giorni di grazia.

Questi piccoli flash raccontati così meriterebbero maggiore approfondimento. Ma la cosa che non si potrà mai dimenticare è la letizia di quei frati che in pieno inverno con i sandali e i piedi viola per il freddo, davano testimonianza.
Il convento era essenziale, ci si svegliava prestissimo al mattino e si alternava la preghiera con il lavoro in tipografia. Ricordo che il letto era di tavole però a noi i frati  non facevano mancare le coperte. Vivendo con loro potei vedere tutta la loro vita nel quotidiano, ma una cosa mi stupì molto ed era l’uso che facevano della disciplina (flagellazione con cordine).  Ricordo che  eravamo alla fine di un corridoio in una cappellina e da lì sentivamo soltanto le loro preghiere.

L‘atmosfera mistica pervadeva il tutto: ci si trovava in una realtà unica dove il soprannaturale era naturale, eravamo  spettatori di cose  cadute in disuso. Però una cosa ricordo: le facce dei  frati, che venivano via via  in cappella, erano ancora più serafiche e la cosa che mi colpì era  la loro semplicità  e  umiltà. Ricordo che ad un certo punto un mio amico poco avvezzo a queste penitenze  cadde in lacrime e mi chiese delucidazione su quanto avevano fatto i frati, poi mi raccontò che quell’esperienza gli aveva fatto capire e percepire il senso  del  peccato e allargando il discorso mi faceva notare il fascino di quella vita veramente francescana  e la differenza di altre esperienze in altre comunità religiose da lui fatte. Mi diceva che la mollezza era la norma,  il silenzio non era rigoroso, nei conventi  vi era anche la televisione e il disordine era la costante. 

Frutto di quegli incontri e di quei ritiri fu che due appartenenti al nostro gruppo diventarono frati. Fu proprio uno di loro, in seguito, a raccontarmi l’interrogatorio che aveva subito durante la prima persecuzione, alla fine degli anni ottanta.  Alle domande incalzanti e capziose che gli venivano poste dal visitatore apostolico, lui rispose che si era fatto frate lì proprio per il modo spartano di vivere e veramente francescano.

Dopo tante vicissitudini Padre Stefano uscì dai conventuali e fondò, con l’approvazione di Giovanni Paolo II, i Francescani dell’Immacolata.
Da allora in poi quell’albero diede frutti copiosi e fecondi. I Francescani dell’Immacolata decisero,  con il motu proprio di Benedetto XVI,  di abbracciare l’antico rito: conseguenza logica del loro cammino spirituale: i frutti del rito antico e della Messa di sempre sono  copiosi perché lì, in modo più evidente, si percepisce il sacrificio di nostro Signore sulla croce.
Da qui nasce questo secondo e  nuovo attacco (diabolico)  a Padre Stefano Manelli e ai suoi frati. Nella chiesa modernista c’è posto per tutti, dai cattocomunisti  ai paraprotestanti, ma non per chi è integralmente cattolico.

Bisogna ora aderire all’appello di sottoscrizione per fermare questa onda anomala che vuol distruggere questo meraviglioso ramo francescano, facciamo valere le ragioni della Tradizione della Chiesa e cerchiamo di far desistere il visitatore  apostolico e di far capire che scempio  potrebbe  perpetrare. La misura è colma: bisogna reagire!

Speriamo che i Frati Francescani dell’immacolata facciano quadrato intorno al loro fondatore e tutti insieme mantengano la loro specificità, unicità e la preziosità dell’antico rito perché questo shock può far morire un po’ alla volta il loro ordine. D'altronde una cosa è la Chiesa e un’altra sono gli uomini di Chiesa, come ci insegna Santa Giovanna D’arco.
Invece di perseguitare i Francescani dell’Immacolata pensassero alle chiese che si svuotano, agli ordini religiosi senza vocazioni e ai confessionali che oramai sono rimasti solo mobili ornamentali nelle Chiese.

Questa mia piccola testimonianza è frutto della riconoscenza per il bene spirituale ricevuto da Padre Stefano Manelli.  Il ricordo di quelle esperienze spirituali mi è stato d’aiuto nei momenti difficili della mia vita! Per questo mi piace chiudere questo piccolo articolo con delle frasi di Fëdor Dostoevskij tratti dal discorso verso la pietra ne “I fratelli Karamazov”:
Sappiate, dunque che non c’è nulla di più alto, e forte, e sano, e utile per la vostra vita a venire, di qualche buon ricordo, specialmente se recato con voi fin dai primi anni … […] Se l’uomo può raccogliere molti di tali ricordi e portarli con sé nella vita, egli è salvo per sempre. E quand’anche un solo buon ricordo rimanesse con noi, nel nostro cuore, anche quello potrebbe un giorno servire alla nostra salvezza.

Sancte Michael Archangele defende nos in praelio!

Prof. Guglielmo Buonagiunto
Compagnia di San Michele




dicembre 2013

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