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I cristiani a Gaza: meno numerosi, ma fermi nella loro Fede ![]() Il cardinale Gianbattista Pizzaballa in visita a Gaza Quando Gaza fa notizia
nei media occidentali, spesso prevale il prisma ideologico, che si
appartenga a sinistra o a destra dello spettro politico.
Tuttavia, in questo territorio dilaniato dalla guerra, in cui le esplosioni sono un rumore di fondo che quasi passerebbe inosservato se non venisse più udito, la fragile comunità cristiana si aggrappa sia alla vita sia alla Fede. Quanti cristiani vivono ancora a Gaza nel momento in cui scriviamo queste righe? Secondo i dati forniti dall’Agenzia di informazione Zenit, il loro numero è drasticamente diminuito: a partire del 7 ottobre 2023: è passato da più di un migliaio a circa 500. Molti di essi trovano rifugio nella parrocchia della Sacra Famiglia, l’unica chiesa cattolica della striscia di Gaza, in cui vivono, pregano e sperano. Sborsare 250 Euri per un chilo di caffè sembra inconcepibile. Ma per Padre Gabriel Romanelli, il parroco argentino di Gaza, questo prezzo non ha significato: «Questo costo è puramente teorico», spiega a Zenit. «La vera sfida è trovare questi prodotti, un’impresa quasi impossibile». Lo zucchero, quando lo si trova, ha raggiunto un prezzo esorbitante, fino a 100 Euri al chilo. Ma qui la vera ricchezza sta nei momenti di calma tra un bombardamento e un altro e nella speranza portata dalla preghiera. Da quando gli aiuti umanitari sono stati interrotti, nel marzo 2025, le risorse sono diventate ancora più rare, dirottate in buona parte dai membri di Hamas ancora presenti a Gaza. Le famiglie sopravvivono grazie alle scarse provviste accumulate durante i brevi periodi di tregua, ma queste riserve si esauriscono rapidamente. Le razioni sono accuratamente suddivise, e negli cortili devastati dalle bombe sorgono orti di fortuna, simboli sia di disperazione sia di tenacia. Tuttavia, coloro che potrebbero prendersene cura sono sempre meno numerosi: molti sono fuggiti verso il Sud o hanno perso la vita. «La chiesa è affollata, ma non per le Messe abituali» - confida Padre Romanelli - «ogni spazio è diventato un rifugio. I banchi servono da letti, la sacrestia da cantina e il cortile protegge i bambini e le persone anziane. Viviamo in un luogo sacro, perché è tutto quello che ci resta». Le cifre rivelano una realtà ad un tempo tragica e spirituale. Prima del conflitto, più di mille cristiani risiedevano a Gaza, principalmente ortodossi e cattolici. Circa 300 hanno potuto raggiungere l’Egitto prima che chiudessero le frontiere. Da allora, 54 persone hanno perduto la vita, di cui 16 per un attacco aereo israeliano contro la chiesa ortodossa di San Porfirio. Altri sono morti per malattie non curate – diabete, problemi cardiaci o infezioni – a causa della mancanza di medicinali. Una cinquantina di persone disabili o gravemente malate sono attualmente assistite dalle Missionarie della Carità, le religiose di Madre Teresa, la cui presenza incarna una forma di resistenza silenziosa. Al di là delle perdite umane e delle carenze, sono la loro forza e la loro speranza a colpire l’osservatore. «Siamo esausti» - riconosce Padre Romanelli - «ma non vinti. Non siamo soli. Anche se il mondo sembra ignorarci, noi sappiamo che prega per noi». Ciò che li mantiene in piedi è quello che nessuno può distruggere: la preghiera. Il parroco della Sacra Famiglia richiama spesso la forza intangibile che essa offre alla sua comunità, rafforzata dalla certezza che la Chiesa universale prega per essa, un sostegno più prezioso del cibo. Peraltro, ogni mattina – spiega il sacerdote ferito durante un bombardamento presunto involontario del Tsahal [l’esercito israeliano] contro la sua parrocchia – i parrocchiani della Sacra Famiglia che vivono sul posto, iniziano la loro giornata alle 7,00 con una adorazione silenziosa davanti al Santissimo Sacramento. «I bambini e i ragazzi partecipano alla loro maniera, scrivendo preghiere o meditando» - dichiara Padre Romanelli – che aggiunge: «E’ un miracolo che riescano a pregare per la pace in mezzo al caos». Sul fronte della comunicazione. Suhail e Helda, due giovani fedeli della parrocchia, trasmettono informazioni al mondo esterno. Con il loro aiuto, gli appelli di Padre Romanelli superano i confini. Si spera che la presenza cristiana in Terra Santa possa essere ancora scritta nel futuro, il che è tutt’altro che certo in una regione stretta tra le forze contrapposte dell’islamismo politico e del giudaismo radicale, che concordano almeno su una cosa: il loro odio per il cristianesimo. |