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S'avvicina la madre di tutte le battaglie ? I - Armagedon e la fine del mondo di Don Curzio Nitoglia ![]() L’Apostolo continua la
descrizione iniziata al v. 13 (Apoc., XVI (1)),
aggiungendo al versetto 16: “E li radunerà nel luogo chiamato in
ebraico Armagedon”, vale a dire Dio radunerà i re malvagi in un
luogo che in ebraico significa città di Magedo (città
alle falde dei monti che prolungano il Monte Carmelo) e qui li
punirà tutti assieme in un sol colpo.
Secondo gli autori si fa riferimento al luogo ove si raduneranno i seguaci dell’Anticristo e i nemici di Dio che sarà per loro una seconda Magedo (infatti, in passato nella pianura di Magedo fu sconfitto l’esercito del re Giosia, l’oppressore d’Israele; cfr. Giudici, IV, 7; 2 Re, XXIII, 29); ossia, un luogo di vendetta e di strage, perché sopra di essi si scatenerà la collera di Dio con tutta la sua potenza distruttrice. Tuttavia, non è sicuro che ciò debba prendersi alla lettera in senso stretto, forse indica genericamente la coalizione della contro-chiesa e la sua totale disfatta. II
- La settima coppa
la caduta di Babilonia e la fine del mondo Infine, arriva il momento della settima e ultima coppa (Apoc., XVI, vv. 17-21), che conduce alla fine del dramma terrestre: “E il settimo angelo versò la sua coppa nell’aria” (v. 17) e perciò si ebbero grandissime perturbazioni atmosferiche. Dal tempio (il cielo) uscì una gran voce proveniente dal trono (di Dio), che diceva: “È fatto”, ossia l’ordine degli eventi, prestabilito da Dio (la volontà di Dio) è compiuto (“consummatum est”), questa è l’ultima piaga e poi arriverà immantinente il giudizio di Dio. Questo compimento è la consumazione con cui si chiude il tempo e si entra nell’eternità e viene chiamato anche “la fine” (1 Cor., XV, 24). Esso ha un aspetto negativo, l’eliminazione dei nemici di Cristo e uno positivo, l’universo rinnovato e trasfigurato dalla conflagrazione finale o transmutatio in melius (“solvet saeculum in favilla”). Allora seguirono folgori, voci e tuoni e si scatenò un gran terremoto come non era mai avvenuto da quando gli uomini sono sulla terra (v. 18), il mondo nemico di Dio precipita nello sconquasso dopo aver spadroneggiato nel corso dei secoli. Quindi, “la grande città” (che è Gerusalemme, così già chiamata al capitolo XI verso 8, e rappresenta la capitale del regno dell’Anticristo) “si squarciò in tre parti” (v. 19), ossia fu rovinata completamente. S. Agostino (De Civitate Dei, XIV, 28), in senso lato, la chiama la città terrena, che per amor di sé odia Dio; opposta alla Città di Dio, in cui per amore del Signore si rinnega il proprio io. Essa di volta in volta riveste le sembianze della Gerusalemme deicida, della Roma pagana e ora riceve definitivamente il nome di “Babilonia la grande”. Anche le città dei pagani ostili a Dio e a Cristo “caddero a terra”, crollarono totalmente, e Dio chiamò davanti a Sé Babilonia per “darle il calice del vino della sua ira”; ossia, il Signore giudicò esser venuto il momento di colpire la grande Babilonia, che è simbolo di tutta la società anticristiana, incarnata man mano in varie città (Gerusalemme, Roma…). Queste parole preparano le descrizioni che si trovano nei capitoli XVII e XVIII. Allora “tutte le isole fuggirono e sparirono i monti” (v. 20). Viene qui descritto lo sconvolgimento finale del mondo; isole e montagne sono rimosse, in realtà è tutto il mondo che scompare ed è trasmutato e glorificato dal fuoco del giudizio universale. Infine, “cadde dal cielo sugli uomini una grandine grossa come un talento” (v. 21) che presso gli Ebrei pesava 42 chilogrammi, e perciò il castigo è veramente terribile. Tuttavia, invece di convertirsi, “gli uomini bestemmiarono Dio per la piaga della grandine”. Si abbatte sul mondo nemico di Dio un flagello inaudito che porta la vendetta di Dio al culmine. L’iniquità umana da una parte e le misure vendicative di Dio dall’altra parte hanno raggiunto l’apice. Siamo alla fine del dramma, alla catastrofe. Questo versetto apre alle visioni che dipingono l’immoralità di Babilonia e il castigo che Dio le riserva inevitabilmente come monito ai fedeli per la loro conversione e come contrappasso delle tribolazioni dei martiri, i quali saranno glorificati dopo aver tanto sofferto. NOTA 1 - Per le citazioni cfr. L’Apocalisse, commentata da ANTONINO ROMEO, in La Sacra Bibbia, sotto la direzione e curata da SALVATORE GAROFALO, Il Nuovo Testamento, vol. III, Torino, Marietti, Casale Monferrato, 1960, pp. 763-861. CORNELIO A LAPIDE, Commentarius in Apocalypsin, Venezia, II ed., 1717. PIER CARLO LANDUCCI, Commento all’Apocalisse di Giovanni, Milano, Diego Fabbri, 1964. JEAN DE MONLEON, Le sens mystique de l’Apocalypse, Parigi, NEL, 1984. AA.VV. La Bibbia commentata dai Padri, Nuovo Testamento, Apocalisse, vol. 12, Roma, Città Nuova, 2008. MARCO SALES, La Sacra Bibbia commentata, Torino, Berruti, Il Nuovo Testamento, vol. II, Le Lettere degli Apostoli – L’Apocalisse, 1914.. |