Il suicidio di Laura Santi
e
la radicale dipendenza da Dio




di Fabio Fuiano


Pubblicato su Corrispondenza Romana





Laura Santi, suicida assistita



Lo scorso 22 luglio l’Associazione Luca Coscioni ha emanato un comunicato sul suicidio di Laura Santi, giornalista perugina affetta da sclerosi multipla, consigliera generale della medesima associazione e protagonista della campagna sull’eutanasia legale.
Si tratta del nono caso di suicidio assistito in Italia e del primo nella regione Umbria.
Queste le parole del suo “testamento”, riprese con toni entusiastici dalle testate giornalistiche: «La vita è degna di essere vissuta, se uno lo vuole, anche fino a 100 anni e nelle condizioni più feroci, ma dobbiamo essere noi che viviamo questa sofferenza estrema a decidere e nessun altro».

Lo stesso giorno, è stato pubblicato sull’Huffington post l’intervento del filosofo Giovanni Fornero, il quale, dopo aver ricordato il suo incontro con la giornalista, ha scagliato un veemente attacco contro la Chiesa Cattolica per le sue posizioni su temi come eutanasia e suicidio assistito affermando che «la Chiesa e la cultura cattolica ufficiali sono chiusi e lo era anche Francesco».

Appena il giorno prima, il giornale La Stampa ha rilanciato un sondaggio di Only Numbers, secondo il quale il 75.3% dei cittadini italiani si dichiarerebbe favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia.

Pochi giorni dopo, il 25 luglio, la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza n. 132/2025 che, almeno per il momento, non ha dichiarato illegittimo l’articolo 579 c.p. che vieta l’omicidio del consenziente anche nel caso di somministrazione, da parte di un terzo, del farmaco letale ad una persona nelle condizioni definite dalla precedente sentenza n. 242/2019.
Ciononostante, come rilevato anche dalla Coscioni, non si è escluso di diritto l’illegittimità dell’eutanasia attiva. Infatti, il rifiuto è stato motivato non già da un’opposizione di principio a tale pratica, ma solo dal fatto che, secondo il parere della Corte, il giudice di Firenze che aveva sollevato la questione, non aveva indagato a sufficienza, a livello nazionale, sull’esistenza di un dispositivo idoneo per l’interessata.
Per di più, come rilevato giustamente dal bioeticista Renzo Puccetti, i giudici hanno esplicitamente ribadito un dovere in capo al Sistema Sanitario Nazionale di assicurare tutti gli strumenti necessari alle persone per esercitare un vero e proprio “diritto” al suicidio.

Al di là dell’effettiva veridicità delle stime riportate dai giornali e dai terribili precedenti che la Corte Costituzionale sta creando, si deve rilevare un dato di fatto: la confusione imperante sul tema, complice la dimenticanza dell’insegnamento morale della Chiesa, anche nella sua parte docente.
Se ci si riflette un momento, l’atto del suicidio è il più radicale rifiuto dell’essere e, in esso, di Dio che di quell’essere è la fonte.
A differenza di altri peccati che, lasciando all’uomo almeno la vita corporale, gli consentono in seguito di pentirsi e di cambiare strada, quello del suicidio non lascia possibilità di scampo. Una volta che si è nella dimensione dell’eternità, non vi è pentimento possibile, si rimane come “cristallizzati” nelle disposizioni della volontà presenti nel momento della morte: disposizioni di radicale separazione da Dio.

Interessante a tal proposito è l’immagine di copertina scelta da Cooperatores Veritates per la diretta del 25 luglio scorso dal tema “Il suicidio assistito: l’estremo NO a Dio” con una eccellente conferenza dell’apologeta Corrado Gnerre.
Nella cover si vede Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby (1945-2006) – pioniere delle battaglie sull’eutanasia – con indosso un cartello campeggiante la terza petizione della preghiera del Padre Nostro, “sia fatta la tua volontà”, con una x sull’aggettivo “tua”, corretto con “mia”.

I sostenitori di eutanasia e suicidio assistito sono abili a confondere le acque, facendo credere che la Chiesa si opponga a questi atti per semplice partito preso, per un fantomatico “controllo” della vita altrui e per “imporre” una sofferenza senza senso, quasi in modo sadico.
Tale narrazione è funzionale a generare negli uomini un odio viscerale per essa e per il suo insegnamento. Ma, a ben vedere, i “no” che questa tenera Madre ingiunge ai propri figli non sono il risultato di una soggettiva presa di posizione, come se un domani potesse affermare anche l’esatto contrario: la Chiesa insegna in base a ragioni ben fondate e per il vero bene dei figli nel suo seno.
Conoscerle è il primo passo per amarle giacché non si può amare quel che non si conosce. Tali ragioni sono fondate su Dio stesso, sulla natura che Egli ci ha dato e sulla legge morale naturale che da questa scaturisce. Se si nega Dio, si finisce per negare la natura umana con le sue leggi eterne e immutabili, in favore di una legge soggettiva e mutevole, fino alla completa anarchia e assenza di legge.

Il Servo di Dio mons. Piercarlo Landucci (1900-1986) ha fornito una bellissima dimostrazione dell’esistenza di Dio nel suo libro Il Dio in cui crediamo (Edizioni “Pro Sanctitate”, Roma 1967). In quest’opera, il teologo dedica ampie riflessioni alle conseguenze di questa esistenza per la vita dell’uomo, ma sembra utile soffermarsi su una in particolare: Dio non solo è Creatore di tutto ciò che esiste, traendo dal nulla tutte le creature, ma è anche causa della conservazione dell’essere di queste e da ciò deriva che nulla sfugge al suo dominio.

Infatti, afferma mons. Landucci, «l’indigenza iniziale che il cosmo ha d’una causa estrinseca che lo ponga in essere, l’indigenza cioè dell’atto creativo, dopo l’atto stesso, perdura identicamente; perciò, l’effetto dell’esistenza cosmica è impossibile senza il perdurare – immediato – dell’azione creatrice».

E per esemplificare, prosegue con una analogia: «c’è quel ferro a terra. Lo prendo e lo sollevo sulla mano a un metro e mezzo di altezza. Tale mia azione era necessaria per sollevarlo. Ma resta pure necessaria per mantenerlo a tale altezza. Appena l’azione cessasse ricadrebbe a terra. Così è stato necessario l’atto creativo di Dio per produrre l’universo, ossia per sollevarlo, per così dire, dal nulla al piano dell’esistenza, ed è necessario il proseguimento di tale atto per conservarlo su tale piano ossia perché prosegua ad esistere. La ragione sufficiente dell’essere cosmico, come inizialmente non può trovarsi nell’essenza stessa del cosmo e deve trovarsi nella causa creante, così dopo la creazione non può trovarsi nella essenza medesima, bensì perennemente nel Creatore, come causa conservante. L’indigenza del primo atto creativo si trasforma nell’indigenza permanente dell’atto conservativo».

Si tratta del medesimo atto onnipotente creativo «che prosegue, momento per momento, istante per istante, come causa di ogni realtà in noi e fuori di noi. Se, per assurdo – poiché Dio è eterno – Dio cessasse di esistere o, per uguale assurdo – poiché Dio sapientissimo e munifico non può abbandonare l’opera sua – egli cessasse di conservare col suo braccio onnipotente l’universo, questo svanirebbe completamente. L’universo è sostenuto ogni istante dalla mano di Dio sull’abisso del nulla» (pp. 219-220).

Il fatto che Dio ci conservi nell’essere ci pone in una radicale e inevitabile dipendenza creaturale da Lui.

Pensare che privarsi del corpo col suicidio sia un mezzo per recidere tale dipendenza, è solo un’illusione. Questo perché ogni essere umano è dotato di un’anima immortale che sopravvive al corpo e che, seppur immateriale, non è meno reale del corpo materiale che cade sotto i nostri sensi, come dimostra mons. Landucci, sulla scorta di Aristotele e San Tommaso d’Aquino (pp. 255-258).

È anche grazie alle operazioni di questa anima che i sostenitori dell’eutanasia possono concepire il mito dell’autodeterminazione come pretesa assoluta indipendenza dell’uomo da Dio. Ma questo mito esiste solo nella loro mente e negli scritti delle sentenze della Corte Costituzionale, non avendo un corrispettivo nella realtà. Ed è quando l’ideologia pretende di sostituirsi alla realtà che si hanno le epoche più buie della storia. Confidiamo che anche i nostri governanti, in queste settimane fortemente tentati di assecondare i desiderata suicidari della Corte, possano scorgere la portata ideologica di certi provvedimenti e astenersi dal promulgare nuove leggi ingiuste.




 
luglio 2025
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