Sepoltura e cremazione.

Il pensiero cristiano




di Claudio Forti


Pubblicato sul sito di Aldo Maria Valli







Oggi siamo andati all’Ufficio funerario della mia città per chiedere di avere una tomba di famiglia, essendo noi contrari alla cremazione.

Vista la nostra decisione, iI giovane impiegato si è aperto esternando la sua contrarietà alla cremazione, scelta ormai maggioritaria ovunque: “A me piace andare sulla tomba dei miei cari e soffermarmi a pensare e pregare per loro. I miei hanno tutti voluto essere messi nella terra, e non vedo perché anch’io non dovrei farlo”.

Anche sulla cremazione, come su altri temi, i pastori non hanno il coraggio di dire che per il cristiano la scelta più conveniente è la sepoltura, non solo perché fu scelta per Cristo, che è il Capo della Chiesa, ma per tutta una serie di motivi che vengono riassunti nel testo qui sotto.

Ormai i cristiani si piegano sempre più al pensiero dominante. Questo allinearsi al mondo per non apparire rigidi o sufficientemente misericordiosi e dialoganti, o per non creare steccati, sta vanificando la missione che Gesù ha affidato alla sua Chiesa, cioè di essere “luce del mondo e sale della terra”.

*

C’è una domanda silenziosa nei corridoi degli ospedali, nei funerali e in molte famiglie cristiane provate dal dolore. “Che cosa succede se decido, o decidono per me, la cremazione invece che la tradizionale sepoltura? Potrò risuscitare? Lo permetterà Dio?

Questo interrogativo non è banale, perché tocca nel profondo il mistero della fede: la risurrezione dei morti. E quando tutto ciò si mescola con decisioni moderne, con l’urgenza economica o con la mancanza di conoscenza, può lasciare inquiete molte anime che non sanno se hanno offeso Dio o se, senza volerlo, hanno condannato i loro cari.

Fin dai primi secoli del cristianesimo la Chiesa ha affermato con forza una verità che il mondo moderno dimentica spesso, e cioè che il corpo umano non è una prigione dell’anima, né un semplice involucro scartabile, ma è una creazione di Dio che partecipa alla nostra redenzione.
Nel Credo che recitiamo ogni Domenica diciamo: “Credo la risurrezione della carne e la vita eterna”.

Non si tratta di una metafora: è una promessa reale. Cristo non è venuto solo per salvare le anime, ma è venuto a redimere l’essere umano nella sua interezza, corpo e anima uniti per sempre nell’eternità. Per questo, fin dal principio i cristiani seppellivano i loro morti con profonda riverenza.
Imitavano l’esempio di Gesù che fu sepolto in un sepolcro nuovo.
Anche le catacombe non erano solo luoghi dove nascondersi dalle persecuzioni, ma erano santuari, cimiteri trasformati in templi. Perché? Perché il corpo di un battezzato è “tempio dello Spirito Santo”. E anche se muore non perde la sua dignità e la sua speranza.

La sepoltura cristiana in tal modo si convertì in una professione di fede nella resurrezione. Si seminava il corpo come un seme nella terra, nella attesa del giorno glorioso in cui Cristo lo avrebbe risuscitato e trasformato in un corpo incorruttibile e glorioso.

Negli ultimi decenni, però, è affiorata una inquietudine: la cremazione, prima rigettata dalla Chiesa, ora si è trasformata in una abitudine. Così alcuni cattolici si chiedono: “È permesso? Che cosa dice oggi la Chiesa? E: “Se sarò cremato, Dio potrà farmi risorgere?

Prima di rispondere, ci sono delle cose che dobbiamo comprendere molto bene.
Il potere di Dio non è limitato dalla materia. Lo stesso Signore che formò l’uomo traendolo dalla terra, che creò dal nulla l’universo, può riunire anche la cenere dispersa nel mare, nell’aria o in qualsiasi angolo del pianeta.
La risurrezione non è un atto umano: è opera di Dio! Ed Egli non conosce l’impossibile.
Comunque, ciò che facciamo con il nostro corpo, se esprime ciò che crediamo – e qui è dove entra lo sfolgorante insegnamento della Chiesa, che ci aiuta a prendere decisioni in piena coscienza, con reverenza piena di fede -, ci dice che non tutto ciò che è possibile è giusto. E per quanto la cremazione non impedisca la risurrezione, può nascondere una ferita profonda: la perdita della visione cristiana del corpo, dell’anima e del destino eterno.

Ci hanno fatto credere che il corpo è qualcosa che si può scartare. Ci hanno fatto pensare che risparmiare il denaro è più importante che esprimere amore fin dopo la morte. Ci fanno dimenticare che il modo in cui trattiamo i morti dice molto di quanto valore diamo alla vita.
Però ciò che successe in una città italiana con una Santa il cui corpo è incorrotto, ci farà guardare a tutto ciò con occhi diversi.

Nel 1930, nella piccola città di Lucca un gruppo di religiose decise di realizzare l’esumazione del corpo di una giovane carmelitana morta ventisette anni prima.
Il suo nome era Gemma Galgani. Gemma morì nel 1903 all’età di venticinque anni dopo una vita breve e segnata da visioni mistiche e da sofferenze offerte per amore a Cristo, con una grande devozione per la passione del Signore.
Era una giovane semplice, orfana, fragile, però piena di un fuoco interiore che può venire solo dal Cielo. Molti, durante la sua vita, non credevano alle sue visioni; altri si burlavano della sua santità.

Dopo la sua morte qualcosa cominciò a cambiare.
La sua tomba era visitata da migliaia di persone che ricevevano grazie, guarigioni e conversioni.
Quando finalmente si decise di aprire il suo sepolcro per la causa di canonizzazione, lo stupore fu assoluto. Il corpo di Gemma era conservato perfettamente. Le sue mani, il suo viso, i suoi capelli erano rimasti intatti, come se stesse dormendo. Il passare del tempo non aveva distrutto nulla.
Ma la cosa che maggiormente sorprese non fu il fatto fisico, bensì la reazione spirituale che si generò in chi la vide. Molti caddero in ginocchio, qualcuno pianse, altri dissero: “È vero, il corpo è sacro; non sparisce, non si dissolve; aspetta la risurrezione!
I casi di Santi incorrotti non sono una norma e nemmeno una promessa per tutti, però sono segni profetici, segni visibili che Dio permette per ricordarci che la carne non è immondizia, ma è seme di eternità.

Quando il corpo di un Santo non si lascia corrompere dalla morte, ciò che si sta proclamando non è solo una virtù personale, ma una verità universale. La morte non ha l’ultima parola.
Mentre quando, senza riflettere, senza fede o rigettando la fede cristiana, si sceglie la cremazione, ecco che si corre il rischio di cancellare questo segno visibile di speranza.
La Chiesa non condanna coloro che si fanno cremare perché il fuoco non è un ostacolo per Dio, ma è certo che il modo con cui ci accomiatiamo dai nostri morti dice qualcosa del nostro credere nella risurrezione.

Nel libro di Giobbe – uno dei più antichi della Bibbia – leggiamo una delle dichiarazioni più stupefacenti sulla risurrezione.
Giobbe, coperto di piaghe, disprezzato per aver perso tutto, dichiara con fermezza: “Io so che il mio Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere, e quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, la mia carne vedrà Dio” (Giobbe, 19, 25-26).

Anche se il corpo si dissolve, l’identità dell’essere umano non va perduta. Anche se ci riducono in cenere, Dio non ha bisogno nemmeno di un solo osso per riformarci. Egli ricorda ogni cellula, ricorda ogni fibra del nostro essere, ogni lacrima che abbiamo versato, ogni gesto d’amore fatto in silenzio.
La risurrezione non è una ricostruzione anatomica: è una nuova creazione gloriosa, misteriosa, ma reale.

San Paolo lo esprime con parole potenti: “Si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Questo corpo corruttibile si riveste di incorruttibilità e questo corpo mortale si riveste di immortalità” (Prima Lettera ai Corinzi, 15, 44-53).





 
luglio 2025
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI