Newman Dottore della Chiesa ?


di don Jean-Michel Gleize, FSSPX



Pubblicato sul sul sito francese della Fraternità San Pio X

La Porte Latine





Il cardinale John Henry Newman



Il titolo di «Dottore» è meritato da colui i cui insegnamenti hanno dato il duplice esempio della sua ortodossia e della sua scienza eminente.

1. Bisogna conservare non solo ciò che ci è stato tramandato nelle Sacre Scritture, ma anche le spiegazioni dei santi Dottori che ce le hanno conservate intatte».
Così si esprime San Tommaso d’Aquino, che più tardi è stato qualificato «Dottore Comune della Chiesa» (1). Questa riflessione non è rimasta lettera morta, se si considera che le opere del Dottore Angelico contengono circa 8000 citazioni dei «santi Dottori».

2. Il termine di «Dottore» può estendersi in senso lato e improprio e allora esso designa i teologi come tali. Lo stesso termine può estendersi in senso stretto e proprio ed allora designa un titolo: quello che è «dato ufficialmente dalla gerarchia della Chiesa (2) agli scrittori ecclesiastici notevoli per santità di vita, purezza di ortodossia e qualità di scienza» (3).

Melchior Cano (4) mostra in che i Dottori si distinguono dai Padri della Chiesa, titolo che è riservato a persone che sono vissute nei primi secoli (5): i Padri non sono tutti Dottori e i Dottori non sono tutti Padri.
In effetti, i Dottori costituiscono con i Padri due specie diverse di testimoni, sui quali il Magistero della Chiesa ha la possibilità di appoggiarsi per indicare il senso autentico della dottrina divinamente rivelata nelle Scritture.
Per i Padri e per i Dottori (è il punto in comune che fa di essi dei testimoni autorizzati) è richiesta l’ortodossia, cioè la perfetta conformità dei loro insegnamenti al deposito rivelato.
La differenza è che per i Padri è richiesta l’anzianità, mentre per i Dottori è richiesta l’erudizione, cioè una scienza eminente; eminenza che può essere relativa all’estensione in ragione dell’estensione dei loro scritti, o all’intensità in ragione della profondità del loro genio.

L’aureola dei Dottori – dice San Tommaso -  è la ricompensa della loro scienza, cioè il frutto della vittoria che hanno ottenuto cacciando il diavolo delle intelligenze (Supplemento alla Somma teologica di San Tommaso d’Aquino, questione 96, articolo 7: «Perfectissima victoria contra diabolum obtinetur quando aliquis non solum diabolo impugnanti non cedit, sed etiam eum expellit, et non solum a se sed etiam ab aliis. Hoc autem fit per praedicationem et doctrinam ». Questa è un’opera di misericordia spirituale.)).

Altra differenza: il titolo di Dottore è oggetto di una attribuzione ufficiale che si realizza con un decreto solenne del Sommo Pontefice e con il precetto che è dato di celebrare la Messa e di recitare l’Ufficio liturgico corrispondente; il titolo di Padre è invece oggetto di una attribuzione immemorabile basata sulla consuetudine.                  

3. E’ innegabile, tuttavia, che sia i Padri sia i Dottori possono mescolare una parte del loro pensiero personale alla pura espressione della fede comune: non ogni parola di un Dottore della Chiesa è parola della Chiesa. Lo storico del dogma deve dunque distinguere con cura ciò che nei loro scritti ha veramente valore cattolico da ciò che invece è solo opinione personale o «infiltrazione di correnti ideologiche non tradizionali» (6).
Ma è chiaro che la detta «infiltrazione» non può, in un santo Dottore, assumere le proporzioni di un errore problematico perché non è in opposizione, o almeno in dissonanza troppo sensibile rispetto, non solo alla dottrina divina e cattolica, ma anche alla dottrina comune dei teologi.

4. Questo punto è importante e noi vorremmo sottolinearne ancora i presupposti (7)
La vita personale di un santo Dottore, considerata dal punto di vista della virtù morale, è diversa dalla sua riflessione personale considerata dal punto di vista della virtù intellettuale. L’eresia, che si oppone alla virtù della fede teologale, implica come quest’ultima i due punti di vista: quello della vita intellettuale inseparabile da quello della virtù morale. L’eresia infatti è l’errore voluto consapevolmente e in opposizione cosciente all’autorità divina resa manifesta attraverso la proposizione della Chiesa. Ma se l’eresia è un errore (e un errore voluto) non ogni errore è un’eresia, poiché vi sono degli errori, e anche degli errori dottrinali, che non sono voluti come tali, cioè che non derivano da una opposizione cosciente all’autorità di Dio e della Chiesa, e che vanno persino di pari passo con una vita personale irreprensibile sul piano della virtù morale.
Tuttavia, l’errore resta quello che è ed è per questo che, anche se per pura ipotesi (dato e non concesso) uno scrittore ecclesiastico potesse meritare gli onori di una beatificazione o di una canonizzazione, la Chiesa può esitare e perfino rifiutare di concedergli il titolo di «Dottore della Chiesa».
La canonizzazione è meritata da colui che ha dato l’esempio della sue virtù eroiche. Il titolo di «Dottore» è meritato da colui i cui insegnamenti hanno dato in duplice esempio della sua ortodossia e della sua scienza eminente.
Certo, la santità deve andare sempre di pari passo con l’ortodossia, ma non sempre può essere riscontrata nell’ortodossia o nella scienza eminente richieste per il titolo di «Dottore».
In che misura questi due elementi devono essere esemplari? Spetta al Papa giudicare, ma nel farlo deve tenere conto di tutto ciò che è richiesto, nelle circostanze attuali, per la salvaguardia del bene comune di tutta la Chiesa, che è costituito dalla sua Tradizione.


5. Beatificato da Benedetto XVI nel 2010, il cardinale John Henry Newman (1801-1890) è stato canonizzato da Francesco il 13 ottobre 2019.
Ed ecco che un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede riporta che durante l’udienza concessa al cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, Papa Leone XIV «ha confermato il parere favorevole della sessione plenaria dei cardinali e vescovi, membri dello stesso Dicastero, relativo al titolo di Dottore della Chiesa universale che sarà conferito a San John Henry Newman» (8).

6. Nell’attesa degli argomenti che il Papa non mancherà di presentare per giustificare l’attribuzione di questo titolo, possiamo ripetere qui quello che abbiamo scritto sei anni fa in occasione della canonizzazione del defunto cardinale.
«Anche se la fede personale di Newman fosse rimasta intatta, la sua riflessione non potrebbe beneficiare di una raccomandazione troppo forte da parte della Chiesa» (9).
Questo si vede chiaramente in uno dei principali scritti del suo periodo cattolico: An Essay in Aid of a Grammar of Assent, ordinariamente indicato in modo abbreviato con «Grammatica dell’Assenso».

Henri Bremond (1865–1933) fece un elogio, che conosciamo, di «questa meravigliosa Grammatica dell’Assenso, che è per molti di noi e che sarà ancora di più per le generazioni future ciò che la Somma di San Tommaso e il Discorso sul Metodo furono per le generazioni precedenti» (10). Ma questo elogio incontrò, lo stesso anno in cui fu attribuito a Newman, un formidabile contraddittore, nelle colonne della Revue de philosophie (11), che fu ripreso l’anno seguente dalla Revue thomiste (12).
L’autore di questo magistrale studio che fa il punto su «La Filosofia delle Fede in Newman», fu don Emile Baudin (1875-1949), professore di filosofia al Collegio Stanislas, all’Istituto Cattolico di Parigi e alla Facoltà di teologia cattolica di Strasburgo.
Egli formulò la seguente critica.

7. «Newman non sembra essere solamente uno psicologo che si accontenta di studiare il fatto e il come della sua fede, ma anche un filosofo che cerca di trarne, in maniera più o meno cosciente e voluta, una teoria generale della fede.  Qual è il fondamento di questa filosofia – se questa espressione può essere usata per caratterizzare un sistema così ondivago? Newman sembra essere convinto che il principio, il punto di partenza e la base della sua dottrina si trovano nei dati dell’esperienza. Egli pensa di offrire quella che si potrebbe definire in stile comtiano (13) una dottrina positiva della fede, basata sui fatti, nient’altro che i fatti.
Ma sembra piuttosto che segua un processo inverso al metodo scientifico e che faccia appello all’esperienza per stabilire una dottrina preconcetta. Così la sua intera opera non sarebbe altro che un vasto ragionamento per ipotesi (14), con, come presupposto fondamentale, il fideismo (15) preso come dottrina e ancor più come atteggiamento. Essa non avrebbe quindi alcun fondamento oggettivo. Il fideismo, per Newman, è innanzi tutto un bisogno e un atteggiamento, poi una dottrina, poi una psicologia» (16).
Newman parte dal fatto della sua fede e intende mostrare che essa si giustifica (o che l’oggetto della sua fede è credibile) perché appare all’esperienza conforme alle aspirazioni della sua vita profonda, alla sua ricerca personale della verità.
Si riconosce qui quello che i teologi designano motivo interno individuale della credibilità. Newman mette l’accento su di esso, a rischio di trascurare altri motivi senza i quali questo sarebbe insufficiente, i motivi di credibilità esterni, come i miracoli e le profezie. Pertanto, nel newmanismo, «tutti gli argomenti sono soggettivi, ogni fede si confonde col desiderio di credere e ogni verità vera con la nostra verità utile. Il pragmatismo religioso, stabilendo le utilità, deve dunque offrire una giustificazione integrale della fede integrale, nonostante le restrizioni e le distinzioni introdotte dalla ragione ragionante» (17).

8. Mons. Honoré, che è uno degli specialisti riconosciuti della vita e del pensiero di Newman (18), non aveva dunque torto quando vedeva nella Grammatica dell’Assenso lo sviluppo magistrale «delle intuizioni che Blondel riprenderà più tardi nella sua Azione» (19).
Infatti, Blondel, il filosofo dell’azione, fondava la fede sulle necessità vitali dell’azione umana. Certo, Newman non si spinge fino a questo punto, adottando quello che sarà il principio stesso del modernismo di Blondel. Ma vi apre già la porta.
«Lasciamo fare le dimostrazioni», dice Newman, a quelli che ne hanno il dono, … per me è più consono al mio temperamento tentare una prova del cristianesimo nello stesso modo informale che mi permette di ritenere certo che sono venuto in questo mondo e che lo lascerò». L’argomentazione si riduce ad un «accumulo di probabilità varie». Egli sostiene che «a partire dalle probabilità possiamo costruire una prova legittima sufficiente a dare certezza (20).

Quest’ultima riflessione è cruciale, poiché mostra che Newman intende giungere ad una certezza. Proprio per questo il suo ragionamento, tratto dalla tesi delle probabilità convergenti, non cade sotto la condanna del Decreto Lamentabili che, nel 1907, diciassette anni dopo la morte del cardinale, sancì come reproba e proscrisse la seguente proposizione: «L’assenso della fede riposa in ultima analisi su un insieme di probabilità» (21).
Newman dice che la rivelazione può essere provata da un tale insieme di probabilità e che la ragione arriva a darne una certezza legittima, mentre agli occhi dei modernisti, anche di coloro che meglio comprendono i migliori argomenti dell’apologetica, questi non possono elevare nessuno al di sopra delle probabilità (22).
Non si deve dimenticare che Newman si preoccupava innanzi tutto, come Pastore, della fede dei semplici … ma anche con questo resta il fatto che il fideismo immanentista (23) soggiacente all’apologetica di Newman, per quanto fosse inconscio, aveva di che condurre un giorno alla filosofia dell’azione di  Maurice Blondel.

9. E’ opportuno attribuire all’autore di una simile riflessione, il titolo di Dottore della Chiesa?
Riflessione così ondivaga, dice Don Baudin, che il sistema del suo pensiero è «quasi senza spina dorale» e che «niente è più pericoloso dello sforzo di approntare l’equivalente di un’ossatura per un simile organismo» (24).

Oltre all’ortodossia netta e chiara, si potrà trovare là l’eminenza di una scienza sapientemente costruita?
Sfortunatamente noi crediamo di avere delle ragioni per dubitarne.



NOTE

1 - San Tommaso d’Aquino, Commento sul Trattato dei Nomi Divini di Dionigi l’Areopagita, capitolo II, lezione 1. Il Dottore Angelico spiega qui che il ricorso all’autorità dei santi Dottori è il mezzo per conservare intatta la regola della Scrittura. «Quia nos, a sacra Scriptura recipientes manifestationem Dei, ea quae in sacra Scriptura sunt posita, oportet nos custodire sicut quamdam optimam regulam veritatis, ita quod neque multiplicemus, addentes ; neque minoremus, subtrahentes ; neque pervertamus, male exponentes ; quia dum nos custodimus sancta ab ipsis custodimur et ab ipsis confirmamur ad custodiendum eos qui custodiunt sancta. Oportet enim non solum conservare ea quae in sanctis Scripturis sunt tradita, sed et ea quae dicta sunt a sacris doctoribus, qui sacram Scripturam illibatam conservaverunt ».
2 - In passato, questa consacrazione ha potuto essere effettuata dal Magistero ordinario dei vescovi; Oggi è riservata al Papa, che agisce solo a capo di un concilio ecumenico.
3 - Robert Lesage, «Dottori della Chiesa» nell’Enciclopedia  pubblicata sotto la direzione di Gabriel Jacquemet, Catholicisme hier aujourd’hui et demain, t. III, 1952, Letouzey et Ané, col. 936.
4 – Melchior Cano OP (1509–1560), è uno dei principali teologi della Scuola di Salamanca, del sedicesimo secolo. La sua opera principale è il Trattato dei Luoghi Teologici (De locis theologicis), che fu pubblicato dopo la sua morte nel 1563.
5 – Melchior Cano, Dei Luoghi Teologici, libro VII, capitoli 1 e 2.
6
- Lesage, ibidem.
7 - Si veda l’articolo «Newman» nel numero del Courrier de Rome di dicembre 2019.
8https://www.vaticannews.va/fr/pape/news/2025–07/cardinal-newman-proclame-docteur-eglise.html
9 - Articolo « Newman» nel numero del Courrier de Rome di dicembre 2019, § 9, p. 8.
10 - Henri Brémond, Newman. Essai de biographie psychologique, [Newman, Saggio di biografia psicologica] Parigi, 1906, p. 8.
11 - Revue de philosophie del 1 giugno 1906 (pp. 571–598), 1 luglio 1906 (pp. 20–55), 1 settembre 1906 (pp. 253–286) e 1 ottobre 1906 (pp. 373–391).
12 - Revue thomiste del 1906, pp. 723–733 e del 1907, pp. 222–231.
13 - Cioè secondo lo stile di Auguste Comte (1798–1857), autore del pensiero positivista, il quale intende basarsi unicamente sui fatti.
14 - Il ragionamento per ipotesi è un ragionamento che presuppone la verità di una data interpretazione dei fatti (chiamata «ipotesi»), e che ne deduce le conseguenze logiche. Se queste conseguenze spiegano sufficientemente i fatti, l’interpretazione è provvisoriamente ritenuta vera.
15 - Il fideismo è una posizione a volte filosofica e a volte teologica, secondo cui la verità può essere stabilita solo mediante un argomento d’autorità; la verità è oggetto di credenza o di fede, non di scienza. Il fideismo assume forme diverse a seconda che ritenga che tutta la verità o solo un certo tipo di verità, come la verità religiosa, debba essere oggetto di credenza. Il fideismo, che intende fare a meno della dimostrazione dell’esistenza di Dio e dei motivi esterni ed oggettivi di credibilità razionale (i miracoli e le profezie) è stato condannato dalla Chiesa.
16 - Revue thomiste del 1906, p. 728.
17 - Revue thomiste del 1907, p. 226.
18 - Cfr. Jean Honoré, « Newman » in Catholicisme, hier aujourd’hui et demain, t. IX, Letouzey et Ané, 1982, coll. 1183–1188.
19 - Honoré, ibidem, col. 1186.
20 - H. Tristram e F. Bacchus, « Newman » nel Dictionnaire de théologie catholique, t. XI, prima parte, Letouzey et Ané, 1931, col. 395.
21 - Proposizione condannata n° 25, DS 3425
22 - Su questo argomento Cfr. le riflessioni di S. Harent nell’articolo «fede» del Dictionnaire de théologie catholique, t. VI, prima parte, Letouzey et Ané, 1947, col. 194–195.
23 - Il fideismo immanentista è una concezione dell’apologetica in cui la verità creduta appare vera principalmente nella misura in cui è conforme alle intime aspirazioni della coscienza.
24 - Revue thomiste del 1906, p. 723.




 




Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, di ecclesiologia e di dogma al Seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali fra Roma e la Fraternità San Pio X tra il 2009 e il 2011.




 
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