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Conoscete il linguaggio sinodale? ![]() All’inizio del mese di
luglio 2025, la Segreteria Generale del Sinodo sulla Sinodalità
ha pubblicato un documento di 24 pagine: Pistes pour la phase de mise en œuvre du
synode 2025-2028 [Percorsi per la fase di attuazione del Sinodo
2025-2028], redatto con un linguaggio simile a quello dell’ONU.
Eccone un campione: «Il dinamismo che anima la Dichiarazione Finale [del Sinodo] e che la fase di attuazione è chiamata ad assumere, deriva dalla continua articolazione di alcune polarità e tensioni che strutturano la vita della Chiesa e il modo in cui la esprimono le categorie ecclesiologiche». Questo gergo tecnocratico dimostra eloquentemente quanto la sinodalità sia una ideologia senza rapporto con la realtà. Il linguaggio comune non può esprimere la sua eccezionale singolarità, ed è per questo che viene adottato un idioma tutto proprio. A metà luglio, l’Agenzia svizzera cath.ch ha espresso preoccupazione per il fatto che gruppi di pressione, in particolare americani, avrebbero tentato di forzare Leone XIV ad abrogare il Motu Proprio Traditionis custodes, che restringe drasticamente l’uso del Messale di San Pio V. I vecchi progressisti sventolano lo spauracchio di una restaurazione del «microcosmo parrocchiale con catechesi, celebrazione dei sacramenti, pellegrinaggi, corali, gruppi giovanili e talvolta anche scuole, secondo il modello di una società cristiana della prima metà del XX secolo e ormai superata [sic]». Essi si preoccupano di una rimessa in questione della sinodalità e più ancora della «eredità del Vaticano II». Ma si rassicurano a poco prezzo: i tradizionalisti sono solo una «infima minoranza» e «le loro lamentele hanno poche possibilità di cambiare qualcosa nella questione». Sfortunatamente, questi paleo-progressisti sbagliano avversario. La minaccia che grava sulla Chiesa «conciliare» - oggi «sinodale» - non è quella che credono. Se a partire dagli anni Sessanta, la pratica religiosa è in caduta libera, se il numero delle vocazioni diminuisce in maniera tragica, questo non è colpa dei sacerdoti e dei fedeli legati alla Tradizione. I fatti non sono tradizionalisti, le cifre non sono integraliste, essi sono semplicemente quelli che sono, ostinatamente inconfutabili. Gli archeo-progressisti non vedono il vero pericolo; non comprendono che un «Sinodo sulla sinodalità» - che un giorno potrebbe diventare un «concilio sulla conciliarità»! – è in realtà una ideologia egocentrica e fuori del mondo. Questa ideologia non è fecondata dalla realtà, è sterile, ed essa lo prova efficacemente da 60 anni: parrocchie deserte, seminari chiusi, discorsi vuoti che mettono insieme parole vuote, di cui il linguaggio sinodale è l’ultima incarnazione. A forza di rifiutare le sue radici romane, la Chiesa «sinodale» ha perso il suo latino. Essa non sa più cosa significhi errare humanum est, e ignora cosa significhi perseverare diabolicum. Questa perseveranza si traduce in un atto suicida: quando una ideologia rifiuta ogni ritorno alla realtà, la realtà si ritorce contro questa ideologia. Inesorabilmente, con i fatti e con le cifre. |