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San Tarcisio ![]() San Tarcisio lapidato dai pagani San Tarcisio, Primo Martire dell’Eucarestia
(+ 257)
Festa: 15 agosto ![]() Tarcisio, giovane santo fedele a Gesù nell’Eucarestia fino al martirio, può servire da modello e da protettore al ragazzo che vuole perseverare, malgrado tutti gli ostacoli, nel dolce e coraggioso fervore della sua Prima Comunione. Chi non conosce, almeno di fama, l’amabile ed energica figura del giovane accolito Tarcisio, il Martire dell’Eucarestia? Essa è stata trovata, soprattutto ai nostri giorni, così seducente che se ne è impadronita la leggenda, e lo stesso celebre cardinale Wiseman, autore di Fabiola, ha immaginato a partire dalla persona e dalla vita di Tarcisio i racconti più fantasiosi, ma che hanno contribuito potentemente alla popolarità del giovane Martire. Tali racconti sono certo graziosi, e talvolta molto commoventi, ma hanno poco a che fare con la semplice verità. La storia autentica parla un altro linguaggio, senza che l’eroe cristiano perda alcunché della sua pura gloria e della nostra calorosa simpatia. Tarcisio è vissuto verso la metà del III secolo, e si pensa che sia morto nell’anno 257, sotto il pontificato di Papa Santo Stefano I. Il suo nome, che sembra di origine greca, richiama l’idea di fiducia e di coraggio; e si può dire che egli ne abbia perfettamente realizzato il significato con la sua eroica condotta di fronte ai pagani. L’accolito Giovane cristiano nato senza dubbio da genitori cristiani, forse figlio di Martiri, egli fu fin dalla più tenera età destinato e preparato alle auguste funzioni, allora molto pericolose, del sacerdozio; intorno ai dodici o tredici anni prese posto tra i giovani leviti: i lettori, ai quali la Chiesa insegnava, con gli elementi della religione, la conoscenza della Sacre Scritture, e che gradualmente avviava al servizio dell’Altare e delle cerimonie della sacra liturgia. Egli crebbe in questa atmosfera santificante, vide Papi, vescovi e laici in gran numero versare il loro sangue in difesa della loro fede e il suo coraggio fu ravvivato dallo spettacolo di questi eroismi. Successivamente fu fatto salire uno ad uno gli scalini più bassi della gerarchia ecclesiastica; e quando raggiunse i venti anni fu giudicato degno di rivestire la tunica bianca degli accoliti. Infatti, solo dopo aver compiuto i venti anni, il giovane chierico poteva aspirare all’accolitato. Si trattava di misura saggia, perché allora le funzioni dell’accolito avevano una importanza molto grande e non era possibile conferirli a dei bambini e neanche a degli adolescenti. Oggi, le funzioni ordinarie degli accoliti si limitano al trasporto dei lumi nelle cerimonie e negli offici della Chiesa e a presentare il vino e l’acqua che servono per il sacrificio, funzioni consentite anche ai chierichetti. Ma una volta la loro responsabilità era molto più ampia: gli accoliti servivano e accompagnavano il vescovo ed è per questo che si chiamavano accoliti: un termine greco che significa accompagnare. Poiché i diaconi non erano sempre sufficientemente numerosi, i vescovi ricorrevano talvolta alla discrezione e alla dedizione degli accoliti per diverse missioni di fiducia, come portare le loro lettere alle chiese, chiarire i dubbi e rafforzare la fede dei fedeli, infondere coraggio, mantenere la disciplina e il fervore. I vescovi li incaricavano anche di portare le uologies o pane benedetto e anche, in mancanza di diaconi, veniva loro consesso l’onore di portare la Santa Eucarestia ai cristiani impediti a partecipare ai Sacri Misteri o rinchiusi in prigione dai persecutori, perché non volevano trascurare la comunione frequente così cara ai primi cristiani. L’erudito cardinale Bona afferma anche che questo ministero rientrava nelle attribuzioni ordinarie e ufficiali degli accoliti. Le funzioni degli accoliti consistevano anche nel reggere un salmoè d’argento da cui i fedeli bevevano il vino consacrato nel calice portato dal suddiacono, e la patena destinata a raccogliere le particelle che potevano cadere dal Pane eucaristico che distribuiva il diacono durante la Comunione. Da qui si comprende l’importanza di queste funzioni e soprattutto i pericoli ai quali, in tempo di persecuzioni, esponevano coloro che ne erano incaricati. Per questo esse venivano affidate generalmente solo ad uomini di provata virtù e la cui fermezza nella fede era garanzia di fedeltà. La persecuzione – Papa Santo Stefano La storia non ci ha lasciato alcun dettaglio della vita di Tarcisio, ha conservato solo il ricordo della sua morte gloriosa. I dettagli che ci ha trasmessi sono molto sobri, è vero, ma bastano a darci un’idea della intrepidezza della sua fede e dell’ardore del suo amore per la Santa Eucarestia. Tarcisio, accolito di Papa Santo Stefano I, doveva essere nel fiore dei suoi venti o venticinque anni quando subì il martirio. Si era nell’anno 257, sotto il regno del crudele Valeriano. Questo Imperatore all’inizio si era dimostrato favorevole ai cristiani, aveva fatto cessare la terribile persecuzione di Decio e Gallo, ma i suoi perversi consigli lo portarono presto alla violenza. Emanò un editto che proibiva ai discepoli di Cristo ogni culto collettivo, li obbligava a partecipare ai sacrifici pagani e sequestrava i loro cimiteri. La Chiesa fu improvvisamente gettata in un grande trambusto; i persecutori colpivano soprattutto i capi e un gran numero dei capi della santa gerarchia furono braccati e imprigionati. Il Papa Santo Stefano, pieno di sollecitudine per il gregge di Gesù Cristo, operava con infaticabile zelo a sostenere la fede dei fedeli di Roma e ad ottenere ogni giorno sempre più numerose conversioni tra i pagani. Gli Imperatori, irritati per la condotta del santo Pontefice, pubblicarono un editto col quale ordinarono che i cristiani fossero denunciati e condotti a loro, promettendo come ricompensa i beni di coloro che fossero stati consegnati. A questa novità, Stefano radunò i sacerdoti, i chierici e i fedeli presenti a Roma e li esortò a prepararsi, con la preghiera e col disprezzo dei beni temporali, a sostenere lo sforzo della tempesta che li minacciava. Un sacerdote, di nome Bonus, prese la parola e disse che tutti erano disposti, non solo a perdere i loro beni, ma anche a dare il loro sangue per la causa di Gesù Cristo. Tutti applaudirono questa risposta, che procurò una gioia molto grande al venerabile Pontefice. Tuttavia, per sfuggire alle ricerche dei pagani, che miravano soprattutto a lui, e per continuare in sicurezza il suo ministero di Capo della Chiesa, Stefano si ritirò nel cimitero sotterraneo o Catacomba di Callisto, vicino a Roma. E’ noto che questi lunghi corridoi sotterranei, fiancheggiati da tombe poste una sull’altra, servivano spesso da rifugio ai cristiani durante le persecuzioni dei primi secoli. Ad intervalli il corridoio passava per scavi più spaziosi, sorta di cappelle, in cui si riunivano i fedeli per assistere al Sacrificio della Messa e partecipare ai Santi Misteri. Dalla profondità di questi oscuri e silenziosi rifugi, il Santo Papa continuava a governare la Chiesa: sosteneva la fede dei fedeli, battezzava i pagani convertiti che gli venivano condotti, amministrava i sacramenti della Cresima e dell’Eucarestia. Tuttavia, siccome poteva essere denunciato ed arrestato da un giorno all’altro, incaricò tre sacerdoti, sette diaconi e tredici chierici inferiori di assicurare il governo del popolo cristiano dopo la sua morte. Vi è ragione di credere, come ci mostrerà il seguito, che l’accolito Tarcisio fosse tra questi ultimi. Le previsioni del santo Pontefice non tardarono a realizzarsi. Un giorno che celebrava i Santi Misteri in una delle cappelle sotterranee della Catacomba di Callisto fu sorpreso dai soldati dell’Imperatore Valeriano. Senza scomporsi per il loro ingresso tumultuoso, Stefano rimase all’Altare e completò con imperturbabile serenità il divino Sacrificio, poi andò a sedersi sulla sua cattedra episcopale, come per esortare per l’ultima volta i cristiani che lo attorniavano. Allora, senza rispetto per la santità del luogo, né per la dignità del Pontefice, i soldati si avventarono su di lui e gli tagliarono la testa. Martirio di San Tarciso L’odio dei pagani non fu soddisfatto dal sangue del Pastore e la persecuzione continuò con rabbia contro le pecore del gregge. Gli accoliti ebbero così molto da fare per visitare i prigionieri e portare loro il Pane dei forti: la Santa Eucarestia. Un giorno, Tarcisio partì col suo prezioso fardello, che aveva posto sul petto e ricoperto con la sua ampia toga. Dalla Catacomba di Callisto, egli risalì la via Appia fino a quasi Porta Capena; qui, un gruppo di soldati imperiali, senza dubbio in osservazione, lo vide e lo riconobbe come cristiano. Comprendendo dal suo passo e dal suo portamento che portava qualche oggetto sacro, gli sbarrarono il passo e gli ordinarono di mostrar loro ciò che teneva così misteriosamente. “Che farà Tarcisio, solo contro
dieci, contro venti o più ancora? … Attingendo all’ardore della
sua fede e al suo amore per il sacro carico che porta, alle forze e al
vigore soprannaturali, il generoso accolito rifiuta, resiste e si
difende così bene che riesce a tenere testa per un po’ di tempo
a questa banda sacrilega …
“Per aver ragione di questo valoroso
atleta, i pagani si armano vigliaccamente di pietre e bastoni. In un
momento essi fanno piovere su di lui una grandinata di colpi … Non
avendo più speranza di salvezza, Tarcisio oppone ai suoi nemici
solo la forza della sua preghiera.
“O Dio! – mormora – la mia vita è
nulla, ma Voi siete tutto! Devo dunque lasciarVi profanare da mani
sacrileghe? … Ah! Di grazia, risparmiaTi un tale oltraggio e
risparmiami un tale dolore!
“E dicendo queste parole, stringe con amore
sul suo petto il divino tesoro che porta nascosto … Ma già
l’eroico giovane sopraffatto da questa grandinata di colpi, è
caduto bagnato nel suo sangue.
“Ma le sue mani stringono ancora con forza
questo tesoro mille volte più prezioso della sua vita. Ma i
barbari pagani, determinati a rubarglielo, continuano a colpire senza
pietà la loro vittima. Infine, esausto per il sangue perduto,
Tarcisio rende a Dio la sua bella anima.
“Tuttavia, gli assassini cercarono con
febbrile avidità tra le vesti del Martire per impadronirsi
dell’adorabile Eucarestia. Ma invano, sebbene rivoltassero e
rigirassero il suo corpo in ogni direzione, non riuscirono a trovarla.
“Cos’era avvenuto? Tarcisio aveva avuto il
tempo di comunicarsi con essa e di offrirle nel suo cuore un asilo in
cui la loro empietà non potesse raggiungerla; o più
probabilmente Dio l’aveva miracolosamente resa invisibile? Comunque,
qualcosa di soprannaturale dovette accadere in quel momento,
poiché gli Atti dei Santi ci fanno sapere che colti da un
improvviso terrore i pagani lasciarono la loro vittima e si diedero
alla fuga.
Tale è nella sua sublime
semplicità la morte del primo Martire dell’Eucarestia”
![]() I pagani ordinano a Tarcisio di mostrar loro quello che porta Le Reliquie I cristiani furono presto informati di questa tragica morte e, a rischio di cadere anche loro sotto i colpi dei pagani, si affrettarono a raccogliere il corpo inanimato dell’intrepido accolito e di trasportarlo nella Catacomba di Callisto, dove gli fecero un funerale onorevole. Fu sepolto, a detta della tradizione nella stessa cripta dei Papi, a fianco del Pontefice Stefano, secondo alcuni autori; vicino al Papa San Zefirino, secondo altri. Un antico necrologio greco, quello dell’Imperatore Basilio, afferma addirittura che Tarcisio fu seppellito con la Santa Eucarestia che teneva ancora tra le mani. Davanti a questa tomba, i pellegrini dei primi secoli amavano fermarsi per pregare e custodivano una lampada la cui luce illuminava quel sacro recinto. Sembrerebbe addirittura che l’olio della lampada fosse considerato miracoloso, poiché l’Abate Giovanni, detto il Peccatore, ne raccolse un po’ in un’ampolla che portò, verso l’anno 600, alla Regina dei Longobardi, la celebre Teodolinda. Nel IV secolo, San Damaso, che sedette sul Trono di San Pietro dal 367 al 384, «cercò e scoprì i corpi di un grande numero di Santi». E’ famoso in particolare lo studio che fece delle Catacombe. Fu visto perlustrare tutte le tombe dei Martiri, distinguendole dalle altre giudiziosamente e dottamente e segnandole per la venerazione dei fedeli con iscrizioni in versi latini, che sono come decreti di canonizzazione. Arrivò fino alla tomba di Tarcisio e alla vista di questo umile angelo del santuario elevato per il suo martirio alla pari dei Papi, San Damaso si sentì preso da un pio entusiasmo e scrisse un epitaffio in cui, dopo aver assimilato San Tarcisio a Santo Stefano, a causa della similitudine del loro martirio: la lapidazione, concluse così: «San Tarcisio se n’è andava portando il sacramento di Cristo, quando degli uomini criminali gli fecero violenza e volevano costringerlo a rivelare a dei profani i nostri sacri misteri, per schernirli, ma lui preferì rendere l’anima a Dio sotto i loro colpi piuttosto che consegnare a tradimento le membra celesti ai cani rabbiosi». Più tardi, nel VII secolo, questo prezioso tesoro fu posto nella chiesa di San Sisto, costruita sopra la Catacomba; nel 761, Papa San Paolo I lo fece trasferire all’interno di Roma donandolo alla chiesa di San Silvestro in capite, nel Campo Marzio. Fu deposto in un ipogeo e un dipinto ricorda la scena del suo martirio. Si suppone che sia ancora lì. Tuttavia, una parte dovette essere perduta, perché nel XIX secolo un frammento osseo era presente a Napoli, nella chiesa di San Domenico: sotto un Altare molto semplice una modestissima effigie in legno dipinto portava, incastonato nel petto, un grosso medaglione che conteneva un osso. Questa Reliquia fu segnalata dal cardinale Wiseman ad un francese: il marchese di Lambertye, di Gerbéviller, che riuscì ad ottenerla grazie ad un compatriota: il reverendissimo Padre Jandel, Maestro Generale dei Domenicani. Essa fu trasportata nella cappella del Castello di Gerbéviller ((Meurthe-et-Moselle), dove si trova attualmente, deposta in un prezioso Reliquiario. In occasione di questa traslazione, M. de Cambertye aveva commissionato allo scultore Falguière, allora a Roma, una statua in marmo del giovane Martire. Esposta al Salon del 1868, essa ottenne una medaglia d’oro. Irreprensibile dal punto di vista artistico, essa ha un difetto: l’estrema giovinezza del Martire: è un bambino e non un uomo giovane. Più tardi, l’artista ne eseguì una copia resa celebre dall’immagine: è quella che si trova a Parigi, nel museo di Lussemburgo. Questa statua ci offre un eccellente simbolo della situazione presente nelle nostre città del Dio dell’Eucarestia: essa dovrebbe essere nascosta invece di essere portata trionfalmente e quando, per portarla ai moribondi, il sacerdote passa per le strade con questo tesoro celeste, nasconde agli sguardi tutto ciò che potrebbe tradire la presenza del Salvatore, come un complice nasconderebbe gli indizi di un noto malfattore. Il culto Questo valoroso e santo giovane ci appare come il patrono e il modello del giovane cristiano che, a costo di tutti gli sforzi e di tutti i sacrifici, conserva e difende tutti i sacri depositi ricevuti da Dio: deposito della fede del suo Battesimo, deposito dei doni dello Spirito Santo ricevuti con la Cresima, deposito della grazia santificante e dell’unione con Dio ricevuti nell’Eucarestia, deposito, infine, di tutte le grazie particolari che alla bontà di Dio è piaciuto concedergli. Anche in alcuni patronati cattolici di operai, a Parigi, vi è un Altare dedicato a San Tarcisio, dove i giovani e gli uomini si recano come in pellegrinaggio, non solo nel giorno della festa: il 15 agosto, ma anche nel giorno del Corpus Domini. E’ sotto il suo patronato che è stata fondata a Roma, nel 1905, una pia associazione di giovani: il Collegium Tarsicii. Una associazione romana Un giovane sacerdote di viva intelligenza e di inesauribile devozione voleva porre rimedio al modo difettoso con cui i fedeli assistono alla Santa Messa: presenti col corpo sono assenti con l’anima, e sembrano non seguire e non comprendere l’ammirevole svolgimento dei Santi Misteri, di cui sono gli spettatori oziosi e spesso annoiati. Egli radunò una piccola legione di giovani dalla mente colta, dall’anima pia e dal cuore preso dalla dignità e dallo splendore del culto eucaristico. Egli decise di insegnare a questa élite il vero modo per assistere alla Messa, prendendovi parte attiva. Esso si sarebbe avvicinato quanto più possibile alla liturgia della Chiesa originaria: già la stessa cappella, con la sua forma, il suo Altare, i suoi arredi, i suoi addobbi, la sua decorazione, avrebbe dovuto ricordare le Catacombe; il celebrante avrebbe dovuto stare di fronte ai fedeli invece di voltare loro le spalle; avrebbe dovuto pronunciare a voce alta e intellegibile tutte le parole che il cerimoniale prescrive di recitare a voce alta; gli assistenti avrebbero dovuto rispondere al sacerdote tutti insieme e non più solo uno o due chierichetti; tutti avrebbero dovuto tenere in mano un piccolo manuale intitolato: IXTHUS. Non si poteva trovare un miglior patrono e un più perfetto modello del Paladino della Santa Eucarestia, quindi gli associati ricevettero l’abito dello stesso accolito Tarcisio: la vestis talaris con le sue ampie pieghe e il suo candore immacolato. Ritornando così al modo di fare dei primi secoli si sarebbe senza dubbio ritrovato lo stesso animo e la stessa pietà. Tutti questi progetti furono realizzati; l’associazione venne eretta canonicamente con la sede nei locali del Vicariato. Pio X si felicitò e benedì affettuosamente i suoi membri; il 1 gennaio 1907, egli ammise tutti i Tarsicii e li comunicò egli stesso. Di tanto in tanto, in certe feste, il Collegium Tarsicii celebrava la Messa nelle Catacombe, con uno spettacolo particolarmente commovente per la sua semplicità. Il culto delle Catacombe e dei ricordi che esse richiamano ebbe una parte importante nella pietà degli associati, perché San Tarcisio, Martire dell’Eucarestia, è anche il Santo delle Catacombe; egli vi trascorse la sua giovane vita al servizio dell’Altare, vi celebrò la vittoria dei Martiri e vi depose le sue membra insanguinate; i suoi discepoli amano recarsi lì per attingere da più vicino dal suo spirito e dalle sue vigorose virtù. |