Matrimonio sotto attacco?

Una risposta dal magistero di Leone XIII




di Fabio Fuiano


Pubblicato su Corrispondenza Romana





Palazzo di Giustizia a Roma



A partire dal 12 agosto 2025 è rimbalzata su diverse testate giornalistiche la notizia secondo cui la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20415 del 21 luglio, avrebbe per la prima volta legittimato gli “accordi prematrimoniali” in Italia, limitatamente ad aspetti economici e patrimoniali.
La separazione è posta dalla Cassazione come condizione necessaria per l’efficacia delle pattuizioni stipulate dai coniugi.

Ciò costituisce un ulteriore colpo inferto al matrimonio: infatti, se già la semplice possibilità del divorzio, come ricordato in occasione del cinquantesimo anniversario della promulgazione dell’iniqua legge 898/70, è di per sé sufficiente ad attentare gravemente ai fini del matrimonio, con la possibilità dei patti prematrimoniali, non si potrà che esacerbare l’inimicizia tra marito e moglie. Molti si sposeranno partendo già dall’idea che il matrimonio finirà e che il coniuge-nemico dovrà sottostare a quanto pattuito, pena una guerra senza sconti

Solo il 16 maggio 2025. in un discorso al Corpo Diplomatico, Papa Leone XIV aveva ricordato l’insegnamento del suo predecessore, Leone XIII, nell’enciclica Rerum Novarum (1891), nella quale la famiglia veniva definita come «società domestica, società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società; perciò, con diritti e obbligazioni indipendenti dallo Stato».

Durante la S. Messa per il recente Giubileo delle Famiglie, il 31 maggio 2025, Papa Prevost ha ricordato che il matrimonio «non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo».
È significativo che il nuovo Pontefice abbia fatto proprio non solo il nome di Leone XIII, ma anche il suo luminoso insegnamento su famiglia e matrimonio.
È quanto mai utile oggi ricordarlo, di fronte ai continui attacchi che questa istituzione naturale continua a subire.

L’Enciclica in cui Leone XIII ha esposto in modo più strutturato la dottrina della Chiesa sul punto è la Arcanum Divinae del 10 febbraio 1880. In essa, ha anche illustrato gli errori che attentano l’integrità del matrimonio, tra i quali il maggiore è il naturalismo.
Solo quattro anni più tardi, nell’Enciclica Humanum Genus, ha riassunto in poche parole il cuore di questo errore secondo il quale il matrimonio «non è altro che un contratto civile; può legittimamente rescindersi a volontà dei contraenti; il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato […]. Ora questi principi i massoni li accettano senza riserva: e non solo li accettano, ma si studiano da molto tempo di fare in modo che passino nei costumi e nell’uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamente per nulli i matrimoni non celebrati nella forma civile; altrove le leggi permettono il divorzio; altrove si fa di tutto perché sia quanto prima permesso. Così si corre in fretta con l’intenzione di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a capriccio».

Nella Arcanum, Papa Pecci ebbe a ricordare che «è legge divinamente sancita che le cose istituite da Dio e dalla natura risultano sperimentalmente tanto più utili e salutari quanto più rimangono integre ed immutabili nel loro stato originale, dato che Dio, creatore di tutte le cose, ben conobbe ciò che alla istituzione e al mantenimento di ciascuna sia conveniente, e con la volontà e con la mente sua le ha tutte ordinate in modo che ognuna debba opportunamente raggiungere il suo fine. Ma se la temerità e la malvagità degli uomini vogliono mutare e sconvolgere l’ordine delle cose provvidamente stabilito, allora anche le cose istituite con somma sapienza ed altrettanta utilità cominciano a nuocere o cessano di giovare, sia perché col mutare abbiano perduto la virtù di far bene, sia perché Iddio stesso voglia piuttosto castigare siffatte manifestazioni dell’orgoglio e dell’audacia dei mortali». In particolare, «coloro che negano che il matrimonio è sacro e, spogliatolo d’ogni santità, lo relegano nel novero delle cose profane, rovesciano le fondamenta della natura, e come si oppongono ai consigli della provvidenza divina, così ne abbattono, per quanto sta in loro, le istituzioni. Pertanto, non deve suscitare meraviglia che da tali sforzi forsennati ed empi si generi quella moltitudine di mali, di cui niente è più pernicioso alla salute delle anime ed alla incolumità degli Stati».

Eliminando la fecondità della religione nel matrimonio e cancellandone la nobile nozione che la natura aveva impressa negli uomini, esso non può che diventare schiavo dei vizi: infatti, «rimosso il timore salutare di Dio, e tolto ai miseri il conforto che si trova nella religione cristiana, del quale non esiste uno maggiore, avviene sovente […] che sembrino quasi insopportabili gli obblighi e gli altri pesi del matrimonio. Conseguentemente molti desiderano che sia sciolto quel vincolo che credono dipendere dal diritto umano e dal loro libero arbitrio, nell’ipotesi in cui la diversità dei caratteri, la discordia o la violata fedeltà da parte dell’uno o dell’altro, o il consenso di entrambi, od altri motivi li persuadano che sia necessario scioglierlo. E se per avventura la legge vieta loro di soddisfare alla protervia delle loro voglie, allora gridano che le leggi sono ingiuste, disumane, in piena contraddizione con il diritto di liberi cittadini, e perciò si deve ad ogni modo far sì che, rigettate ed abrogate quelle, si stabilisca con una legge più umana che sono leciti i divorzi».

Da ciò, derivano numerosi mali che il Papa descrive dettagliatamente: «si rendono mutabili le nozze; si diminuisce la mutua benevolenza; si danno pericolosi eccitamenti alla infedeltà; si reca pregiudizio al benessere e all’educazione dei figli; si offre occasione allo scioglimento delle comunità domestiche; si diffondono i semi delle discordie tra le famiglie; si diminuisce e si abbassa la dignità delle donne, le quali, dopo aver servito alla libidine degli uomini, corrono il rischio di rimanere abbandonate. E poiché per distruggere le famiglie e abbattere la potenza dei regni niente ha maggior forza che la corruzione dei costumi, è opportuno conoscere che contro la prosperità delle famiglie e delle nazioni sono funestissimi i divorzi, i quali nascono da depravate consuetudini e, come attesta l’esperienza, aprono l’adito ad una sempre maggiore corruzione del costume pubblico e privato».

Per di più, ammoniva Leone XIII, «non vi sarà mai alcun freno tanto potente che valga a contenere la licenza entro certi e prestabiliti confini, una volta che sia stata concessa la facoltà dei divorzi. È grande la forza degli esempi; maggiore quella delle passioni. Per tali eccitamenti avverrà certamente che la sfrenata voglia dei divorzi, serpeggiando ogni dì più largamente, invaderà l’animo di moltissimi, simile a morbo che si sparge per contagio, o come torrente che, rotti gli argini, trabocca».

Parole scritte ben 145 anni fa, ma di una attualità sconvolgente, basti un fugace sguardo ai dati sulle famiglie nel nostro paese.

S. Agostino, rivolgendosi idealmente a Santa Madre Chiesa, ebbe a dire «Tu addestri e ammaestri i fanciulli con mezzi adatti ai fanciulli, i giovani parlando loro con forza, i vecchi con calma, assecondando l’età non solo del corpo ma anche dello spirito. Tu spingi le mogli alla casta e fedele obbedienza verso i mariti non per il soddisfacimento delle passioni ma per la procreazione dei figli e per la salvaguardia della famiglia. Tu poni i mariti in posizione dominante rispetto alle mogli non perché sfruttino il sesso più debole, ma perché accettino il vincolo di un amore sincero. Tu sottoponi i figli ai genitori con una sorta di libera schiavitù, e concedi ai genitori un tenero dominio sui figli…».

Se vogliamo davvero un futuro, bisogna far sì che l’istituzione famigliare non rimanga in balia delle sentenze della Cassazione ma che venga nuovamente posta sotto la custodia della Chiesa.


 
agosto  2025
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