La subordinazione dell’ordine temporale

all’ordine spirituale

secondo San Tommaso






Incoronazione di Carlo Magno



Lo spirituale sta al temporale nella Chiesa
come l’anima sta al corpo nell’uomo


Una analogia con l’anima e il corpo


Quando San Tommaso spiega l’intervento del potere spirituale nelle questioni temporali, ricorre all’analogia tra anima e corpo.

All’obiezione che dice: “Il potere spirituale è distinto dal potere temporale, ma talvolta i prelati, che hanno potere spirituale, interferiscono in cose che appartengono al potere temporale”, San Tommaso risponde: “Il potere secolare è soggetto al potere spirituale come il corpo lo è all’anima; e quindi non c’è giudizio usurpato se un prelato spirituale interferisce nelle questioni temporali rispetto a quelle questioni in cui il potere secolare è soggetto a lui, o che il potere secolare lascia alla sua cura” [1].

Le cose analoghe non sono certamente uguali in tutto, ma tutte le analogie considerate prima non sono metaforiche, bensì specifiche, per ciò che hanno di più caratteristico.
Paragonando la costituzione dello spirituale e del temporale nella Chiesa con quella dell’anima e del corpo nell’uomo, vogliamo affermare, anzitutto, che:

- Non sono due realtà compiute nel loro ordine, bensì due co-principi che costituiscono un tutto unico.
Come il corpo e l’anima non sono due sostanze che esistono separatamente, bensì due principi che si completano a vicenda affinché esista l’unica sostanza composta che è l’uomo, così anche l’ordine spirituale e quello temporale non sono due entità che possono esistere separatamente come realtà compiute, bensì due elementi complementari di un’unica e medesima realtà sociale: la Chiesa.

- All’obiezione che la Chiesa e lo Stato sono due società perfette, la risposta è che sono società perfette sotto l’aspetto giuridico, nel senso che entrambi i poteri sono supremi nel loro ordine, ma entrambi gli ordinamenti giuridici hanno gli stessi uomini come sudditi ed entrambi sono necessari per raggiungere lo stesso e unico fine ultimo soprannaturale.

In secondo luogo, si afferma che si tratta di principi veramente distinti, con origini distinte e capaci di separazione: come l’anima ha la sua origine in Dio e il corpo nei suoi genitori, e dopo essere stati uniti potrebbe separarsi, lasciando l’anima nella sua condizione atemporale e il corpo divenendo un cadavere, così anche il potere spirituale viene dall’alto e il potere temporale ha le sue radici nella storia della nazione e potrebbe separarsi, lasciando la Chiesa trionfante in Cielo e sulla terra i cadaveri delle città.
Ma, come la separazione totale del corpo e dell’anima implica la morte dell’uomo, così anche la completa separazione del potere spirituale da tutta la società temporale implicherebbe la morte della Chiesa militante, cosa che Cristo ha promesso che non sarebbe accaduta.

Non è facile comprendere questo duplice aspetto apparentemente contraddittorio attraverso il quale abbiamo un’unica realtà ma allo stesso tempo una distinzione reale, e solo il genio di Aristotele poteva esprimerlo con le nozioni di materia e forma (potenza e atto).
Per comprendere meglio come possano costituire la stessa cosa, dobbiamo considerare come questi due principi si abbracciano in reciproca causalità. Abbiamo allora che:

- Come l’anima è la forma che vivifica e muove il corpo, e il corpo è materia e strumento dell’anima, così avviene per gli ordini spirituale e temporale.

- E come l’anima e il corpo costituiscono una sola sostanza e non hanno fini diversi se non quello di contribuire all’unico fine dell'uomo, così anche l’ordine spirituale e quello temporale costituiscono un solo organismo sociale e non hanno fini diversi se non quello di contribuire all’unico fine della Chiesa: la salvezza delle anime.

Se ora guardiamo indietro, tutto ciò che abbiamo detto indica dove risiede l’errore: i due ordini sono considerati non come co-principi, ma come realtà compiute. Ma, come abbiamo detto, quando il corpo perde lo spirito, non esiste un animale perfetto dotato di sensibilità; cioè, quando l’ordine politico non è vivificato dalla potenza spirituale della Chiesa, non abbiamo nemmeno una società naturale, ma piuttosto un cadavere di città.


La distinzione è la subordinazione dei ministeri

Stabilito quanto sopra, san Tommaso spiega come Cristo, nella sua sapienza, abbia scelto di distinguere tra i due ministeri, spirituale e temporale: «L’amministrazione di questo regno, per non confondere le cose terrene con quelle spirituali, è stata affidata non ai Re terreni, ma ai sacerdoti, e in particolare al Sommo Sacerdote, successore di Pietro, Vicario di Cristo, che è il Romano Pontefice, al quale tutti i Re del popolo cristiano devono obbedire come a Gesù Cristo stesso. Infatti a lui, al quale appartiene la cura del fine ultimo, devono essere subordinati coloro ai quali è affidata la cura dei fini precedenti, e da lui devono essere diretti».

La preoccupazione per il fine ultimo o bene comune trascendente appartiene quindi al potere ecclesiastico; d’altra parte, il perseguimento dei beni immanenti o fini intermedi, in particolare la giustizia o la vita virtuosa della moltitudine, e anche i beni della cultura e della prosperità, corrisponde al potere politico. Ora, con certezza e senza possibile dubbio, la subordinazione dei fini qui assunta è vera in sé e non per accidens.

La dottrina di San Tommaso sulla subordinazione delle cause, e in particolare dei fini, al fine ultimo, è molto chiara e viene sviluppata in molti punti delle sue opere. Vediamo che le cause sono ordinate in due modi: essenzialmente e accidentalmente.

a) Essenzialmente, quando l’intenzione della causa prima si riferisce all’effetto finale, passando attraverso tutte le cause intermedie. Come quando l’artigiano muove la mano, e la mano muove il martello, che espande il ferro colpito, verso cui è diretta l’intenzione dell’agente.

b) Accidentalmente, quando l’intenzione della causa è rivolta solo all’effetto prossimo. È al di fuori dell’intenzione del primo agente che da questo effetto venga fatto qualcosa di diverso da ciò che è già stato fatto, proprio come quando qualcuno accende una candela, è al di fuori della sua intenzione che questa candela ne accenda un’altra, e così via.
Ciò che accade al di fuori dell’intenzione si dice che accade accidentalmente.

Il fine del potere politico sarebbe subordinato “per accidens” al fine trascendente se il sovrano cercasse per sé la prosperità, la cultura e la virtù del suo popolo, senza considerare l’ordine che questi beni hanno con il fine ultimo della salvezza. Un Re che governa senza preoccuparsi se il suo popolo vada all’Inferno o no, è come il capitano del Titanic che cerca solo la fortuna dei suoi passeggeri, senza preoccuparsi se dirigersi verso il porto o contro l’iceberg.
Pertanto, se i fini sono subordinati di per sé ed essenzialmente, lo sono anche i poteri. Tutti i Re e i governanti sulla Terra devono ricevere dalla Chiesa la ragione e la misura dei loro fini immediati.


Conclusioni

La Chiesa e la città

Dio ha stabilito come principio di salvezza per il genere umano il mistero dell’unione della natura divina e umana nell’unica persona del Verbo incarnato; ma, dato il carattere sociale della natura umana, questo mistero doveva prolungarsi nel mistero del Corpo Mistico attraverso l’unione della società divina e della società umana nell’unica quasi-persona della Chiesa. Il popolo eletto dell’Antico Testamento era figura di questo mistero; e il primo esempio di questa unione di ordini sociali è la Sacra Famiglia, in cui la gerarchia ecclesiastica – Gesù, Maria e Giuseppe – è perfettamente inversa alla gerarchia sociale – Giuseppe, Maria e Gesù – ma perfettamente unita e in pace.

L’ordine spirituale non può essere concepito come costituente un tutto – la Chiesa – che avrà poi determinate relazioni con altri insiemi di ordine temporale – gli Stati. Come abbiamo ripetuto forse fino alla nausea, questi due ordini sono co-principi quasi sostanziali, in quanto materia e forma del Regno di Dio sulla terra. Non può esserci Città senza la Chiesa, né una Chiesa senza la Città.

Questo si può chiaramente vedere nell’istituzione stessa dei Sacramenti, che sono i principi divini che comunicano la vita del Capo all’intero Corpo Mistico.

Come indica San Tommaso, “la vita spirituale ha una certa conformità con la vita corporea... e nella vita corporea l’uomo si perfeziona in due modi: in primo luogo, rispetto alla persona stessa; e in secondo luogo, rispetto alla comunità sociale in cui vive, poiché l’uomo è per natura un animale sociale”.

Così, Nostro Signore istituì i primi cinque sacramenti in relazione alla vita delle singole persone, mentre in relazione alla vita comunitaria istituì il sacramento dell’Ordine, con cui si istituisce la gerarchia ecclesiastica, e il sacramento del Matrimonio, con cui la cellula stessa dell’intero ordine civile viene santificata e incorporata alla Chiesa. Il sacramento del Matrimonio è, quindi, il principio santificante dell’intero tessuto sociale, perché tutti i poteri civili sono una certa continuazione del potere paterno.


La Chiesa nella Città

La Chiesa non può raggiungere adeguatamente i suoi fini spirituali senza cooperare con i poteri civili. È vero che la Chiesa ha la forza di Cristo ed è capace di sussistere anche in mezzo a regni non cristiani. Ma la Chiesa senza la Città è la Chiesa dei Martiri, perché i poteri civili non battezzati dalla Chiesa cadono inevitabilmente sotto il dominio di Satana e diventano persecutori: “Chi non è con me è contro di me”. E pochissime anime possiedono lo spirito dei Martiri, capaci di resistere alla violenza, se non fisica, almeno morale, di leggi e costumi contrari alla legge di Cristo.

Per comprendere quanto abbiamo detto, non è necessario immaginare, purtroppo, i primi secoli del cristianesimo; oggi viviamo in una società sempre più anticristiana e apostata, e le esigenze spirituali di salvezza diventano sempre più grandi.

Non è necessario vivere a lungo per rendersi conto che la stragrande maggioranza delle persone segue la legge e le consuetudini sociali: se è consuetudine andare a Messa, allora ci vanno, e se c’è una legge sul divorzio, allora divorziano. Pertanto, quando la Chiesa è nella Città – come l’anima nel corpo – la maggior parte delle persone si salva, ma quando non lo è, si salvano solo le anime eccezionali.


La Città nella Chiesa

Lo Stato non può raggiungere in alcun modo i suoi fini se non è nella Chiesa, come parte nel tutto. La Città senza Cristo non è altro che un cadavere di città, cibo per i demoni dei carrettieri. Con la natura umana ferita dal peccato, gli uomini non sono stati in grado di ordinarsi al bene comune, che può essere fatto solo per grazia, e il potere politico si è trasformato in una tirannia dei potenti sui doveri: “Tuo marito ti dominerà”.
Anche se l’uomo non perde ogni bontà naturale e i Re possono ricercare certi beni temporali, meritando attraverso il peccato di cadere sotto il dominio di Satana, la carne e il mondo saranno irrimediabilmente manipolati dai demoni per la rovina temporale ed eterna del genere umano.

Ma l’ordine politico risorse, come Lazzaro, dopo quattro giorni di mille anni, quando Gesù Cristo comandò: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare”. Da quel momento in poi, i cittadini iniziarono a vivere sotto gli ordini di Cesare, obbedendo per amore del Regno di Dio.
“Ognuno stia sottomesso alle autorità costituite”, esorta San Paolo ai Romani, “perché non c’è autorità se non da Dio... Bisogna sottomettersi non solo per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza”.
E San Pietro: “Per amore del Signore, siate sottomessi ad ogni istituzione umana... temete Dio e onorate l’Imperatore”.
Tali buoni vassalli non mancarono di ottenere buoni padroni, fondando solidi regni cristiani. Ma... guai a questa casa spazzata e abbellita da Cristo! Il demone del paganesimo è tornato con altri sette spiriti peggiori di lui, i demoni dell’apostasia, e la fine dell’ordine sociale è peggiore del suo inizio.


NOTA

1 - Somma teologica, II-II, questione 60 a.6, 3° obiezione




 
settembre  2025
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