Il Sud tra mito e ricordo


Angelo Sconosciuto intervista Marcello Veneziani




Pubblicato su La Repubblica del 30 agosto 2025

Ripreso sul sito dell'Autore





Una foto d'annata di donne del Sud intente al ricamo


In mezzo, tra un «T’arreccuorde», declinato in cinquantadue racconti evocativi, illustrati da fotografie in bianco e nero perché «dona distanza mitica e magica al tempo perduto» e «L’attimo fulgente, “fotospazio” ovvero pensare con gli occhi», c’è la «Dichiarazione d’amore al Sud» del giornalista e scrittore Marcello Veneziani.
Essa è proprio nel bel mezzo di «un viaggio di immagini e pensieri nella fotografia e nel Sud, nei sentimenti e nei ricordi che suscitano» e danno corpo a «C’era una volta il Sud» (Rizzoli, pp. 256, ill. in b/n, euro 28,00), pagine che invitano ad essere sfogliate come un album di famiglia ed alle quali l’autore contribuisce anche con fotografie del suo archivio.



1) Cinquantadue riflessioni, quasi essenze che danno identità al pianeta Sud e ad «un’epoca che non è più la nostra…»

Ho voluto raccontare e ricordare un Sud che non c’è più o corre verso la sua estinzione, prima che sparisca anche nella memoria.
Il sentimento che prevale è la tenerezza per quel mondo e quelle persone che non ci sono più, senza con questo voler giustificare pratiche oggi inaccettabili o rimpiangere modi di vivere che sarebbero oggi impraticabili. Ma i viaggi nel passato vanno concepiti con la curiosità e il piacere di conoscere e ricordare mondi diversi dal nostro.



2) La provincia come universo, in una dimensione comunitaria che si vive nei riti di passaggio, come nelle devozioni di una religione naturale e nelle espressioni sociali, dal lavoro nei campi all’incontro in piazza, dal dialogo nelle corti al riposo per terra prima di riprendere a «faticare».
Che Sud è questo?


È un Sud che vive di legami, che non sono solo vincoli ma anche relazioni, aperture, solide reti comunitarie. Un Sud che ama l’ozio ma pratica la fatica, un Sud che lavora e che si guadagna il cielo gettando il sangue in terra. E un Sud attaccato alla realtà ma animato da una visione magica della vita, dominata dal fato e addolcita dalla provvidenza.


3) Ma perché a Sud si ritorna sempre?

Perché è l’origine, è l’infanzia, è il luogo della vita autentica scandita da nascite, morti, matrimoni e vacanze; il tempo della necessità lo viviamo altrove, dove si lavora; ma il tempo della libertà e dei giorni significativi ci chiama a Sud. Ogni ritorno è una festa, anche funebre, alle volte.


4) Nel raccontare il Sud si trova Carlo Levi e l’arcaico e rituale di De Martino col suo senso di comunità; non di meno si nota anche la lentezza consapevole del pensiero meridiano, ma qual è l’originalità del Sud che racconta Veneziani?

Il filo conduttore che unisce la vita e la rappresentazione del Sud è il mito. Il fascino che ancora seduce, l’attrazione che può esercitare è in quell’aura, quell’incrocio tra natura e cultura, paesaggi e riti, credenze e pietanze, frutti e luce, tanta luce. È nel mito che il Sud riscatta la sua storia e la sua realtà. In quel terreno si innesta il pensiero meridiano e mediterraneo.


5) «Protagonisti assoluti sono la fotografia e il Sud, ovvero un mondo e la sua rappresentazione»: come può aiutarci ad intraprendere questo viaggio?

Le foto scelte non si riferiscono a personaggi ed eventi famosi ma sono un’autobiografia popolare della gente del Sud, spesso ritraggono persone di cui non si sa nulla e che forse sono state fotografate solo una o rare altre volte in vita loro. C’è tutta la solennità di una posa per i posteri, un’immagine da consegnare al futuro quando non ci saranno più. Da qui l’aura e la pietas che ispirano quei volti.
E l’importanza della foto come una sorta di nostalgia preventiva: salvare per ricordare.
Il diritto al volto, sancito dalla foto, ha preceduto il diritto al voto, nel suffragio universale.





 
settembre  2025
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