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Mons. Francesco Savino, il “Giubileo” LGBT e la falsa misericordia ![]() Mons. Francesco Savino I prossimi sei e sette settembre 2025, a Roma, si terrà, nell’ambito degli appuntamenti giubilari, il “Giubileo” delle persone LGBT promosso dall’Associazione La Tenda di Gionata, preceduto come era inevitabile, da qualche polemica, causata sia dal tema, sia da indiscrezioni di stampa non sempre veritiere e in parte interessate a fare scandalo. La comunità LGBT passerà la Porta Santa di San Pietro. Presso la Chiesa del Gesù a Roma, retta dai Gesuiti, Monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio e Vice Presidente della CEI presiederà l’eucarestia il sei settembre. Lo abbiamo intervistato. Eccellenza Savino, un appuntamento che non
passerà privo di riscontro mediatico….
“Andiamo per gradi. Il pellegrinaggio giubilare di questa comunità è stato voluto ed organizzato da una associazione, chiamata la Tenda di Gionata, da sempre vicina alle esigenze di tale popolazione. Io sono stato invitato a celebrare Messa, cosa che faccio volentieri, essendo sacerdote e vescovo. Aggiungo che questo pellegrinaggio è stato autorizzato da Papa Francesco e ribadito da Papa Leone”. In ogni caso resta un tema divisivo… “Quando si vede tutta
l’esistenza in base ai divieti e con una ispirazione moralista
certamente sì, possiamo parlare di tema divisivo.
Ma la Chiesa a mio avviso non deve essere sotto schiaffo o prigioniera di questa visione. Il Giubileo di cui parliamo è organizzato da una associazione che da tempo sta accanto a questa gente e molti di loro, tanti, soffrono in silenzio la loro condizione e noi ne dobbiamo tener conto, spesso si sentono emarginati ed esclusi; ed una Chiesa Madre al contrario ha il dovere, con misericordia e carità, di accogliere tutti, di essere inclusiva, naturalmente non rinunciando alla Verità”. Vi è chi dentro la Chiesa stessa contesta questa scelta giubilare… “Ognuno è libero di
esprimere le sue idee. Tuttavia chi contesta, a mio parere parte da una
posizione ideologica e di propaganda, talvolta persino politica. Spesso
si punta il dito e questo non è cristiano; o si arriva a quella
categoria assolutamente non conforme al Vangelo che è il
moralismo. Un vero cristiano mai e poi mai si abbandona al moralismo,
perché del tutto contrario all’insegnamento di Gesù
venuto per i malati e non per i sani”.
Cioè? “Basta vedere la prassi
stessa di Gesù che mangiava con i peccatori, entrava nelle case
di chi era nel peccato e in poche parole non abbandonava a se stesso
chi la società del suo tempo scartava. Non si tratta qui di
essere indulgenti col peccato e l’errore, ma di evitare il giudizio o
pregiudizio di condanna che non spetta a noi.
In tanti di questi fratelli io noto e vedo una fede profonda, inquieta e sofferente. Eviterei la posizione della comoda condanna moralista perché tanti che si ergono a giudici se vai a scavare hanno stili di vita non compatibili col Vangelo. Ci vuole coerenza di vita nelle critiche”. Che cosa dice a chi ha un approccio moralista al tema? “Di rivedere ed anche
urgentemente le proprie posizioni. La Chiesa non cambia sicuramente la
dottrina e neanche tradisce il Vangelo, nessuno è proprietario
del Magistero e della Scrittura. Tuttavia dobbiamo fare i conti col
tempo nuovo ed è nostra saggezza storicizzare le situazioni,
avere la capacità di capire i mutamenti nel tempo, i segni”.
Fine vita, quale la sua posizione e dei vescovi italiani? “La vita è sacra in
quanto dono di Dio dal concepimento alla fine naturale e nessuno ne
può disporre. E’ sacrosanto dire di no all’accanimento
terapeutico quando non ci sta nulla da fare e allo stesso tempo
dobbiamo dire di no all’eutanasia che è finta pietà. A
mio avviso quello che serve è un approccio olistico al problema,
una visione globale che porti a favorire le cure palliative e
l’accompagnamento del paziente verso l’ultimo atto. In poche parole una
efficace terapia del dolore che sappia dare dignità al soggetto
debole in questo suo ultimo momento”.
COMMENTO di Angelica La Rosa Eccellenza, le parole da Lei pronunciate nell’intervista appaiono purtroppo come l’ennesima conferma di una deriva pastorale che, col pretesto della misericordia e dell’accoglienza, dimentica e perfino tradisce la chiarezza della dottrina cattolica. Non si tratta qui di “moralismo” o di “condanna pregiudiziale”, ma di fedeltà al Vangelo e al Magistero bimillenario della Chiesa. La Chiesa ha sempre insegnato che gli atti omosessuali sono “intrinsecamente disordinati” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357) e che le inclinazioni stesse, pur non essendo peccato in senso stretto, rappresentano una prova che deve essere affrontata con la croce, non con la celebrazione e la rivendicazione pubblica. Lei afferma che “una Chiesa Madre ha il dovere di accogliere tutti, naturalmente non rinunciando alla Verità”. Ma come è possibile parlare di “non rinunciare alla Verità” quando si legittima un evento che di fatto conferma le persone nel loro errore e nel loro peccato? La vera maternità della Chiesa non consiste nell’accomodare i figli nelle loro illusioni, bensì nell’ammonirli e guidarli verso la salvezza eterna, che passa necessariamente per la conversione. Accogliere senza chiamare al ravvedimento equivale a tradire le anime. Nostro Signore Gesù Cristo non ha mai approvato il peccato: ha accolto i peccatori, ma sempre aggiungendo “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11). Lei demonizza il cosiddetto “moralismo”, ma dimentica che la morale cristiana è parte integrante della Rivelazione. Parlare di “non giudicare” senza distinguere tra il giudizio temerario e la necessaria condanna del male è un errore grave. E Lei che ha studiato dovrebbe saperlo… L’Apostolo Paolo scrive chiaramente: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti \ […] erediteranno il Regno di Dio” (1 Cor 6,9-10). Questo non è “moralismo”, ma Parola di Dio. Lei invita a “storicizzare le situazioni” e a “capire i mutamenti del tempo”. Ma la Chiesa non è un’istituzione sociologica che si adatta ai venti della storia: è la custode della Verità eterna. L’insegnamento morale non muta con le mode, perché fondato sulla legge naturale e sulla Rivelazione divina. Se la Chiesa accoglie i mutamenti del tempo, lo fa per purificarli, non per farsene contaminare. La sua retorica di inclusione, Eccellenza, rischia di scivolare in una pastorale che consola nell’errore invece di richiamare alla conversione. Lei dice che “nessuno è proprietario del Magistero”: verissimo, neanche Lei né è proprietario. Allora perché piega il Magistero a un linguaggio che suona come complicità con ideologie che hanno l’unico scopo di sovvertire la legge di Dio e l’ordine naturale? Il vero pastore non teme di essere considerato “duro” o “divisivo”: il vero pastore imita Cristo, che non temeva di dire parole scomode pur di salvare le anime. La Chiesa non ha bisogno di un linguaggio annacquato e accomodante, ma di voci chiare che, come San Giovanni Battista, osino dire “Non ti è lecito!” anche quando il mondo applaude il contrario. Se davvero amiamo le persone che vivono la tentazione omosessuale, dobbiamo annunciare loro la verità che salva: castità, conversione, croce. Tutto il resto è inganno e falsa misericordia. Angelica La Rosa
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