In «Cristiani nascosti» del Giappone


di Don Louis-Marie Carlhian, FSSPX


Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X

La Porte Latine
 





I Martiri di Nagasaki. Pittura nel convento francescano di Praga



La ricorrenza degli 80 anni del bombardamento nucleare del 1945 hanno rimesso Hiroshima e Nagasaki al centro dell’attenzione.
E’ questa l’occasione per ricordare che Nagasaki fu storicamente legata alla diffusione del cattolicesimo in Giappone.

Nagasaki è situata sulla costa sud-occidentale della grande isola di Kyūshū.
Fu su quest’isola che San Francesco Saverio sbarcò nel 1549 per evangelizzare il Giappone. L’opera di evangelizzazione fu proseguita dai Gesuiti aiutati molto presto dai Francescani.
Nel 1597 ebbe inizio una prima ondata di persecuzioni che portò all’uccisione di 26 Martiri a Nagasaki. Tornata la calma, la città divenne la «piccola Roma» del Giappone, come fu chiamata: nel 1602 venne costruita una Cattedrale e la città contava quarantamila fedeli.
Ma a partire dal 1614, l’Imperatore decise di chiudere totalmente il paese alle influenze straniere. I missionari furono espulsi e i cristiani vennero perseguitati: centinaia di essi subirono il martirio e alcuni apostatarono.


 

La Cattedrale di Nagasaki dopo il bombardamento atomico


Fu solo nel XIX secolo che, sotto la pressione americana, il Giappone autorizzò la presenza degli Occidentali nel paese: con dei limiti drastici e col divieto di ogni apostolato tra i Giapponesi.
La Società delle Missioni Estere di Parigi inviò subito dei sacerdoti a Nagasaki, dove i Padri Petitjean e Laucaigne costruirono una chiesa, ufficialmente per gli Occidentali presenti nella città.

Alcune settimane dopo, il 17 marzo 1865, i due missionari ebbero la sorpresa di essere avvicinati da dei Giapponesi che si dichiararono cristiani. Per duecento anni essi si erano trasmessi la fede clandestinamente, eludendo con diversi sotterfugi le indagini delle autorità. Pur non avendo più dei sacerdoti da lungo tempo, essi avevano continuato a conferire il Battesimo e ad insegnare le principali verità di fede. Quando i missionari avevano lasciato il paese li avevano messi in guardia contro i predicatori protestanti e avevano indicato loro tre criteri per riconoscere i sacerdoti cattolici: obbedire al Papa, venerare la Santa Vergine e non essere sposati.

Questo commovente episodio della vita della Chiesa è stato ripreso da numerose pubblicazioni cattoliche come un esempio straordinario di fedeltà alla Fede; in particolare da Padre Hünermann nella sua Storia delle Missioni. Esso costituisce uno dei rari casi di mantenimento duraturo della vita cristiana con la mancanza di sacerdoti, e in pieno contesto persecutorio tanto che alcuni considerano questo modello di vita cristiana come una possibile ultima risorsa nel nostro XXI secolo scristianizzato.

La signora Sylvie Morishita, dottore in teologia dell’Università di Strasburgo, ha pubblicato nel 2024 una raccolta di lettere nelle quali i missionari di Nagasaki parlano del loro apostolato tra il 1865 e il 1867. Questi documenti rivelano la gioia dei Padri e il lavoro da essi svolto, sempre clandestinamente, per trovare una per una le comunità di cristiani sopravvissuti in villaggi remoti o nelle piccole isole. I missionari erano stupiti per la cura posta nel trasmettere e proteggere gli elementi essenziali della Fede.

«Nella maggior parte dei villaggi vi sono tre principali capi in attività: 1° il capo della preghiera: quello che sa leggere e scrivere e che è colui che presiede le preghiere della Domenica, che si reca presso i morenti per suggerire loro gli atti di contrizione e le raccomandazioni per l’anima, ecc. 2° i battezzatori, tra i quali vi è il battezzatore in pensione, che è colui che ha svolto le sue funzioni per 10 anni, il battezzatore in attività e il battezzatore apprendista, quest’ultimo deve aspettare cinque anni per diventare battezzatore in regola…» (1).

Questo sistema ha permesso di preservare le formule nonostante la rarità degli scritti, evidentemente cercati e distrutti dalle autorità. E il Padre Petitjean afferma, in primo luogo, che i cristiani nascosti che ha incontrato sono «istruiti come i cattolici francesi nelle campagne: comprendono molto bene il Mistero della Santissima Trinità, dell’Incarnazione, della Redenzione, del Cielo, del Purgatorio, dell’Inferno, ecc.» (2).





Sylvie Morishita, Lettres de Nagasaki, Les chrétiens japonais au milieu du XIXe siècle d’après les Missions étrangères de Paris, [Lettere da Nagasaki, I cristiani giapponesi a metà del XIX secolo secondo le Missioni Estere di Parigi],
Cerf, 2024. 345 pagine, 26 €.
 


Tuttavia, i missionari incontrano anche gravi difficoltà:

- La formula del Battesimo ha subito nel corso degli anni delle trasformazioni: alcune parole latine sono pronunciate male o omesse, tanto che i missionari esaminano i testi usati uno per uno e talvolta concludono che non è valido: «Il 17 ottobre, i battezzatori di Furisato, un grande villaggio interamente cristiano, o meglio che si crede cristiano visto che il Battesimo vi è amministrato invalidamente, la loro formula non contiene l’invocazione dello Spirito Santo…» (3).

- Tutti i Giapponesi devono seguire alcune pratiche buddiste, come la cura dei defunti e la venerazione delle «tavole degli antenati». I missionari osservano: «una sfumatura di paganesimo che sfortunatamente la paura e il tempo hanno mescolato con le tradizioni cristiane ricevute dai loro padri» (4).
Essi esitano a consigliare ai fedeli di astenersene perché questo potrebbe esporli a delle sanzioni civili.

- Talvolta si è insinuato nelle comunità cristiane l’uso del divorzio, benché raro: i Padri si trovano di fronte a dei casi difficili di risposati che non possono ammettere ai sacramenti (5).

- Le comunità cristiane non si conoscono tra loro e sono molto diffidenti, spesso è difficile identificarle anche per gli altri Giapponesi (6).

- Diversi gruppi di «cristiani» hanno perduto il senso delle preghiere che recitano e non vogliono mescolarsi con altri gruppi che li accusano di infedeltà (7). Alcuni di questi gruppi esistono anche oggi.

E’ per questo che solo alcune migliaia di «cristiani nascosti» poterono unirsi alla Chiesa alla fine del XIX secolo, mentre i Gesuiti stimavano che il numero dei loro fedeli prima della persecuzione fosse di circa 400.000.

Sembra quindi che delle comunità cristiane senza sacerdote, isolate le une dalle altre, sorvegliate da autorità ostili, privi dell’accesso alle fonti della Fede, possano sopravvivere per generazioni.
Tuttavia, senza nulla togliere al lavoro dei missionari né all’eroismo di questi cristiani perseguitati, è più appropriato parlare di sopravvivenza che di vita cristiana.


NOTE

1.    Lettere da Nagasaki, p. 116.
2.    Ibid. p. 98
3.    Ibid. p. 139
4.    Ibid. p. 250
5.    Ibid. p. 213
6.    Ibid. p. 232
7.    Ibid. p. 270






 
settembre  2025
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