IL CONFRONTO FRA TRADIZIONALISTI
E
CONSERVATORI CONCILIARI


di Marco Bongi

Si è sempre più sviluppato, negli ultimi anni, un confronto culturale, a tratti anche molto acceso, fra vari rappresentanti del cosiddetto “Cattolicesimo tradizionale” e quelli che fanno invece riferimento alla corrente che potremmo definire del “conservatorismo conciliare”. 
Si tratta di un fenomeno in parte inedito in quanto, negli anni che vanno all’incirca dal 1965 al 2000, la contrapposizione più evidente era certamente quella fra tradizionalisti e progressisti o, in ambito più teologico, “neo-modernisti”.
In realtà, analizzando gli avvenimenti sul piano storico e sociologico, si può notare come il filone “conservatore”, almeno in Italia, sia principalmente scaturito dalle file del tradizionalismo e rappresenti il frutto, più o meno evidente, delle varie ondate di “regolarizzazioni” tentate, in più riprese, dalla gerarchia ufficiale nel corso dei decenni: 1981 (Alleanza Cattolica), 1984 (primo indulto sulla Messa), 1988 (secondo indulto sulla Messa), 2002 (Amministrazione Apostolica Vianney), 2005 (Istituto del Buon Pastore). Se si prescinde infatti da qualche sporadico apporto di matrice “ciellina”  è sostanzialmente questa l’origine e la consistenza del gruppo intellettuale.  
A fronte tuttavia di questi periodici rinforzi numerici, bisogna onestamente osservare come il fronte opposto, e cioè quello dei tradizionalisti, non si sia assolutamente né indebolito, né tanto meno estinto, come probabilmente molti avevano ipotizzato.  
Esso ha incontestabilmente ricevuto nuova linfa vitale e giovani forze, sia attraverso l’organizzazione principale che ne rappresenta il nerbo, ossia la FSSPX, oggettivamente cresciuta dal 1988 ad oggi, sia per effetto di nuove realtà aggregative, laicali e religiose, che si sono gradualmente avvicinate ad un’analisi più “disincantata” del Concilio Vaticano II.
Quali le cause più probabili di questa scarsa “attrattività” del conciliarismo conservatore che, nelle intenzioni di chi ne promosse lo sviluppo, avrebbe dovuto rappresentare  il collettore più “a destra” del cattolicesimo “presentabile”?
Prescindendo da osservazioni di carattere più teologico e spirituale, che competono evidentemente soprattutto ad altri, mi limiterò, in questo breve articolo, a lanciare qualche sintetica osservazione storico-sociologica con la speranza, che studiosi assai più ferrati in queste materie, possano successivamente svilupparne alcuni elementi.

1 - LA MESSA COME “BANDIERA”
Il conciliarismo si è oggettivamente sempre più allontanato dalla forte difesa del rito tradizionale. Anche coloro, come le congregazioni “Ecclesia Dei”, che ne hanno conservato l’uso più o meno esclusivo, hanno dovuto, per forza di cose, alleggerire non poco le obiezioni di carattere teologico-dottrinale. Il solo ricorso ad elementi estetico-sentimentali non sembra però in grado di mantenere, nel lungo periodo, saldo e forte l’attaccamento al Vetus Ordo Missae. 
Il campo tradizionale ha invece coltivato e rafforzato questo legame e il Rito Antico, con il suo innegabile potente senso del sacro, continua ad attrarre gli spiriti di molti uomini delusi dalla contemporaneità.  

2 - INTELLETTUALISMO ARTIFICIOSO
I teorici del conciliarismo conservatore, per tentare di mettere insieme idee molto diverse fra loro, devono spesso arrampicarsi sui vetri scivolosi della ragione. Il loro argomentare diventa così inevitabilmente faticoso e la loro prosa irta di espressioni oggettivamente poco comprensibili. Facciamo qualche esempio:
«Il documento conciliare Dignitatis Humanae rappresenta una “discontinuità nella continuità”». Cosa significa?
«Esiste un liberalismo buono di matrice anglosassone ed uno cattivo di origine europea. I Papi del XIX condannarono il secondo, quelli post-conciliari apprezzarono il primo». L’affermazione dà davvero l’idea del sofisma, tirato per i capelli…
«L’ecumenismo serve ad unire le forze contro l’irreligiosità del mondo contemporaneo». Già... ma da quando è iniziato, l’indifferentismo religioso è cresciuto esponenzialmente…
«L’aborto è un crimine ma oggi bisogna innanzitutto lottare per una migliore applicazione della legge 194». Ma questa non è forse la legge che ha legalizzato l'aborto?

3 - PROFESSIONISMO DELLA FEDE
I principali esponenti del cosiddetto “conservatorismo conciliare” sono quasi tutti giornalisti affermati, saggisti apprezzati, sociologi di grido, ecclesiastici in carriera o professori universitari di fama. Nessuno di costoro, visto che in genere essi devono giustamente campare con il loro lavoro, muore dalla voglia di mettersi in cattiva luce con le case editrici, i giornali ufficiali o la gerarchia. 
Tutto ciò è comprensibile ma chiaramente non può attrarre molto il cattolico “della porta accanto”. Nel campo tradizionalista invece, pur non mancando, specialmente negli ultimi anni, nomi di notevole spessore culturale, esiste anche, e va sempre più sviluppandosi, una schiera di “dilettanti”, di “artigiani” della tastiera, fenomeno questo che, accanto agli innegabili eccessi verbali ed alle imprecisioni dottrinali, denota comunque passione, amore per il sacro e voglia di impegnarsi per il bene della Chiesa. C’è dunque un grande fermento di base che sfugge di mano a coloro che, spesso generali senza esercito, interpretano il proprio impegno in chiave eccessivamente compromissoria, acquiescente e sempre disposta a giustificare gli uomini di Chiesa.
    
4 - DUE PESI E DUE MISURE
I conservatori, a differenza dei progressisti, non lesinano critiche al mondo laicista e, talvolta, si sono anche impegnati in apprezzabili battaglie culturali a favore della famiglia, della scuola cattolica o in campo bioetico. Queste lodevoli iniziative perdono tuttavia oggettivamente credibilità quando le si confronti con l’incredibile acquiescenza esibita nei confronti degli uomini di Chiesa. Tale acquiescenza poi aumenta sensibilmente man mano che si sale nella scala gerarchica dei prelati. Anche quando costoro finiscono per sostenere le medesime tesi dei laicisti, vengono inevitabilmente trattati con i “guanti di velluto” e si fa di tutto per risparmiare loro ogni tipo di critica (es. Cortile dei Gentili, funerali di don Gallo ecc.).  
Questa evidente diversità di trattamento viene chiaramente percepita da molti fedeli, anche semplici, e li allontana quasi istintivamente dai conservatori.

5 - SEMPLICITÀ DI VITA
I sacerdoti ed i religiosi tradizionalisti, proprio in parte per il fatto che debbono subire un pesantissimo ostracismo dagli ambienti del cattolicesimo “ufficiale”, senza parlare di quelli laicisti, dimostrano, accettando serenamente queste discriminazioni, notevole coraggio, distacco dalle attrattive mondane e dai carrierismi. Essi rinunciano spesso a benefici economici, a chiese di pregio artistico, a riconoscimenti culturali ed il loro tenore di vita appare generalmente assai più modesto rispetto ai prelati conservatori. Parlano poco di povertà ma vivono questo valore cristiano nella loro esistenza quotidiana.
Tutto ciò non può che attrarre i fedeli con cui entrano in contatto.

Ecco dunque perché, anche solo umanamente parlando e prescindendo, lo ripeto, da ogni considerazione di tipo teologico, il Cattolicesimo tradizionale, che poi coincide, non dimentichiamolo, con il Cattolicesimo tout court, non sarà mai facilmente eliminabile, nonostante gli sforzi congiunti di laicisti, liberali, modernisti, comunisti e conservatori messi insieme. Non appena anzi, come è avvenuto durante il Pontificato di Benedetto XVI, si è aperto qualche sia pur minimo spiraglio nella cappa di piombo che lo opprimeva, esso ha ripreso a svilupparsi fortemente gettando nello sconforto tutti i suoi numerosi nemici. La Verità infatti ha una sua intrinseca forza propulsiva. Per schiacciarla bisogna investire risorse sovrumane e, prima o poi, essa riemerge sempre per la forza oggettiva del reale.





gennaio 2014

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