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| Charlie Kirk è davvero un “martire della libertà”? ![]() Charlie Kirk Kirk è stato un ragazzo brillante che, dall’età di diciotto anni, si è costruito da zero una fama nazionale tramite un sapiente utilizzo dei social media, tanto da diventare una delle persone più influenti negli Stati Uniti senza esercitare un ruolo politico. Il suo ascendente sui giovani è stato così forte che, per ammissione dello stesso Donald Trump, senza il contributo di Kirk non sarebbe stato eletto Presidente degli Stati Uniti. Il suo principale terreno di battaglia era la diffusione di idee nei campus universitari e nelle scuole statunitensi con eventi, comizi e dibattiti, organizzati dall’associazione Turning Point USA, da lui fondata nel 2012. È stato ucciso proprio sotto alla tenda che era solito allestire con la scritta “Prove me wrong” (dimostrami che sbaglio), per provocare gli oppositori durante i suoi dibattiti universitari. Charlie Kirk era un cristiano evangelico, anche se, grazie alla moglie Erika Frantzve, si stava con ogni probabilità avvicinando alla fede cattolica: in una delle sue ultime trasmissioni, pur con alcune riserve, aveva criticato l’impostazione degli evangelici sulla figura di Maria Santissima, definendola «la soluzione al femminismo tossico negli Stati Uniti». A più riprese, ha manifestato il suo amore per Cristo, tanto da fondare l’associazione Turning Point Faith, per promuovere i valori cristiani nella politica statunitense. Il vescovo Robert Barron, col quale avrebbe dovuto incontrarsi nuovamente se non fosse stato assassinato, lo ha ricordato come un “cristiano appassionato”. Kirk trovava nella fede anche la chiave del mistero del dolore: «La croce è la risposta di Dio al male… La domanda non dovrebbe essere ‘perché esiste il male?’, ma ‘che cosa ha fatto Dio a riguardo?’». D’altro canto, sui principali temi di morale, aveva le idee molto chiare: i social traboccano di contenuti che riportano le più accese discussioni riguardanti l’aborto, l’ideologia gender, la cultura woke. Egli ribadiva con forza che la vita umana inizia col concepimento e che la famiglia è il fondamento della società. Kirk poneva tali argomentazioni non come soggettive opinioni, bensì come verità evidenti di fronte ad interlocutori ideologicamente contrapposti. Negli ultimi giorni si sono susseguite molte reazioni a sinistra e a destra: le une sminuendo o addirittura legittimando l’assassinio, le altre definendo Charlie Kirk un martire della libertà d’espressione e della democrazia. Queste ultime meritano d’essere analizzate con più attenzione. A rigore, perché possa parlarsi di martirio in senso stretto, si richiederebbe, oltre ad una vera morte corporale, che tale morte (a) sia inflitta in odio alla verità cristiana e (b) che sia accettata volontariamente dal morente (F. Roberti, P. Palazzini, Dizionario di Teologia Morale, Effedieffe, vol. 2, pp. 38-39). Charlie non ha volontariamente subito la propria morte, nel senso che non avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsene una così imminente, se non astrattamente per il tipo di attività che conduceva e la radicale violenza dei suoi oppositori (avvalorata dalle reazioni festanti per la sua morte). Ciononostante, si può parlare di martirio in senso lato, essendo la morte di Charlie qualificabile se non per una propria intenzione, per le intenzioni dell’assassino. Sussistono, infatti, elementi che permettono ragionevolmente di congetturarle: (a) i proiettili non sparati recavano slogan antifascisti e di sostegno ai transgender, come riportato dal governatore dello Utah, Spencer Cox; la scelta manifesta l’appartenenza di Robinson ad una precisa identità ideale; (b) poco prima dell’omicidio, un membro dal pubblico aveva chiesto a Kirk se sapesse quanti americani transgender sono stati autori di sparatorie di massa negli ultimi dieci anni. Neanche il tempo di rispondere “troppi” e Kirk era già accasciato, insanguinato per recisione della giugulare. Si è poi scoperto in seguito che l’assassino conviveva con un ragazzo transgender. Al di là dei nuovi elementi che emergeranno, Kirk non è stato ucciso per una mera libertà d’espressione, bensì in odio, se non alla fede, a quell’ordine costituito dalla societas christiana. Chi, a destra, lo proclama martire della libertà, gli fa effettivamente un torto, perché qualifica la sua morte con una intenzione che non rende giustizia ad un vero martirio. Ciò è principalmente dovuto ad un errore, purtroppo diffuso, che è quello del liberalismo, spesso condannato dalla Chiesa, particolarmente nell’enciclica Mirari vos (1832) del Papa Gregorio XVI. Da questo errore nasce la cosiddetta “libertà d’opinione”, secondo la quale tanto l’errore quanto la verità avrebbero il “diritto di esprimersi”, fino a spodestare la verità: infatti, se si arriva ad uccidere, ciò è dovuto al fatto che l’errore, sostituendosi alla verità, ritiene “legittimo difendersi” da essa, concependola paradossalmente come un errore! Da qui la censura della verità, fino alla paura di testimoniarla. Per convincersene, basti analizzare gli argomenti di chi, a sinistra, pur esecrando l’omicidio, ritiene inconcepibili le idee di Kirk su aborto e famiglia, persino nell’alveo della libertà d’espressione. Mons. Henri Delassus (1836-1921), nel suo capolavoro Il problema dell’ora presente (Effedieffe, Viterbo, 2014, pp. 362-366), parlando dello spirito rivoluzionario spiegò che «mentre i perversi ostentano e affermano con audacia gli errori politici, sociali e religiosi che ci conducono all’abisso, i buoni sono mossi da timori che si riepilogano in quello d’essere presi per quello che sono. Quante volte si vide questo timore condurre al punto di dire e anche di fare ciò che l’avversario vuol far dire e fare!». In particolare, l’azione esercitata dalla Rivoluzione «sopra la gioventù da coloro che la istruiscono, o che l’avvicinano […] contribuisce certamente, per una gran parte, alla corruzione delle idee nella società cristiana. L’impressione ricevuta nei primi giorni della vita difficilmente si cancella, e l’uomo conserva generalmente, nell’età matura, i pregiudizi che primi presero possesso della sua intelligenza». Sono soprattutto le parole ad insinuare errori nelle masse: con esse «si producono correnti di opinioni, modi di pensare e di fare, che guadagnano or questo or quello, e finiscono per costituire l’atmosfera morale che tutti li avvolge, l’ambiente che tutti respirano. Giornali e libri, romanzi e opuscoli, che divulgano la scienza, conversazioni ed esempi lo corrompono sempre più e ne fanno un veleno onde i caratteri anche più vigorosi a malapena si difendono». Così la Rivoluzione, «spande la notte nelle intelligenze anche le più distanti dalla sua azione, impregna talmente la società d’idee false, che tutti gli errori al giorno d’oggi si propagano quasi da sé medesimi». Tali idee sono diffuse «nell’atmosfera degli spiriti, respirate e subito tenute, professate e praticate da una moltitudine di uomini che non si possono dire massoni, poiché non sono iscritti nei registri di nessuna loggia, non si sono fatti iniziare, né hanno prestato giuramento alla setta; ma che le appartengono per le idee che hanno accolte nella loro intelligenza e che propagano intorno coi loro scritti, coi discorsi, coi loro atti, con la influenza che esercitano sull’opinione, sulla vita di famiglia, sull’insegnamento, sui divertimenti pubblici e sulle opere sociali, sulla legislazione e sulle relazioni internazionali: in una parola, su tutto, contribuendo così potentemente al progresso dell’opera massonica che è la rovina della società». Charlie Kirk era tra i pochi che osava apertamente sfidare questa atmosfera davanti a tantissimi giovani, affermando la verità proprio contro quegli errori rivoluzionari (non semplici “opinioni”) che hanno corrotto il cuore del suo assassino fino al folle gesto. |