Divergenze tra Papa Leone XIV

e il Cardinale Sarah



della Fraternità San Pio X







Papa Leone XIV e il cardinale Robert Sarah




Il Cardinale Robert Sarah ha rilasciato un’intervista al quotidiano di ispirazione cattolica Avvenire il 12 settembre 2025, dove è stato interrogato, tra le altre cose, sulla sinodalità, la Messa secondo il rito tradizionale, il rito antico, la benedizione delle coppie dello stesso sesso e l’Africa.
Alcune delle sue risposte meritano di essere considerate.

Interrogato sulla Messa tradizionale, ha affermato che “nella Chiesa, tutti i battezzati hanno il loro posto, se condividono il Credo e la morale che ne deriva. Nel corso dei secoli, la diversità dei riti che celebrano l’unico sacrificio eucaristico non ha mai rappresentato un problema per le autorità, perché l’unità di fede era chiara. Considero la varietà dei riti nel mondo cattolico una grande ricchezza”.

Aggiunge che un rito “non si compone in un ufficio, ma è il risultato di una stratificazione e sedimentazione teologica e cultuale”.
Il cardinale ha un secondo fine? Perché il rito di Paolo VI può, per molte ragioni, essere descritto come un “rito clericale”. Questa accusa è stata mossa più volte dal cardinale Joseph Ratzinger, in particolare nel suo libro “La mia vita”.

Il cardinale Sarah continua: “Mi chiedo se si possa 'vietare' un rito millenario. Infine, se la liturgia è anche una fonte per la teologia, come si può proibire l’accesso alle 'fonti antiche'? Sarebbe come proibire lo studio di Sant’Agostino a coloro che desiderano riflettere correttamente sulla grazia o sulla Trinità”.

Alla domanda sul contributo dell’Africa alla Chiesa universale, spiega che “le Chiese africane possono offrire la freschezza, l’autenticità e l’entusiasmo della fede che a volte mancano in Occidente. Non dimentichiamo il prezzo altissimo che pagano sotto forma di martirio: questo sacrificio porterà frutto e sarà seme di nuovi cristiani”.
Un bel pensiero tratto da Tertulliano.

Riguardo alla “benedizione” delle coppie omosessuali o irregolari, il cardinale guineano spera “che si possa chiarire e forse riformulare il contenuto di Fiducia Supplicans. Questa dichiarazione è teologicamente debole e quindi ingiustificata. Mette in pericolo l’unità della Chiesa. È un documento da dimenticare”.

Il giornalista chiede della sinodalità e sottolinea che è stata oggetto di uno dei dubia presentati a Papa Francesco nel 2023 da cinque cardinali, tra cui lo stesso cardinale Sarah. Questultimo risponde che “la dimensione sinodale deve essere approfondita e chiarita. Dovrebbe forse essere teologicamente supportata dalla nozione di comunione, che è molto più antica e ricca, per evitare le derive ideologiche che contrappongono due ecclesiologie: quella sinodale e quella di comunione”.

Il cardinale aggiunge un punto che vale la pena sottolineare: “La comunione è un fine; la sinodalità è un mezzo per discernere. La comunione è gerarchica, perché così Gesù ha voluto la Sua Chiesa [grassetto nostro]; la sinodalità, come ci ha ricordato Papa Leone, è piuttosto uno stile”.


Le riflessioni di Papa Leone XIV sulla sinodalità

Un’intervista a Papa Leone XIV (in inglese) condotta da Crux, abbinata a una biografia del Papa regnante, pubblicata il 18 settembre 2025, fornisce alcuni spunti sulle riflessioni del Papa americano sulla sinodalità. In essa, afferma: “Non si tratta di cercare di trasformare la Chiesa in una sorta di governo democratico”.

Alcuni hanno fortemente criticato questa affermazione. Sembra ovvio che un Papa non possa dire che la democrazia sarà introdotta nella Chiesa e debba affermare il contrario.
Lo stesso Francesco lo aveva già affermato, in almeno due occasioni.

Leone XIV afferma inoltre: “Penso che la sinodalità sia un modo per descrivere come possiamo unirci, formare una comunità e ricercare la comunione come Chiesa, in modo che non si concentri principalmente su una gerarchia istituzionale [grassetto nostro], ma su un senso di ‘unione’, della ‘nostra Chiesa’”.

Va notato che ciò che il Cardinale Sarah dichiara che Gesù ha voluto per la sua Chiesa è considerato da Leone XIV non come quello primario: la struttura gerarchica della Chiesa.

Una gerarchia che, secondo la dottrina cattolica, costituisce l’elemento centrale attorno al quale la Chiesa è costituita, per volontà divina. Va ricordato che il termine “gerarchico” è uno dei tratti distintivi della Chiesa, ciò con cui la vera Chiesa si riconosce e si distingue dalle altre.


Sinodalità alla prova dei fatti

Questa divergenza inconciliabile pone una difficoltà molto seria.
Ma ciò che è chiaro è che il Papa e il Cardinale riconoscono indirettamente, e forse anche inconsapevolmente, che la macchina del Sinodo sulla sinodalità è stata messa in atto senza essere stata precedentemente definita, il che è estremamente grave.
Il Cardinale George Pell lo denunciò a suo tempo. e, più recentemente, anche il Cardinale Joseph Zen.

Il fatto stesso che il Papa sia costretto a dire di non voler trasformare la Chiesa in una democrazia tradisce un problema serio che può essere risolto solo cambiando la struttura stessa del Sinodo, e non solo l’etichetta che gli è stata attribuita.
Non è applicando una soluzione nominalista a un pragmatismo empio e devastante che le cose possono cambiare.

Perché non dobbiamo dimenticare che il Sinodo sulla sinodalità è prima di tutto una prassi, come è stato ripetutamente denunciato da questo sito e da altri.
La sinodalità si basa su una nozione distorta del sensus fidei, che è il cavallo di battaglia del Cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, che l’ha utilizzata in diverse occasioni per giustificare il processo, come Francesco.

Bisogna ammettere che il Sinodo ha creato uno spirito e una mentalità che hanno reso possibili e hanno giustificato le scelte più catastrofiche del defunto Papa. Bisogna ammettere che il Sinodo ha creato uno spirito e una mentalità che hanno reso possibili e hanno giustificato le scelte più catastrofiche del defunto Papa. Pertanto, Fiducia Supplicans si pretendeva che rispondesse principalmente alle esigenze espresse sinodalmente dal sensus fidei.

Voler ridefinire il Sinodo, senza alterarne l’essenza, i meccanismi e il dinamismo intrinseco, dimostra la volontà di salvarlo dalle critiche che lo investono.

Questo è il peggior servizio che si possa rendere alla Chiesa. Speriamo che questo venga percepito col tempo da chi ora tiene in mano il timone della Barca di Pietro.











Per la prima volta dopo secoli, le canne dell’organo medievale di Betlemme hanno fatto sentire di nuovo la loro voce.

Nella grande sala del convento del Santo Salvatore, sede della Custodia della Terra Santa, i ricercatori hanno presentato il frutto di un’avventura scientifica e patrimoniale fuori dal comune.

L’organo, dell’XI secolo, è il più vecchio del mondo cristiano. Fu fabbricato in Francia e condotto dai Crociati a Betlemme per abbellire la Basilica della Natività.
Nel 1244, i Crociati lo smontarono e lo sotterrarono per proteggerlo dalle invasioni musulmane.
Dopo la partenza dei Crociati, l’organo cadde naturalmente nell’oblio; è stato ritrovato per caso durante dei lavori effettuati nella Basilica.

Dal 2021, una squadra di ricercatori ha analizzato le 222 canne, per riportare l’organo al suo stato originale.
Durante i lavori si è scoperto che otto canne producevano un suono puro, come 1000 anni fa.
Nel corso di una presentazione dei lavori è stato utilizzato un sistema che ha permesso di far suonare queste canne, accompagnate da altre dieci riprodotte in modo identico. 

C’è da precisare che non è stato necessario alcun intervento per riparare le canne originarie.
Un suono dell’XI secolo ha investito il numeroso pubblico presente alla conferenza stampa organizzata del Terra Sancta Museum.
Il Padre Eugenio Alliata, archeologo francescano dello Studium Biblicum Franciscanum ha parlato del contesto della scoperta. 

Sebbene la memoria francescana avesse trasmesso l’esistenza di un tesoro sepolto a Betlemme, solo nel 1906, durante la costruzione della Casa Nova – un ospizio per pellegrini – furono trovate le canne di bronzo, un carillon di tredici campane e altri oggetti liturgici. Il tutto conservato in condizioni eccezionali.

Esposto dal 1930 al Museo della Flagellazione, l’insieme degli oggetti non era mai stato oggetto di uno studio sistematico da parte di un musicologo.
Fu durante le sue ricerche all’Università di Oxford che David Catalunya, storico della musica, scoprì una menzione dell’organo di Betlemme.
Egli riunì un gruppo per studiarlo.

Le analisi effettuate sulle canne – materiale, tecniche di fabbricazione, acustica – hanno confermato la loro autenticità e il loro eccezionale stato di conservazione: alcune di esse suonano ancora. «E’ come ritrovare un dinosauro vivente», riassume Alvaro Torrente. «Un miracolo», esclama prontamente Catalunya.

In effetti, il suono è unico, prodotto da uno strumento che non è da meno.
«E’ uno strumento», spiega Winold van der Putten, costruttore di organi, che ha progettato la cassa che spinge l’aria nelle canne. «Occorrerà effettuare numerose ricerche aggiuntive per restituire l’oggetto alla sua interezza». 

L’evento non attiene solo al campo della musicologia; esso riguarda la storia, l’archeologia, la tecnologia e il patrimonio spirituale.
Per Frate Stéphane Milovitch, responsabile dei Beni Culturali della Custodia e della sezione storica del Terra Sancta Museum, «Quest’organo è più di un oggetto di studio: è una eredità vivente». 

Il Terra Sancta Museum, attualmente in fase di sviluppo nel cuore di Gerusalemme, prevede di dedicargli una intera sala: il «chiostro musicale». Questo futuro Museo dell’arte e della storia della Terra Santa esporrà questo tesoro ai visitatori di tutto il mondo.

Con l’organo di Betlemme, è una parte dimenticata della Cristianità che riemerge. Non come una reliquia silenziosa, ma come una voce ritrovata.
Nella risonanza di queste canne, riprendono fiato otto secoli di storia, di fede e di arte. Nonché la meravigliosa epopea della fede che furono le Crociate.


Per ascoltare il suono dell’organo dei Crociati: https://www.youtube.com/shorts/wel_c44y4nI




 
settembre  2025
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