È LECITO RESISTERE AL TIRANNO SPIRITUALE,

OSSIA AL CATTIVO PRELATO?


di  Don Curzio Nitoglia


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Secondo i teologi è lecito resistere al tiranno temporale non solo passivamente e attivamente in maniera legale, ma anche in maniera militare (tirannicidio); però, soltanto come extrema ratio (1).

Ora, ci si domanda se si possa fare un’analogia tra il tiranno temporale e il tiranno spirituale e se, quindi sia lecito resistere anche a quest’ultimo? (2)

Tra Dio e le creature (dall’angelo sino al minerale) vi è un’analogia, ossia essi sono essenzialmente diversi, ma si somigliano solo, relativamente al fatto d’essere (3). Quindi, se v’è analogia tra Dio e il sasso, a maggior ragione v’è tra il tiranno o Principe temporale e il tiranno o Prelato spirituale.

La Chiesa insegna che di fronte a una decisione errata dell’autorità ecclesiastica (4) al cattolico avveduto è lecito non solo negare il suo assenso (resistenza passiva), ma anche (in casi estremi), opporvisi pubblicamente; tuttavia, senza giungere mai alla violenza, che invece è ammessa per il tiranno temporale (v. nota n. 1). Tale opposizione attiva e legale può costituire persino un autentico dovere.

“Quando manca il diritto di comandare [tiranno usurpatore] o quando l’ordine s’oppone alla ragione, alla legge eterna e a quella divina [tiranno di governo]; allora, il disobbedire agli uomini, per obbedire a Dio, diviene un dovere (Atti degli Apostoli, V, 29; LEONE XIII, Enciclica Libertas, 20 giugno 1888; F. ROBERTI – P. PALAZZINI, Dizionario di teologia Morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, II vol., p. 1417)” (5).

Infatti, la legge è un “ordine ragionevole, promulgato dall’autorità, per il bene dei sudditi” (S. Th., I-II, q. 90, aa. 1-2). Quindi, “la natura della legge e la sua forza obbligante consiste: 1°) nella legittimità, se procede dall’autorità legittima; 2°) nella ragionevolezza, che è richiesta dalla natura dell’uomo ‘animale razionale’ (6); perciò, una legge irragionevole sarebbe immorale; infatti, la razionalità è coessenziale alla natura dell’uomo che è anche ‘animale socievole’ e deve servire al bene o fine ultimo (temporale naturale/spirituale soprannaturale) di tutti i sudditi” (F. ROBERTI – P. PALAZZINI, cit., I vol., p. 884) (7).

Quindi “nessuna legge obbliga ) se è ingiusta, qualora sia contraria alla legge naturale o divina; 2°) se non procede dall’autorità competente; 3°) se non è ordinata al bene comune temporale o spirituale; 4°) se distribuisce doveri e vantaggi in maniera sproporzionata alle capacità e ai meriti dei sudditi” (F. ROBERTI – P. PALAZZINI, cit., I vol., p. 885) (8).

Scrivendo di SAN CIRILLO D’ALESSANDRIA, insigne avversario del nestorianesimo, dom Prospero Guéranger insegna: «Quando il pastore si cambia in lupo, tocca anzitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli; e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione vi sono dei punti essenziali (9) dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria» (10).

Il DOTTORE ANGELICO, in diverse sue opere, insegna che in casi estremi è lecito resistere pubblicamente a una decisione papale, come San Paolo resistette in faccia a San Pietro: «Essendovi un pericolo prossimo per la Fede, i Prelati devono essere ripresi, perfino pubblicamente, da parte dei loro soggetti. Così San Paolo, che era soggetto a San Pietro, lo riprese pubblicamente, a motivo d’un pericolo imminente di scandalo in materia di Fede.
E, come dice il commento di Sant’Agostino: “Lo stesso San Pietro diede l’esempio a coloro, che governano, affinché essi, se mai si allontanassero dalla retta strada, non rifiutino come indebita una correzione venuta anche dai loro soggetti” (ad Gal. 2, 14)» (11).

SAN TOMMASO aggiunge anche che quest’episodio della Scrittura contiene insegnamenti tanto per i Prelati quanto per i loro sudditi: «Ai Prelati [fu dato esempio] d’umiltà,  perché non rifiutino i richiami dei loro inferiori e soggetti; e ai soggetti [fu dato] esempio di zelo e di libertà, perché non temano di correggere i loro Prelati, soprattutto quando la colpa è pubblica e costituisce un pericolo per molti» (12).

FRANCISCO DE VITORIA scrive: «Secondo la legge naturale è lecito respingere la violenza con la violenza. Ora, con ordini e dispense abusive, il Papa esercita una violenza giuridica, perché agisce contro la legge e la vìola. Quindi, è lecito resistergli. Come osserva il cardinal Gaetano, non facciamo quest’affermazione perché qualcuno abbia diritto di giudicare canonicamente e deporre il Papa o abbia autorità su di lui; infatti: “Prima Sede a nemine judicatur”, ma perché è lecito difendersi. Chiunque, infatti, ha il diritto di resistere a un atto ingiusto, di cercare di impedirlo e di difendersi» (13).

FRANCISCO SUAREZ: «Se [il Prelato] emana un ordine contrario ai buoni costumi, non gli si deve ubbidire: se tenta di fare qualcosa di manifestamente contrario alla giustizia e al bene comune, sarà lecito resistergli; se attaccherà con la forza [fisica/giuridica], potrà essere respinto con la forza [fisica/giuridica], con quella moderazione propria della legittima difesa» (14).

SAN ROBERTO BELLARMINO: «Com’è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così pure è lecito resistere a quello che aggredisce le anime, con ordini illeciti o perturba l’ordine civile, o, soprattutto, a quello che tenta di distruggere la Chiesa governandola malamente. Dico che è lecito resistergli non facendo quello che ordina e impedendo l’esecuzione della sua volontà: non è però lecito giudicarlo canonicamente, punirlo e deporlo, poiché questi atti sono propri di un superiore» (15).

Ora, se il Principe temporale o il Prelato spirituale aventi giurisdizione usano malamente del loro potere per fare leggi (civili/ecclesiastiche) inique o processi (civili, penali/canonici) falsi, violando la legge e commettendo, così, una violenza giuridica, allora è lecita la legittima difesa (fisica/giuridica), come dice l’adagio “vim vi repellere licet / è lecito respingere la forza con la forza”. Infatti, i processi illegali e gli ordini illeciti “non sono legge, ma una corruzione della legge” (S. Tommaso, S. Th., I.II, q. 95, a. 2), essi equivalgono a una violenza tentata contro la legge e l’uomo, quindi la legittima difesa è lecita e persino necessaria in alcuni casi.


CONCLUSIONE

In breve, di fronte ad una decisione gravemente errata del Prelato
1°) è lecita la resistenza passiva e quella attiva legale, mai quella violenta. Si tratta di un caso di legittima difesa da un’aggressione ingiusta (non fisica ma, dottrinale/teoretica) contro la fede e la morale o il diritto;
2°) le leggi ingiuste, gli ordini illeciti e i processi giuridici illegali, sono una violenza dottrinale e giuridica, cui si può e si deve resistere per legittima difesa “è lecito respingere la forza con la forza”; tuttavia, senza mai arrivare a deporre il superiore.

Infatti, solo il superiore depone l’inferiore; cioè nessuno può deporre il Papa (“la prima Sede non è giudicata canonicamente da nessuno”), mentre il Papa può deporre i vescovi e il vescovo può deporre un sacerdote della sua Diocesi, tanto meno si può usar violenza contro il Prelato come invece è lecito quale extrema ratio per il tiranno temporale


NOTE

1 -
S. TOMMASO insegna che “se appartiene di diritto alla moltitudine di darsi un capo, essa può, senza ingiustizia condannare il Principe a disparire, o può mettere freno al suo potere se ne usa tirannicamente” (De regimine principum, lib. 1, cap. 6). Tuttavia, per l’ANGELICO «anche se alcuni insegnano essere lecita l’uccisione del tiranno per mano di un qualsiasi privato [...] è pericolosissimo permettere l’uccisione privata del tiranno, perché i malvagi si riterrebbero autorizzati a uccidere i re non tiranni, severi difensori della giustizia [...] contro i tiranni eccessivi e insopportabili si può agire solo in virtù di una pubblica autorità» (ivi).
La stessa dottrina è insegnata da BAÑEZ (In IIam-IIae, q. 64, a. 3, concl. 1), BILLUART (De jure et justitia, dissert. X, a. 2, ad 3), BELLARMINO (De Conc. auct., lib. II, cap. 19), SUAREZ (Defensio fidei, lib. VI, cap. IV, § 15). La tradizione scolastica è quasi unanime nel riconoscere il diritto di resistenza, che - in casi estremi - può giungere alla rivolta armata.
JUAN DE MARIANA opina che il tirannicidio sia lecito anche privata auctoritate, infatti, non è da condannarsi colui, che eseguendo la comune volontà, procura di sopprimere il tiranno (De rege et de regis institutione, lib. I, cap. 6). Tuttavia, per il MARIANA, non significa che basti l’iniziativa semplicemente privata, occorre prima una condanna pubblica del tiranno e solo poi, come extrema ratio l’esecuzione può essere privata, quando non si possa raggiungere l’autorità superiore, ma fondandosi sulla condanna pubblica, senza un mandato esplicito del potere pubblico e solo con mandato interpretativo e presunto si esegue il tirannicidio.
Il problema del tirannicidio è stato trattato sino ai nostri giorni. Nel XIX sec. da LEONE XIII, nel XX sec. da PIO XI e nel sec. XXI da vari teologi o storici qualificati. LEONE XIII, nell’Enciclica Diuturnum illud del 1881, insegna che quando l’ordine del principe è contrario al diritto naturale e divino, “obbedire sarebbe criminale”. PIO XI, nell’Enciclica Firmissimam constantiam del 1937, ricorda all’Episcopato messicano che se i poteri costituiti ″attaccano apertamente la giustizia […], non si vede nessuna ragione di rimproverare i cittadini, che si uniscono per la loro difesa e a salvaguardia della nazione”, ossia è lecita una resistenza attiva che usi mezzi leciti, escluso il clero e le associazioni direttamente mandatarie del clero, quali l’Azione Cattolica.
Il padre gesuita ANDREA ODDONE (“La resistenza alle leggi ingiuste secondo la dottrina cattolica”, in La Civiltà Cattolica, n. 95, 1944, pp. 329-336; Ibid., n. 96, 1945, pp. 81-89) ha scritto che la resistenza passiva è sempre lecita nei riguardi di una legge ingiusta. La resistenza attiva legale, in casi in cui la religione è messa in pericolo, è lecita, anzi, occorre ″deplorare - come insegna Leone XIII in Sapientiae christianae del 1890 - l’attitudine di coloro, che rifiutano di resistere per non irritare gli avversari”. La resistenza attiva armata è legittima: 1°) se la tirannia è costante; 2°) se è manifesta o giudicata tale dalla “sanior pars” della società; 3°) se le probabilità di successo sono numerose; 4°) se la situazione successiva non è peggiore dell’anteriore.

2 - Cfr. ARNALDO VIDIGAL XAVIER DA SILVEIRA, Può esserci errore in documenti del Magistero?, in Catolicismo, n. 222, luglio n. 1969, tr. it.,. sì sì no no, 15 ottobre 2010; ID., Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari, in Catolicismo, n. 202, ottobre 1967, tr. it., sì sì no no 31 ottobre 2010.

3 - Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, S. Th., I, q. 13.

4 - Si veda il caso del Novus Ordo Missae di Paolo VI del quale i cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci chiesero al medesimo l’abrogazione poiché “legge nociva al bene comune delle anime” (Lettera di presentazione del Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae, festa del Corpus Domini del 1969).

5 - P. GUIDI, La legge ingiusta, Roma, 1948.

6 - SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa c. Gent., lib. IV, cap. 35, n. 3725; S. Th., I, q. 28, a. 3; III, q. 2, a. 2, ad 2.

7 - Cfr. A. VAN HOVE, De legibus, Roma, 1930; A. LANZA – P. PALAZZINI, Principi di teologia morale, Roma, 2a ed., 1965; S. Th., I-II, qq. 90-108; L. TAPARELLI D’AZEGLIO, Saggio teoretico di diritto naturale, Roma, IV ed., 1928; E.  ROMMEN, L’eterno ritorno del diritto naturale, Roma, 1965; O. LOTTIN, Le droit naturel che saint Thomas d’Aquin et ses prédécesseurs, Bruges, II ed., 1931.

8 - Cfr. P. CIPROTTI, La canonizzazione delle leggi civili, Roma, 1941; GIUSEPPE PACE, Le leggi meramente penali, Torino, 1948.

9 - Si vedano, ad esempio, i Documenti del Vaticano II su: 1°) la Collegialità episcopale (Lumen gentium); 2°) la Libertà delle religioni (Dignitatis humanae); 3°) i rapporti tra Cristianesimo e giudaismo (Nostra aetate); 4°) il pan-ecumenismo (Unitatis redintegratio) del Concilio Vaticano II.
Chiunque abbia studiato il Catechismo di San Pio X è in grado di riscontrare una discrepanza tra questi insegnamenti e  la dottrina tradizionale insegnata dal Catechismo: I) sulla Chiesa fondata su Pietro, che è il Principe degli Apostoli e dei Vescovi; II) sulla natura della vera libertà, che non ammette la libertà per l’errore e il male, ma solo la loro tolleranza per evitare un male maggiore; III) sui rapporti tra cristianesimo e giudaismo post-biblico (che ha rifiutato la divinità di Gesù e la SS. Trinità) e IV) con tutte le altre religioni, le quali non possono essere tutte egualmente vere. Cfr. B. GHERADINI, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; ID., Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; ID., Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; ID., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; ID., La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011.

10 - DOM PROSPER GUÈRANGER, L’Année Liturgique, Mame, Tours, 1922, 15a ed., pp. 340-341.

11 - SAN TOMMASO D’AQUINO,  Summa Theologiae, II-II, q. 33, a. 4, ad 2.

12 - Ivi.

13 - FRANCISCUS DE VITORIA, Obras de Francisco de Vitoria, Madrid, BAC, 1960, pp. 486-487.

14 - FRANCISCUS SUAREZ, De Fide, in Opera omnia, cit., Parigi 1858, tomo XII, disp. X, sect. VI, n. 16.

15 - SAN ROBERTO BELLARMINO, De Romano Pontifice, in Opera omnia, Milano, Battezzati, 1857, vol. I, lib. II, c. 29.




 
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