L’intervista a Leone XIV


di El Wanderer


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Luglio 2025: Papa Leone XIV e Elise Ann Allen a Castel Gandolfo



Nota della redazione

L’intervista di cui parla l’Autore è la prima concessa da Papa Leone XIV, che ha approfittato della giornalista Elise Ann Allen, corrispondente senior da Roma per il giornale online statunitense Crux, la quale sta curando l’uscita della biografia del Papa che verrà pubblicata per il 2026 in tutte le lingue e per prima in spagnolo, a beneficio del paesi dell’America del Sud. Il titolo in spagnolo sarà “León XIV: ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI” [Leone XIV: cittadino del mondo, missionario del XXI secolo] e verrà edita dalla Penguin Random House di Londra.

L’intervista si è svolta in due tempi e in due luoghi diversi: il 10 luglio 2025 a Castel Gandolfo, nella residenza estiva di Villa Borghese, e il 30 luglio al Palazzo Apostolico in Vaticano, dove il Pontefice risiede, per la durata di un’ora e mezza ciascuno.

Il primo colloquio ha toccato i temi della vita personale di Leone XIV – al secolo Robert Francis Prevost – dalla sua infanzia a Chicago agli anni di missione in Perù, fino all’impegno nella Chiesa locale e universale.
Nel secondo colloquio, invece, il Papa ha affrontato questioni di attualità globale e di governo ecclesiale.


ARTICOLO di El Wanderer

Non mi abituo a vedere i Papi rilasciare interviste; preferirei che evitassero questo genere di cose, e spero solo che Leone XIV non ci prenda gusto e che non finiremo col ritrovarci con un’intervista a settimana, come nel caso del defunto Papa.
Ma poiché abbiamo già un atto papale di questo tipo, vediamo cosa possiamo dire al riguardo.


I - Il Papa è cattolico

In primo luogo, come ho detto nell’articolo precedente, è evidente che il Papa è cattolico: “Io credo fermamente in Gesù Cristo e questa è la mia priorità, perché sono il vescovo di Roma e il successore di Pietro, e il Papa deve aiutare le persone a capire, specialmente i cristiani, i cattolici, che questo è ciò che siamo. […] Ma non ho timore di dire che credo in Gesù Cristo e che è morto sulla croce e risuscitò dai morti e che insieme siamo chiamati a condividere questo  messaggio”.

So che ci sta ripetendo i rudimenti del Catechismo, ma noi veniamo dall’esperienza di Francesco che, non solo non ha mai detto questo, ma ha detto o dato ad intendere esattamente il contrario.

Leone XIV è cattolico e, a differenza del suo predecessore, crede nelle verità immutabili: «Non so se ho una risposta diversa dal continuare a dire alle persone che esiste la verità, la verità autentica. Non ho molta tolleranza quando sento le persone che dicono “bene, questa è una espressione alternativa”, cosa che abbiamo sentito in passato».   

Se avessi un campanile in casa, sarei tentato di ordinare alle campane di ripeterlo. Non sentivamo definizioni così chiare e così cattoliche dal tempo di Benedetto XVI.

Ma, oltre ad essere cattolico, Leone XIV è anche molto chiaro su qual è il suo munus, il suo officio:
«Essere Papa, chiamato a confermare gli altri nella loro fede, che è la parte più importante, è anche qualcosa che può accadere solo per grazia di Dio; non c’è altra spiegazione. L’unico modo per spiegarlo è lo Spirito Santo. […] Spero di essere capace di confermare gli altri nella loro fede, perché questo è il ruolo fondamentale del successore di Pietro».

Riascoltiamo la dottrina classica sul papato e inoltre questo esclude in modo esplicito le fantasie dei recenti Pontefici che si credevano “esperti in umanità”, come Paolo VI, o “esperti in climatologia e immigrazione”, come Francesco.
Papa Prevost dice: «Non ritengo che il mio ruolo principale sia cercare di essere il risolutore dei problemi del mondo. Non vedo affatto il mio ruolo in tale modo».
E vede che il suo ruolo non è questo perché il suo ruolo, il suo officio, il suo munus, è confermarci  nella fede. 


II – La sinodalità

Quando la giornalista gli chiede della sinodalità inaugurata da Papa Francesco, il Pontefice assicura che continuerà su quella strada, ma, senza troppe sottigliezze, spiega che egli per sinodalità intende fare ciò che la Chiesa ha fatto nel corso dei secoli: ascoltare la voce di tutti. Questo erano, e sono, i concilii ecumenici. Tanto che il Concilio di Trento (sì, quello di Trento) invitò Lutero a parlare; questi non andò, ma mandò un suo delegato: Melantone.

Come ho detto, non mi è piaciuto che il Papa abbia ricevuto Padre James Martin S. J., o la suora Lucia Caram (che è completamente pazza), ma devo ammettere che questo è stato per molto tempo il modo di agire della Chiesa.
Non si sa con certezza se Ario fosse stato ascoltato al Concilio di Nicea, ma il suo amico Eusebio di Nicomedia era presente ed espose e difese le sue idee. Nestorio partecipò attivamente al Concilio di Efeso (431) e Macario di Antiochia fece lo stesso al Concilio di Costantinopoli III (680-681), difendendo personalmente il monotelismo.
Ripeto, non mi è piaciuto vedere la foto di Martin o della Caram con Leone XIV, ma secoli fa ne avrei visto altre simili, con eretici molto più pericolosi della sfacciata domenicana o del soave Martin.

Proprio per questo, la sinodalità, come la intende Leone, non consiste nel “tentare di trasformare la Chiesa in una specie di governo democratico, poiché se guardiamo a molti paesi del mondo di oggi, la democrazia non è necessariamente una soluzione perfetta per tutti”.

Quando ascoltiamo la parolina magica con la quale il vecchio e defunto gesuita abbagliava la gente, dobbiamo sapere che il suo successore sta parlando di cose molto diverse.


III – Il proselitismo

Un’altra differenza con i pontificati precedenti è che Prevost è stato per molti anni missionario in Perù, e tutti sappiamo che spesso, dopo il Vaticano II e, soprattutto, col magistero di Francesco, i missionari non avevano il compito di predicare il Vangelo; il proselitismo era proibito, e non solo nei paesi di missione, ma anche nei paesi ex-cristiani.
Difatti, conosco diversi casi di sacerdoti francesi e spagnoli che si sono rifiutati di accettare dei convertiti dall’Islam o da altre sette cristiane.

Leone XIV, invece, celebra questo approccio di giovani e adulti al Battesimo e alla Fede: «Ieri mi sono incontrato con un gruppo di giovani francesi. L’anno scorso erano migliaia che liberamente, ora giovani adulti, chiesero il Battesimo. Vogliono venire nella Chiesa perché si sono resi conto che le loro vite sono vuote, o che mancano di qualcosa, o che non hanno senso, e stanno riscoprendo che la Chiesa ha qualcosa da offrire».

E quello che la Chiesa ha da offrire non è altro che Gesù Cristo, in cui crede.
Il cambiamento, quantunque si presenti in modo sottile, è profondo.


IV – Ordinazione delle donne

Su questo argomento il Papa afferma: «Spero di seguire le orme di Francesco, includendo nomine di donne in alcuni ruoli direttivi, a diversi livelli, della vita della Chiesa, riconoscendo i loro doni e i loro contributi in molti modi».
E senza eludere la questione, chiarisce che il vero problema è se le donne possono ricevere l’Ordine sacro. Non prende in considerazione nemmeno l’esistenza di donne sacerdotesse; parla di diaconesse. E sottilmente inserisce un argomento ad hominem che in poche parole dice: «Il Vaticano II ripristinò il diaconato permanente, e in molte diocesi vi sono dei diaconi permanenti, eppure ci chiediamo ancora cosa siano e a che servano». Quindi non entriamo nel merito dell’ordinazione delle diaconesse.

Ma la frase più chiara su questo argomento è: «Io, per il momento non ho intenzione di cambiare l’insegnamento della Chiesa sull’argomento». Cioè: finché il Papa sarò io non ci saranno diaconesse.

Ciò che fa scalpore in questo caso e nel caso degli LGBT, è l’espressione “per il momento”; ed è comprensibile che susciti malcontento, e che molti diano per scontato, io dico ingiustificatamente, che tale espressione implichi necessariamente che il Papa ritenga che in futuro questo insegnamento possa cambiare.
Io non credo che sia così. Consideriamo la cosa da un punto di vista strettamente logico; in fin dei conti, Prevost è un matematico.

L’espressione in questione limita la negazione (non ho intensione) al tempo presente (t) senza estenderla ai tempi futuri (t’). Se la proposizione è ¬I(y, C, t), (dove I è “avere l’intenzione di cambiare”, y è chi parla, C è l’insegnamento, t è il momento attuale), “per il momento” sottolinea che la negazione si applica solo a t, lasciando lo stato a t’.
L’espressione contestata trasforma la proposizione in una  affermazione condizionale temporale: ∀t’ (t’ = t → ¬I(y, C, t’)), dove t è il presente. Non fa affermazioni su t’ ≠ t.

Fare questa affermazione, implica che il Papa creda che cambierà la dottrina in futuro? No.
Logicamente non vi è alcuna implicazione di fede nel cambiamento. L’espressione è neutrale rispetto alle convinzioni del Pontefice sul futuro; egli lascia semplicemente aperta la possibilità logica del cambiamento (o del non cambiamento) in t’, senza affermare alcuna convinzione specifica. Non ne deriva logicamente che Leone XIV creda in P (l’intenzione di cambiare) nel t’, poiché ¬I in t non implica l’aspettativa di I en t’.

Eliminiamo la convinzione del Papa. Implica forse che cambierà? No. Non c’è alcuna implicazione logica che il cambiamento avverrà in futuro. L’espressione non afferma né nega azioni future; descrive solamente l’assenza di intenzione in t.
Logicamente, ¬I(y, C, t) non implica I(y, C, t’) né l’effettiva realizzazione del cambiamento (che richiederebbe, non solo l’intenzione, ma anche la capacità e l’azione).

Dal punto di vista logico, quindi, non si può attribuire al Papa alcuna affermazione o supposizione sul cambiamento di dottrina nel futuro riguardante il diaconato femminile o l’accettazione degli atti omosessuali.
Ma solo perché la logica ci dice questo, non significa che l’espressione non sia problematica, perché molti possano facilmente avanzare una inferenza non valida, come di fatto è successo.
Perché allora il Papa ha incluso l’espressione?
Secondo me ci sono due opzioni: o perché pensa effettivamente che la dottrina cattolica possa cambiare, o perché l’espressione non era così pesante e serviva a tranquillizzare le femministe che gli stanno intorno. Saprà lui quale delle due è corretta, ma, come ho detto, Prevost è cattolico e quindi propendo per la seconda.

E’ inutile dire che si tratta di una ingenuità propria di un yankee pretendere che dicendo questo si calmeranno le acque. In effetti non tranquillizzerà nessuno, perché le femministe sono arrabbiate come i gay, che sono più arrabbiati, sono furiosi per ciò che ha detto il Papa.
Basta dare un’occhiata agli ultimi post di Specola e vedere le notizie che riporta sulle isterie che stanno vivendo in questi giorni il “collettivo” femminista  e il “collettivo” LGBT.

Nell’intervista, Prevost si rivolge a tutti i cattolici e si preoccupa, secondo me inutilmente, di non offendere nessuno, almeno non troppo. E il risultato è che infastidisce tutti. Ma la cosa importante è che, in buona logica, non c’è motivo di supporre che questa affermazione implichi una opinione del Papa sui futuri cambiamenti della dottrina su questioni così sensibili e delicate.

Quanto a noi, ci tranquillizza sapere che per molto tempo – si ritiene che avremo un lungo pontificato – non ci saranno cambiamenti traumatici che porterebbero sicuramente allo scisma.
Come ha detto un commentatore dell’articolo precedente, “stiamo prendendo tempo”. E su questo noi argentini siamo esperti.


V – Gli LGBT

Passiamo all’argomento LGBT. Riconosco che trovo gli acronimi sgradevoli, ma li uso in effetti  per la loro praticità al momento di scrivere un articolo giornalistico.

Il Papa comincia precisando la situazione di fronte alla domanda della giornalista: «Mi sembra molto improbabile, certamente nel prossimo futuro, che la dottrina della Chiesa cambi su ciò che insegna su sessualità e matrimonio».

Chiarissimo, e circa la confusa espressione “nel prossimo futuro” vale quanto abbiamo spiegato prima.

E un po’ più avanti insiste: «L’insegnamento della Chiesa continuerà così com’è, e questo è ciò che ho da dire al riguardo per adesso. Credo che sia molto importante».

Per altro verso, il Papa ricorda la dottrina tradizionale: «Le famiglie hanno bisogno di sostegno, quella che si chiama famiglia tradizionale. La famiglia è padre, madre e figli. Il ruolo della famiglia nella società, che ha sofferto negli ultimi decenni, deve essere riconosciuto e rafforzato ancora una volta»,
E insiste: «La famiglia è un uomo e una donna in un impegno solenne, benedetto nel sacramento del matrimonio. Ma anche dicendo questo, capisco che alcune persone lo prenderanno nel modo sbagliato».

Sa che non piacerà agli LGBT, ma lo dice ugualmente e a chiare lettere.

Quello che ha maggiormente confuso molti è un’altra affermazione sull’argomento: «Quello che intendo dire è che Francesco era molto chiaro quando diceva: “todos, todos, tosos”. Tutti sono invitati».

Ma qui c’è una differenza fondamentale: mentre Francesco non poneva condizioni, quindi le sue parole erano intese come una accoglienza incondizionata al limite del relativismo, Papa Leone usa un linguaggio religioso che inverte il significato di quello che diceva Francesco: «Ma non invito una persona perché ha o non ha una specifica identità. Invito una persona perché è figlio o figlia di Dio».
Cioè, non si entra nella Chiesa definendosi gay, bisessuale o trans ed esigendo che tutti accettino la persona per come si presenta.

Abbiamo già detto in un’altra occasione che per la dottrina cattolica, l’omosessuale come categoria antropologica non esiste, e adottare questa menzogna è una trappola.
Quelli che esistono sono uomini e donne che hanno tentazioni, in contrasto col sesto Comandamento, con persone dello stesso sesso, così come esistono persone tentate dall’oppressione dei poveri o dal defraudare i lavoratori del loro salario.
Tutti questi casi sono tentazioni che, se realizzate, costituiscono peccati che gridano al Cielo.
Dio chiama tutti tramite la Sua Chiesa, senza etichettarli, ma costoro non dovrebbero etichettarsi ed esigere di essere riconosciuti e di vantarsi delle loro tentazioni e dei loro peccati indicati nell’etichetta. In Chiesa si entra come persona creata e bisognosa di redenzione.

Essere figlio di Dio implica la trasformazione delle categorie secolari nella ricerca della santità. Ed è questo che dice Papa Leone: «Invito una persona perché è figlio o figlia di Dio», cioè perché si è lasciato trasformare dalla grazia ed è un uomo nuovo.    

E per rafforzare questa idea, non si esime dal dare, con poca sottigliezza, una sculacciata ai Tedeschi e ai Belgi: «Nel Nord Europa stanno già pubblicando dei rituali per benedire “le persone che si amano”, come dicono loro, il che va specificamente contro il documento Fiducia Supplicans approvato da Papa Francesco».

Sta dicendo loro “Questo non si può fare”, come un avvertimento: “Se non smettete di farlo, io lo proibirò”.

Molti hanno visto in questo una conferma di Fiducia Supplicans. Io invece vedo una manovra astuta tipica di un canonista. Non sta dicendo loro che la questione dei rituali è sbagliata, appoggiandosi al Liber gomorrhianus di San Pietro Damiani, questo non avrebbe avuto alcun effetto. Lo sta dicendo sulla base di un documento recente e vigente; loro, i Tedeschi, non hanno argomenti per continuare a farlo.
E’ la stessa tattica di confutare a Mons. Colombo e a Mons. Lozano le loro proibizioni della Comunione in ginocchio e sulla lingua attraverso lo stesso Messale Romano di Paolo VI, che non mi piace affatto, e non farlo attraverso i testi di San Pio V e del cardinale Ottaviani, perché, con nostro grande dispiacere, in questi casi l’argomentazione perderebbe ogni efficacia. 


VI – La Messa tradizionale

Passiamo adesso all’ultimo argomento: la Messa tradizionale.
Dice il Pontefice: «Vi è un altro argomento, anch’esso controverso, e sul quale ho già ricevuto diverse petizioni e lettere: la questione su come si parli sempre di ritorno alla Messa latina. Beh, si può dire la Messa in latino ora stesso. Se è il rito del Vaticano II, non c’è problema.  Ovviamente, fra la Messa tridentina e la Messa del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non sono sicuro di come andrà a finire. Evidentemente è molto complicato».

ùIn questo primo paragrafo segnaliamo alcune questioni.
Una riguarda l’espressione “Latin Mass”, che è quella con la quale abitualmente, e erroneamente, gli anglosassoni si riferiscono alla Messa tradizionale.
Il Papa dice che se si trattasse semplicemente di “Messa in latino”, potrebbe essere la Messa di Paolo VI celebrata in latino, “e non ci sarebbe alcun problema”.
Il problema è che anche così ci sono dei problemi.

Abbiamo riportato recentemente in questo blog che diversi vescovi argentini proibiscono a loro fedeli di comunicarsi in ginocchio e, a maggior ragione, proibiscono che si canti in latino nelle Messe delle loro parrocchie. Chiunque può immaginare la sorte che toccherebbe ad un sacerdote che osasse celebrare la Messa in latino, nonostante potesse trattarsi del novus ordo.
O il Papa non è a conoscenza di ciò che realmente accade in gran parte del mondo cattolico, o intende “girarci intorno”, cioè girarci intorno per evitare la questione veramente scottante.

Ma non è questo che fa, perché affronta la questione di petto: «Penso che a volte il, diciamo, «abuso» nella liturgia che chiamiamo Messa del Vaticano II non sia stato utile a coloro che cercano una esperienza più profonda di preghiera, di contatto col mistero della fede, che sembravano trovare nella celebrazione della Messa tridentina. Ancora una volta ci siamo polarizzati, così che [solleviamo la questione] invece di poter dire: “Bene, se celebriamo la liturgia del Vaticano II in maniera adeguata, davvero trovate tanta differenza tra questa esperienza e l’altra esperienza?».

Qui trovo due problemi: gli abusi della Messa del Vaticano II non sono stati utili, ma sono stati dannosi, non solo per un dato gruppo di persone (che “cercavano una esperienza più profonda di preghiera, di contatto col mistero della fede”), ma per tutti cattolici, per la liturgia romana e per la stessa Chiesa. Un abuso non può mai essere utile ad alcuno e non deve essere ammesso. 

E sembrerebbe, - e uso il condizionale – che Leone offra una soluzione: “Celebriamo piamente la Messa di Paolo VI e risolveremo il problema”.
Inutile dire che in questo contesto questa non è la soluzione.
E’ possibile che il Papa non riesca cogliere il nocciolo della questione e riduca l’intero pasticcio ad una questione di diverse pie sensibilità?
E’ probabile, e non sarebbe sorprendente se fosse così.

Una persona amica molto vicina e intelligente era particolarmente furiosa con questa affermazione: “Leone XIV non capisce che la liturgia è qualcosa di ricevuto ed è parte della Tradizione, e proprio per questo non può essere riformata da un gruppo di saputelli, e tampoco da un Papa”.
Esatto, né più né meno di quello che diceva il Papa Benedetto XVI.
Ma la questione è che questo punto così importante e così sensibile non è stato compreso né da Paolo VI, che autorizzò questa riforma, né da Giovanni Paolo II, che la consolidò, né da Francesco, che stabilì che era l’unica forma della lex orandi. Inoltre mi azzardo a dire, perché l’ho sentito, che non è stato compreso nemmeno da buona parte dei membri della FSSPX e della FSSP, per i quali “se la riforma della Messa l’avesse fatta un Papa ortodosso, essi l’avrebbero accettata”, come accettarono le riforme di Pio XII e di Giovanni XXIII.

Mi sembra quindi ingiusto chiedere a Papa Leone, formatosi alla peggiore teologia degli ‘70, la chiarezza su un punto che nemmeno i più vicini alla Tradizione hanno, e tanto meno avevano i suoi immediati predecessori.

Leone XIV conclude con una buona notizia, anzi, un’ottima notizia: «Non ho ancora avuto l’opportunità di sedermi a un tavolo con un gruppo di persone che sostengono  il rito tridentino. Presto l’opportunità si presenterà e sono sicuro che ci saranno occasioni per discuterne. Si tratta di un argomento che credo abbiamo bisogno di sederci e parlarne, tramite la sinodalità. E’ diventato il tipo di questione così polarizzata che le persone spesso non sono disposte ascoltarsi reciprocamente».

Alcuni recalcitranti hanno trascurato questa questione, senza rendersi conto che si tratta di una novità che potrebbe cambiare radicalmente la situazione in cui ci troviamo con i difensori della Messa tradizionale.
Il Papa ricorre alla sinodalità come la intende lui: ascoltare.

Sebbene Francesco abbia incontrato i Superiori della FSSP e dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote, non si è trattato di riunioni “sinodali”, e con questo intendo dire che non furono incontri destinati ad ascoltare le ragioni dell’altro per discuterne e prendere una decisione su un problema concreto. La soluzione l’aveva presa prima con Traditiones Custodes, come l’aveva presa Giovanni Paolo II con l’Ecclesia Dei prima di ricevere i nuovi Superiori della FSSP

Credo che l’unica riunione “sinodale” di un Papa per trattare il tema della liturgia tradizionale sia stata quella tenuta da Paolo VI con Mons. Marcel Lefebvre l’11 settembre del 1976 – quasi cinquant’anni fa -,  riunione che durò solo 38 minuti e com’era prevedibile non servì a nulla.

In concreto, dopo 50 anni un Pontefice afferma che convocherà una riunione con coloro che sostengono e difendono la liturgia tradizionale, per ascoltarli e trovare una soluzione.
I Papi precedenti, per decidere, si sono consultati con i membri della Curia; Leone vuole ascoltare tutti. Non so quale sarà il meccanismo di tali riunioni e chi saranno i convocati, ma il solo fatto che Leone XIV si comprometta pubblicamente per convocarle, mi sembra una novità che non possiamo fare a meno di celebrare.

In conclusione, in termini generali, l’intervista mi sembra buona e di buon auspicio. Ci saranno forse elementi che ci piacciono di meno e altri che non ci piacciono affatto, ma questo non giustifica l’infamia di affermare che Papa Leone è un “Francesco dalle buone maniere”.
Lui è cattolico, il defunto Papa non lo era.






 
settembre  2025
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