Curia bergogliana e media vaticani:

un’egemonia che potrebbe soffocare Leone?


Di Gaetano Masciullo


Pubblicato sul sito americano The Remnant

Ripreso dal sito  Messa in Latino






Papa Francesco e Papa Leone XIV


Da un lato l’apparato di matrice bergogliana, che prosegue nella sua agenda progressista, dall’altro un Pontefice riflessivo, intenzionato a custodire l’unità della Chiesa.
Sullo sfondo, un sistema mediatico vaticano elitario e politicizzato, che rischia di condizionare fedeli e opinione pubblica con narrazioni preconfezionate.

Come descritto ampiamente in altri articoli, in Vaticano c’è oggi una forte dissonanza tra la Curia e il Papa. La prima è interamente opera di Francesco e ha l’obiettivo di portare avanti l’agenda di San Gallo, cioè riformare (leggi: rivoluzionare) la Chiesa cattolica in senso progressista, e pazienza se questo significa contraddire e cercare di nascondere sotto il tappeto la dottrina trasmessa dagli Apostoli e dai vescovi loro successori per duemila anni.
Sinodalità, ecumenismo, ecologismo, fratellanza universale, diaconato femminile, omosessualismo e permissivismo sessuale: questi i temi principali su cui si vuole spingere l’acceleratore.

Com’è ormai noto, Bergoglio era stato il candidato del Gruppo di San Gallo nei conclavi 2005 e 2013.
Una volta raggiunto il Soglio Petrino, tuttavia, si è comportato come un “cavallo pazzo” che ha voluto imporre la sua idea di Chiesa, un’agenda indipendente da quella sangallese, benché in larga parte compatibile con essa.

Morto Bergoglio, la sua Curia ha continuato a lavorare come se fosse ancora vivo.
Anzi, per certi versi con maggiore slancio e maggiore libertà, come dimostrato dall’entusiasmo di Pietro Parolin, il Segretario di Stato scelto da Francesco, e che tuttavia ha spesso mostrato insofferenza per la ristretta libertà d’azione che il Pontefice argentino concedeva alla diplomazia ufficiale della Santa Sede.

Allo stesso tempo, la Curia bergogliana oggi è preoccupata che Leone possa agire o insegnare contro quanto si è “incamerato, scorporato, incorporato e lottizzato” con fatica fino ad oggi. Per questo motivo, assistiamo a tutte queste esternazioni mediatiche atte a tranquillizzare l’opinione pubblica: tra Francesco e Leone c’è piena continuità!

Le cose però sono molto più complesse e in Vaticano la tensione è palpabile.
I curiali sperano di essere confermati, ma i dossier accumulati sulla scrivania del Santo Padre sono numerosi e voluminosi. E Papa Leone, a differenza di Francesco, non è impulsivo, ma riflessivo, metodico, ama ascoltare tutti e consigliarsi con molti.
Vedremo cosa accadrà nell’ora della decisione.

Va sottolineato che, secondo il diritto canonico, i membri della Curia agiscono in persona Papae, cioè operano in suo nome e con la sua autorità. Essi esercitano una potestà ordinaria, ma di tipo vicario, come confermato in modo esplicito dalla Costituzione apostolica Praedicate Evangelium (v. II.5).
In pratica, questo significa che ogni atto ufficiale compiuto dai curiali è parte integrante dell’attività di governo o di insegnamento del Papa, e va considerato come se fosse compiuto dal Papa stesso. Questo rende la situazione attuale ancora più delicata, perché se c’è divergenza tra le intenzioni del Papa e quelle dei Curiali, come possono i secondi essere coerenti nella loro funzione? Si rischia una schizofrenia.

Se la Curia vuole rivoluzionare ad ogni costo, Papa Leone vuole tenere “coesa” la Chiesa. Lasciare al suo interno il diavolo e l’acqua santa, magari ridimensionando un po’ il primo.
Una strategia che, a lungo andare, potrebbe però lasciare molto a desiderare.

Oltre alla Curia, di forte impianto bergogliano è rimasto operativo in Vaticano tutto l’apparato della comunicazione. Questo argomento - delicatissimo ma cruciale - è stato affrontato sinora da pochissimi diretti interessati.
In Italia, ne hanno parlato solo i giornalisti Nico Spuntoni e Francesco Capozza.

Solitamente, benché non viga alcun obbligo al riguardo, chi scrive di affari ecclesiastici è accreditato presso la Sala Stampa della Santa Sede. Tutti i corrispondenti accreditati possono - in linea teorica - partecipare, dopo debita comunicazione, ai vari eventi cui presenzia il Papa.

Dico in linea teorica perché, secondo quanto denunciato dai summenzionati giornalisti italiani, da qualche anno la situazione è cambiata.
Un’associazione privata ha ottenuto, durante il Pontificato di Francesco, l’appalto esclusivo per partecipare ai più importanti e delicati avvenimenti che prevedono la partecipazione del Papa, lasciando al di fuori migliaia di giornalisti accreditati provenienti da tutto il mondo. Il nome di questa associazione è AIGAV - Associazione Internazionale dei Giornalisti Accreditati in Vaticano.

Un club esclusivo, si potrebbe dire, cui partecipano solo 250 giornalisti selezionati in maniera attenta dal Presidente, la giornalista messicana Valentina Alazraki. Grande amica di Bergoglio - non c’è bisogno di sottolinearlo - che ha seguito in tutti i suoi viaggi apostolici. Era da lui chiamata, in maniera molto significativa, “la decana”.

Insieme a lei, a capo dell’AIGAV ci sarebbe un direttivo molto ristretto che aiuta a selezionare i membri. Tra i giornalisti accreditati che vengono scelti a far parte di questo club ci sono, secondo quanto scritto dal vaticanista Francesco Capozza su Il Tempo, solo corrispondenti “di dichiarata fede progressista”.

Nico Spuntoni, vaticanista de La Nuova Bussola Quotidiana, si è lamentato dell’esistenza di questa casta sin dai primissimi giorni del nuovo Pontificato.

All’indomani dell’incontro di Papa Leone con i rappresentanti dei media che erano convenuti a Roma per il Conclave, Spuntoni scriveva che “il Dicastero per la Comunicazione, uno dei più costosi della Santa Sede, si è dimostrato non all’altezza (anche) nel momento più importante”.
Nonostante l’inefficienza dimostrata dalla Sala Stampa e del suo direttore santegidiano Matteo Bruni, “i pezzi da novanta della comunicazione vaticana nel pontificato bergogliano erano in prima fila ad autocelebrarsi” dinanzi a Prevost, anche se “la maggior parte di loro aveva dato per scontato (ed aveva sperato) che dalla loggia centrale si fosse affacciato il volto più familiare di Pietro Parolin”.

Spuntoni faceva ancora notare che “le prime file sono state accuratamente riservate a dirigenti televisivi, direttori di giornali un tempo anticlericali e ad alcuni vaticanisti (per lo più italiani)”.
Una ricostruzione simile a quella scritta da Capozza su Il Tempo, secondo il quale, durante il primo incontro di Leone XIV con tutti i cronisti, “furono ammessi alla prima fila (separati da una transenna dagli altri) e al baciamano solo una manciata di eletti, ovviamente dell’AIGAV”.
Sempre secondo Capozza, anche alla “Messa nei giardini di Castel Gandolfo alla presenza del Presidente ucraino Zelenzky hanno partecipato solo cinque giornalisti selezionati, esclusivamente associati AIGAV”.

Insomma, sembra che il mondo della comunicazione vaticana sia fortemente legata alla Curia, ancora bergogliana.
Per inciso, secondo le nostre fonti, tra i nomi dei giornalisti “sorteggiati” dal direttivo dell’AIGAV per occupare le prime file durante la prima udienza con la stampa, figurava anche quello di Elise Ann Allen — corrispondente di Crux e nuova biografa di Papa Leone, scelta (o forse indicata da qualcuno) per questo incarico. Una coincidenza per lo meno curiosa.

Durante il pontificato di Francesco, la comunicazione vaticana ha operato per occultare scandali e amplificare le posizioni dei modernisti più radicali.
Questa struttura comunicativa oggi non è un’entità autonoma: vive in simbiosi con la Curia, la quale - come abbiamo detto più volte - è ancora di stampo bergogliano.
Questa casta della comunicazione ne riflette le logiche e ne protegge gli interessi. Finché sopravviverà quella Curia, anche la sua casta mediatica continuerà ad avere spazio e potere.

Comprensibilmente Papa Leone XIV ha problemi ben più grossi da affrontare e risolvere. Tuttavia, non si può trascurare che la questione della comunicazione vaticana e del monopolio dell’informazione rappresenta un problema di enorme rilevanza ecclesiale e pastorale.
Se la Chiesa è, per divina istituzione, custode e maestra della Verità, non può permettersi di lasciare la gestione della propria immagine pubblica a ristrette élite mediatiche, chiaramente orientate ideologicamente.

Il Santo Padre dovrebbe trovare il tempo e la forza di occuparsene seriamente e di verificare se quanto finora emerso corrisponde a verità, perché qui non si tratta soltanto di dinamiche giornalistiche, ma di un’autentica discriminazione ai danni dei cronisti “meno allineati”, ossia di coloro che non si piegano a uno schema progressista preconfezionato.
I bergogliani sanno bene che avere in mano l’opinione pubblica significa condizionare milioni di fedeli e plasmare, almeno nell’apparenza, l’immagine della Chiesa.

L’era dell’informazione è soprattutto l’era della disinformazione.
Con il controllo dei canali comunicativi, si possono costruire narrazioni false, si possono deformare discorsi e documenti, si può far credere che il Papa abbia detto qualcosa anche se, in realtà, ha proferito il suo esatto contrario.
È il regno dell’equivoco pilotato, che porta confusione tra i fedeli e mina la loro fiducia nella Chiesa.

Se Leone XIV vorrà realmente custodire la coesione ecclesiale, se non anche difendere l’integrità della fede, dovrà necessariamente intervenire anche su questo fronte, restituendo dignità e libertà al mondo della comunicazione vaticana.
Non si tratta solo di trasparenza, ma di giustizia e di fedeltà alla missione che Cristo ha affidato alla sua Chiesa: annunciare senza veli o ipocrisie, senza manipolazioni e senza censure la realtà del Vangelo.



 
settembre  2025
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