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Papa Leone tra ambiguità e indifferentismo ![]() D’altra parte, siamo nell’epoca della comunicazione istantanea, e da quando anche i papi hanno deciso di aderirvi vale pure per loro il detto “chi di intervista colpisce di intervista perisce”. Dunque, nella risposta alla giornalista di EWTN News il Papa ha sostanzialmente difeso la decisione del cardinale Cupich di attribuire un premio alla carriera a un senatore democratico pro-aborto. Lo ha fatto con una serie di giri di parole, ma lo ha fatto. Il che conferma l’impressione che molti di noi già avevano da un po’ di tempo. Lo dico in modo brutale: siamo di fronte al pericolo di un papato che si ispira al cerchiobottismo, non alla testimonianza della verità. Papa Prevost non è un ignorante e non è goffo. Anzi, è scaltro e calcolatore. Quindi ciò che dice è frutto di una valutazione precisa. Purtroppo, però, ciò che dice si ispira alla logica del “sì ma anche no, no ma anche sì” che denunciammo nell’ormai lontano 2016 a proposito di Bergoglio e ora dobbiamo ribadire. Con un’aggravante: se Bergoglio era rozzo e gli piaceva essere divisivo, Prevost persegue la sua linea a suon di suadenti “parliamone”. Ma la persegue. Vediamo ancora una volta che cosa dice Prevost nella sua dichiarazione. «Penso sia importante considerare il lavoro complessivo svolto da un senatore durante, se non sbaglio, quarant’anni di servizio al Senato degli Stati Uniti. Comprendo le difficoltà e le tensioni. Ma come ho detto in altre occasioni, è importante considerare le numerose questioni legate all’insegnamento della Chiesa. Chi dice “sono contro l’aborto” ma è a favore della pena di morte non è veramente pro-life. Chi dice “sono contro l’aborto” ma concorda con il trattamento disumano degli immigrati negli Stati Uniti, non so se questo sia pro-life. Sono questioni molto complesse e non so se qualcuno conosca tutta la verità al riguardo, ma vorrei chiedere soprattutto che le persone si rispettino a vicenda e cerchino insieme la strada». Tanto fumo e poco arrosto. E quel poco arrosto è immangiabile. L’elogio dei “quarant’anni di servizio” è paradossale. Se uno, favorendo l’aborto, ha contribuito alla morte degli innocenti, poco importa che in quarant’anni abbia fatto, forse, anche qualcosa di buono. Ha contribuito a un peccato gravissimo e non ci sono attenuanti. Nessun “servizio” (ma quale?) può controbilanciare il peccato commesso. Inoltre, spostando l’attenzione dall’aborto alla pena di morte e all’immigrazione il Papa dimostra di essere un tipico benaltrista, uno di quelli che eludono un problema sostenendo che ce ne sono ben altri da prendere in considerazione. Ma ciò che forse è più grave è che il Papa dica che “nessuno possiede tutta la verità” su certe questioni, il che, oltre a essere falso, ricorda in modo sinistro il “chi sono io per giudicare” di Bergoglio. Forse il signor Prevost, in quanto signor Prevost, non possiede tutta la verità. Ma la Chiesa non solo può possederla, ma deve possederla. E infatti la possiede. E il signor Prevost, in quanto Papa, deve essere il custode e il servitore della verità. Circa l’aborto, la Chiesa dice che è un crimine e pertanto è inammissibile. Non c’è da discutere. Non ci sono “ma” e non ci sono “se”. Aggiungo che il tentativo di minimizzare lo scandalo ricorrendo alla solita solfa del “rispetto reciproco” tra cattolici che la pensano diversamente sa tanto di untuosa ipocrisia e si ritorce contro i vescovi che coraggiosamente hanno denunciato la scelta di Cupich. Spiace dirlo, ma con la sua dichiarazione Papa Prevost si è mostrato più attento a lisciare il pelo del pensiero dominante che a testimoniare la verità. Il risultato è che i fedeli, una volta ancora, sono ingannati e depistati. La difesa della vita nascente è un caposaldo che non può essere barattato. Premiare un uomo, un politico, che per decenni ha promosso l’uccisione degli innocenti è qualcosa di diabolico, e il Papa dovrebbe dirlo chiaro e tondo. Altrimenti, pur in modo più felpato, si comporta come Bergoglio, che denunciava l’aborto e poi rendeva omaggio a una megera che l’aveva promosso e praticato. Si sperava che il tempo della confusione, dell’ambiguità e del tradimento fosse finito. Tutto lascia pensare invece che l’incubo continui. E lo lascia pensare anche l’intenzione del Papa per il mese di ottobre, dedicata alla preghiera “per la collaborazione tra le diverse tradizioni religiose”. Solita storia: indifferentismo religioso ed ecumenismo a piene mani. La linea di demarcazione tra il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo e lo spirito del mondo è annullata, immersa nel brodo massonico della “fratellanza umana”. La ragion d’essere della Chiesa cattolica non è “rendere credibile il sogno del bene comune”, ma salvare le anime proclamando la regalità di Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini. Qualsiasi preghiera che ponga Nostro Signore Gesù Cristo sullo stesso piano delle “religioni” che negano la sua divinità o rifiutano la sua croce non è autentica preghiera cattolica ma un tradimento della nostra fede. Quando il Papa dice, attirandosi gli applausi del mondo, che le religioni “a volte diventano fonte di conflitto” lascia intendere che la verità è troppo divisiva e quindi debba essere un po’ ammorbidita. Eppure risulta che Nostro Signore abbia detto di essere venuto a portare non la pace, ma la spada. La verità divide, certo. Se non divide, è solo chiacchiera che piace al mondo. Nell’intenzione di preghiera non ci viene risparmiato neppure il ritornello secondo cui le religioni devono essere “ponti” e non “muri”. Ma la nostra fede non è un mero ponte tra religioni tutte uguali. Se così fosse, perché Cristo avrebbe chiesto ai suoi di andare in tutto il mondo a proclamare la fede, a fare discepoli e a battezzare? I martiri non sono morti perché volevano gettare ponti di collaborazione ma perché non rinunciarono a testimoniare la verità. Tutta l’intenzione di preghiera è pervasa da un sentimentalismo che non ha nulla a che fare con ciò che ha insegnato Nostro Signore. Come se i cattolici fossero operatori umanitari e non soldati di Cristo. Per il cattolico, l’unico modo per pregare per la pace, la giustizia e il bene comune è proclamare che Cristo è Re dell’universo, il che implica pentimento e conversione. Se non lo fa, tradisce la sua missione. E se il Papa non gli chiede di farlo, tradisce sé stesso. Credetemi, non scrivo queste valutazioni a cuor leggero. Davvero avevo sperato in Papa Prevost, ma vedo che sta ricalcando passi sciagurati. |