Terra Santa :

il Patriarca latino di Gerusalemme

vuole credere al piano di Donald Trump



della Fraternità San Pio X







Il cardinale Pierbattista Pizzaballa
Patriarca latino di Gerusalemme



Dopo l’intercettazione da parte di Israele della Flottiglia internazionale di tendenza islamo-sinistrorsa partita da Barcellona (Spagna) per sbloccare il blocco di Gaza, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, ritorna sulle speranze di pace in Terra Santa, riaccese dal piano di pace proposto da Donald Trump.

Il giornalista italiano Mario Calabresi dà la parola ad un alto prelato lucido e moderatamente ottimista: il cardinale Pizzaballa: «L’abbordaggio della flottiglia era inevitabile. Io avevo parlato con gli organizzatori per dissuaderli dal giungere ad uno scontro con le autorità isaraeliane. (…) Tanto più che questa flottiglia non porta nulla agli abitanti di Gaza e non modifica in alcun modo la situazione».   

Un giudizio senza appello che contrasta col beato angelismo dei media progressisti occidentali, che vorrebbero far passare gli agitatori islamo-sinistri della Flottiglia in viaggio per la striscia di Gaza, per chierichetti animati da uno spirito di pace e fraternità.

Ritornando alla situazione dei cristiani della regione, il cardinale Pizzaballa ricorda che nei suoi 35 anni passati a Gerusalemme non ha mai vissuto un periodo così doloroso e tragico. «C’è stato il tempo della guerra, quello della speranza, quello della costruzione laboriosa di un processo di pace, poi il tempo del crepuscolo di ogni possibile coesistenza, segnato dalla vittoria degli estremisti e del radicalismo. E oggi stiamo attraversando l’ora delle rovine».   

E in appoggio alle sue dichiarazioni, egli ricorda: «La situazione è drammatica. Le immagini rendono giustizia solo parzialmente a ciò che si sta vivendo sul posto. La distruzione è colossale.  Più dell’80% delle infrastrutture sono ridotte in rovina e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto essere spostate ed evacuate tre, quattro, cinque e perfino sette volte. Famiglie che hanno perso tutto».  

La sua descrizione della vita a Gaza evoca la fame «reale» vissuta dagli abitanti, anche se evita di usare il termine carestia, spesso strumentalizzato per fini propagandistici: «Non si tratta solo di quantità, ma anche di qualità: non arrivano né frutta, né legumi, né carne: due anni senza vitamine né proteine. Un disastro assoluto». 

A questo si aggiunge «l’assenza quasi totale di ospedali, che rende impossibile la cura dei feriti, dei mutilati e anche delle comuni malattie che non possono essere seguite: penso alla dialisi, che è scomparsa; al cancro, per il quale l’oncologia non esiste più».
I bisogni non si limitano a quelli materiali: «Penso anche che stiamo entrando nel terzo anno senza scuole per i bambini e gli adolescenti. E’ molto difficile parlare di speranza se non ci sono più scuole, se l’educazione diventa impossibile».

La comunità rifugiata nella parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza ha scelto di restare. Decisione pericolosa ma inevitabile: «Nella parrocchia vi sono dei musulmani gravemente disabili che non hanno alcuna possibilità di muoversi, assistiti dalle suore. E delle persone anziane molto fragili per i quali partire equivarrebbe a morire. Essi devono rimanere, e i nostri sacerdoti e le nostre suore hanno deciso di restare con loro; è la scelta della Chiesa che ha deciso di rimanere come presenza attiva e pacifica», sottolinea il cardinale Pizzaballa.

Riguardo al piano di pace imposto alle parti dall’inquilino della Casa Bianca, il Patriarca vuole credere che una soluzione pacifica sia ancora possibile: «Il piano di Trump presenta numerose lacune, ma è vero che nessun piano sarà mai perfetto. Tutti sono stanchi, esausti e devastati da questa guerra, e sembra ormai evidente che ci si muove verso una soluzione».

Tuttavia, anche se le armi tacessero e Hamas accettasse di rilasciare gli ostaggi e di essere disarmato, questo non significherebbe la fine del conflitto, afferma il Patriarca di Gerusalemme: «Il conflitto durerà ancora per lungo tempo, poiché le cause profonde di questa guerra non sono state ancora affrontate. Il conflitto israelo-palestinese non finirà fino a quando non si offrirà al popolo palestinese una prospettiva chiara, evidente e reale. Le conseguenze e le ripercussioni di questa guerra per entrambe le due popolazioni israeliana e palestinese dureranno per molti anni».


 


 
ottobre  2025
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