La vera storia di Cristoforo Colombo



di Marcello Veneziani


Pubblicato sul quotidiano La Verità del 12 ottobre 2025


Ripreso sul sito dell'Autore






Statua di Cristoforo Colombo a Washington, USA



Ieri, 12 ottobre, è stato il Columbus day, il giorno fatidico in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America nel 1492.
Da qualche anno quella ricorrenza gloriosa è coperta d’infamia negli Usa dalla cancel culture, che considera Colombo una sorta di stupratore e di massacratore, di colonialista e di imperialista, al servizio del potere più becero. Ed è bilanciata dalla giornata seguente dedicata ai nativi colonizzati.

Abbattere le statue e le insegne che ricordano il navigatore genovese è uno sport assai diffuso negli Usa, e mi auguro che con Donald Trump questo scempio d’ingratitudine gli sia risparmiato almeno sul piano istituzionale e nel paese sia quantomeno contenuto e confutato.

Ma non voglio tornare sulla solita storia di Colombo, il suo presunto abbaglio di aver raggiunto le Indie e nemmeno le miserabili cattiverie iconoclaste del nostro presente.
Ma voglio piuttosto raccontarvi la sua storia segreta e la ricerca di un anziano signore romano che ha dedicato tutta la vita a inseguire Colombo e le sue caravelle per poi dirci come andarono veramente le cose in quell’impresa storica e leggendaria che segna l’avvento della modernità con la scoperta del Nuovo Mondo.

Lo stalker di Colombo si chiama Ruggero Marino, vive a Roma ed è attualmente un pensionato.
Conosco Marino da più di trent’anni, da quando era giornalista de Il Tempo di Roma. Sin da allora era famoso come il biografo di Colombo, a cui ha dedicato libri come “L’uomo che superò i confini del mondo”.
Aveva sin d’allora il bernoccolo di Colombo, era diventato la fissazione della sua vita e appena lo incontravi ti parlava di lui, della sua impresa e della scoperta nella scoperta che aveva fatto lavorando tra archivi e congetture. Ne conoscevamo altri appassionati colombiani, come il politico democristiano Paolo Emilio Taviani, padre dei fratelli Taviani e altri storici e cineasti.

Ma Ruggero Marino si è impegnato a rivelare il segreto di Colombo.
L’ho incontrato giorni fa dopo tanti anni e puntualmente, subito dopo i saluti, ha tirato fuori quella che per lui sarebbe la storia vera di Colombo.
In tutti questi anni in cui ci eravamo persi di vista, Marino non ha mai smesso di occuparsi di Colombo e di recente ha pubblicato ancora un libro su di lui, La verità nascosta su Cristoforo Colombo (ed. L’Onda).
Qual è la sua tesi sconvolgente?

La lascio dire in una battuta a Richard Owen che parlò della sua ricerca sul Time: “Cristoforo Colombo non ha scoperto l’America per conto dei reali di Spagna, ma durante una missione segreta voluta dal Papa Innocenzo VIII che era suo padre o almeno suo zio”.

Beh, riprendetevi dallo choc storico-religioso, e ascoltate.

La scoperta di Colombo, anzi la scoperta al quadrato di Marino su Colombo parte dall’interpretazione di un’iscrizione sulla tomba in Vaticano, nella basilica di San Pietro, del Papa genovese Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cybo: “Novi orbis suo aevo inventi gloria”, ovvero “La scoperta di un nuovo mondo nel tempo del suo pontificato”.
Su quella iscrizione e su altre circostanze e considerazioni concomitanti, Marino incrocia dati e supposizioni e costruisce la sua tesi che il Pontefice avrebbe voluto la spedizione di Cristoforo, che come dice il suo stesso nome, è portatore di Cristo; non dunque Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, reali di Spagna, ma il primo vero imprinting fu di Santa Madre Chiesa e del suo Santo Padre (padre in tutti i sensi nel suo caso).

E nei capitoli del suo ultimo libro Marino si sofferma sulle motivazioni profonde, il significato religioso, esoterico e sacrale dell’impresa. Scorre una suggestiva navigazione tra fede e apocalissi, l’alchimia, i simboli, la tradizione gioachimita, la cabala e la tradizione ebraica; un grande fervore religioso anima questo navigatore che l’autore definisce un “singolare, enigmatico cristiano”.

Papa Leone XIV, il primo papa statunitense, non può ignorare la rivelazione – papale papale – di Marino. Lo riguarda in quanto Pontefice, in quanto statunitense e in quanto d’origine mezza italiana. Ma soprattutto lo riguarda in quanto l’impresa colombiana appare animata più da propositi evangelici, missionari che da mera volontà di conquista del potente impero spagnolo.
E la genesi messianica, comunque religiosa della scoperta dell’America dovrebbe stargli a cuore, o perlomeno destare la sua curiosità.
Tanto più che proprio il suo predecessore a cui si è direttamente ispirato nella scelta del nome pontificale, Leone XIII, propose di proclamare Cristoforo Colombo santo, come del resto aveva proposto prima di lui Pio IX.
Lo attesta un’appendice documentaria nel libro di Marino. Non sono in grado di confermare o meno la fondatezza della sua tesi, ma è una ipotesi intrigante, anche se probabilmente genera imbarazzo in Vaticano immaginare che Colombo fosse addirittura figlio del Papa e suo inviato alla scoperta del Mondo Nuovo.
Un Papa-papà, del resto, non è cosa nuova in quel tempo (si pensi al successore di Papa Cybo, ossia Papa Borgia, Alessandro VI, padre di Cesare e di Lucrezia Borgia); anche se sarebbe piuttosto imbarazzante santificare il figlio di un Papa.
Da un Santo Padre a un santo figlio.
Marino prudentemente ventila anche l’ipotesi più rassicurante che Papa Innocenzo VIII fosse solo zio del navigatore. Ma l’ombra resta.

Secondo lo storico Piero Melograni, Colombo era un ottimo geografo, aveva già compiuto numerosi viaggi e probabilmente era stato in America già prima del 1492. Sembra del resto, aggiungeva lo storico, che anche taluni Vikinghi, Cinesi e Islandesi fossero arrivati in quel continente prima di lui e che qualcosa si sapesse in giro.

Insomma, Colombo non stava semplicemente cercando le Indie, “buscar el levante por el poniente” e poi si trovò in un mondo nuovo che prese il nome di America da Amerigo Vespucci.
Ma è interessante il coagulo di temi religiosi e profetici alle spalle dell’impresa che Marino ricostruisce. E che la spedizione navale significasse anche una specie di rinnovamento spirituale della Cristianità che viveva un momento assai tempestoso, come dimostrano le 95 tesi di Martin Lutero e la riforma protestante di pochi anni dopo.

Al di là della tesi di Marino resta però verace la motivazione religiosa dell’impresa: anche se la modernità con la scoperta del Mondo Nuovo ebbe una forte spinta in direzione contraria, un’impresa del genere fu mossa e animata dalla fede cristiana e dallo spirito missionario, seppur mescolato alle ragioni secolari e profane di una conquista.

Colombo, a suo modo, sarebbe stato un crociato alla conquista della terra nuova, dopo la Terrasanta. Del resto una croce rossa, crociata, come quella dei templari, spiccava sulle bianche vele delle sue caravelle.



Le tre caravelle di Colombo: la Niña, la Pinta e la Santa Maria







 
ottobre  2025
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