“Dilexi te” / Poveri loro. E poveri noi. 


di Aldo Maria Valli



Pubblicato sul sito dell'Autore









Sarò sincero: la “Dilexi te” mi ha annoiato e mi ha fatto venire un po’ di orticaria.

Qualcuno dirà: ecco il solito brontolone. Sarò pure brontolone, ma mi è bastato leggere i titoli di alcuni capitoli (“Una Chiesa per i poveri”, “La scelta dei poveri”, “Il grido dei poveri”, “Accompagnare i migranti”, “Accanto agli ultimi”, “I poveri come soggetti”) per ricevere una zaffata di teologia della liberazione e sentire sul collo il fiato bergogliano. Poco gradevole.

Presentato come “completamento” di un documento incompiuto di Francesco, il testo sembra scritto da uno che si è ispirato all’Agenda 2030 dell’ONU (apertamente elogiata) più che alla dottrina sociale della Chiesa.

Le citazioni evangeliche non mancano, ma il tono generale è tanto prevedibile quanto vago. Si parla di “strutture” e “sistemi” che richiedono conversione, ma quali sono?
Si condanna l'”ingiustizia”, ma che cosa sia giusto e ingiusto non è precisato. Le parole suonano bene, ma alla fine che cosa resta?
Il solito umanitarismo già dispensato dal mondo, senza che ci sia bisogno che la Chiesa si aggreghi.

Un amico mi ha detto: “Sembra scritta con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale”. Non voglio essere malizioso, ma non lo escluderei.
E un altro: “Pensavamo di avere un Papa statunitense, invece abbiamo di nuovo un sudamericano”.

L’espressione “opzione preferenziale per i poveri” ricorre come un ritornello anch’esso vuoto. La retorica dell’”accompagnamento” e della “solidarietà” è diffusa a piene mani. Ma tutto resta, oltre che vago, molto orizzontale.
Lo sguardo non si innalza verso l’ordine soprannaturale. La Chiesa è ridotta ad agenzia sociale.

L’idea che aiutare i poveri significhi anche evangelizzarli e convertirli alla fede cattolica non è contemplata. Si resta sul piano dell’attivismo buono in sé e per sé.

Nel documento si dà per scontato che il numero dei poveri stia aumentando, il che è contestato da diversi rapporti secondo cui la povertà globale è in costante diminuzione.

Ma in un certo senso il Papa ha ragione. Sì, i poveri stanno aumentando se parliamo dei poveri dal punto di vista spirituale, lasciati senza nutrimento da una Chiesa che insegue le idee del mondo.

Si nota lo sforzo, specie tramite le citazioni, di rivestire il tutto con una patina cristiana, ma non basta un pizzico di Crisostomo qua e un tocco di Agostino là per dare spessore a ciò che resta indeterminato e ben poco cattolico.

Il Regno sociale di Cristo come soluzione dei problemi dei poveri, e di ogni altro problema, non sfiora la mente dell’autore. La Chiesa è ridotta a organizzazione benefica.

Nostro Signore resta sullo sfondo. Come se il Suo compito fosse solo quello di benedire l’implementazione di politiche sociali.

A un certo punto, con riferimento ai poveri e alla povertà, si legge: “Il messaggio della parola di Dio è così chiaro e diretto, così semplice ed eloquente, che nessuna interpretazione ecclesiale ha il diritto di relativizzarlo”.

Buffo che queste parole arrivino da una Chiesa, quella postconcilare, che ha relativizzato tutto: morale familiare e sessuale, dottrina sulla salvezza e del peccato, dottrina sulla conversione, dottrina su giudizio, inferno e paradiso.
Solo per quanto riguarda i poveri nessuna interpretazione ecclesiale ha il diritto di relativizzare?

In conclusione, un altro testo che possiamo ignorare perché non ci dà nutrimento. Poveri noi.





 
ottobre 2025
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI