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Il nuovo Prefetto per i Vescovi è Mons. Filippo Iannone di Gaetano Masciullo Pubblicato l'8 ottobre 2025 sul
giornale americano online: Remnant
News Paper
Ripreso e tradotto il 13 ottobre 2025 sul sito Messa in Latino ![]() Mons. Filippo Iannone Il 26 settembre 2025, Papa Leone XIV ha nominato il vescovo Filippo Iannone O. Carm. Prefetto per i Vescovi, ponendo fine a quattro mesi di vacanza seguiti all’elezione a Papa di Robert Francis Prevost, già chiamato da Francesco nel 2023 a guidare tale Dicastero. Questa nomina rappresenta il primo atto di governo autenticamente riconducibile a Papa Prevost: un gesto che porta l’impronta del suo stile, sia per la lenta ponderazione con cui è stato compiuto, sia per la scelta di una figura che, come vedremo, incarna un profilo pastorale e istituzionale molto vicino a quello del Pontefice stesso. Il vescovo Filippo Iannone, napoletano di origine e giurista di formazione, vanta un curriculum solido e autorevole. Dopo aver ricoperto incarichi delicati nella sua diocesi, nel 2009 è stato nominato da Benedetto XVI Vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, succedendo a Luca Brandolini, dimessosi per raggiunti limiti d’età. Fonti interne confermano che Iannone ha risanato la diocesi, correggendo gravi inefficienze attribuite al predecessore, giudicato “pessimo” per gestione e indirizzo. Parallelamente, ha insegnato Diritto canonico presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, distinguendosi per rigore metodologico, chiarezza espositiva e assoluta fedeltà alla dottrina: nessuna concessione a opinioni personali, né tantomeno a derive eterodosse. Nel 2017, Papa Francesco chiamò Filippo Iannone in Curia, nominandolo segretario aggiunto del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. L’anno successivo, lo promuoveva Presidente dello stesso organismo. Il Pontificio Consiglio è incaricato di interpretare ufficialmente le leggi della Chiesa — in particolare il Codice di Diritto Canonico e quello delle Chiese Orientali. Fornisce, inoltre, consulenza giuridica ai dicasteri vaticani e alle conferenze episcopali, e promuove la formazione canonistica all’interno della Chiesa. Nonostante il prestigio del suo ruolo e la stima di cui gode in Curia, Iannone non ha mai ricevuto la berretta cardinalizia da Papa Francesco. È ragionevole attendersi che Leone XIV provveda nei prossimi Concistori a tributargli questo riconoscimento, data l’importanza del Dicastero per i Vescovi e la tradizione che vede quasi sempre un cardinale a guidarlo. Un riconoscimento che non sarebbe soltanto onorifico, ma anche funzionale, poiché garantirebbe a Iannone piena autorevolezza all’interno della Curia e nel governo episcopale mondiale. La nomina di Filippo Iannone a capo del Dicastero per i Vescovi è una notizia decisamente positiva, soprattutto se confrontata con i pronostici che davano per favorito il cardinale Luis Antonio Tagle. Tagle, grande elettore di Prevost e amico personale del Pontefice, è il volto più noto della teologia progressista asiatica, tanto da essere soprannominato il “Francesco asiatico”. Esponente della cosiddetta Scuola di Bologna, interpreta il Concilio Vaticano II come rottura rispetto alla tradizione preconciliare e sostiene una visione della sinodalità intesa come decentramento del potere pontificio a favore di un’autorità collegiale diffusa tra i vescovi. La sua tesi di dottorato verteva proprio sulla collegialità episcopale nella dottrina di Paolo VI. La nomina al Dicastero per i Vescovi è strategica: determina chi guida le diocesi nel mondo, e quindi chi forma il corpo episcopale che incarna la Chiesa docente. La nomina di Tagle avrebbe rafforzato una linea più esplicitamente bergogliana, privilegiando la scelta di vescovi aperti a forme di sinodalità decentrata e a letture pastorali meno legate alla dottrina ufficiale della Chiesa. Iannone, invece, al pari di Prevost, è un giurista. La sua storia personale mostra prudenza, metodo e capacità di risanamento. Tuttavia, non bisogna dimenticare che, benché certamente nevralgico e strategico all’interno della Curia, il Dicastero per i Vescovi lavora in sinergia con la Segreteria di Stato e dipende dall’approvazione ultima del Pontefice. La sua funzione è quella di coordinare il processo di selezione episcopale, ma le leve decisive restano altrove: nei Nunzi Apostolici, che raccolgono informazioni e suggeriscono candidati, nella Segreteria di Stato, che filtra e orienta le proposte, e infine nel Papa, che conserva la prerogativa assoluta di nomina. La gestione di Robert Francis Prevost dello stesso Dicastero è stata emblematica. Pur formalmente a capo, la sua azione è stata fortemente condizionata dalla sua squadra operativa, in particolare dal Segretario Mons. Ilson de Jesus Montanari. Secondo fonti interne, le rose di candidati elaborate dal Dicastero venivano spesso rigettate da Papa Francesco, che preferiva scegliere personalmente i nomi da porre a capo delle diocesi. In alcuni casi, il Papa interveniva direttamente, bypassando l’intero iter consultivo, con decisioni che riflettevano la sua agenda personale ed esclusiva. Detto ciò, certamente ridimensiona l’entusiasmo sapere che Papa Leone XIV ha confermato, al fianco del nuovo Prefetto, la “squadra bergogliana” del Dicastero. Il vescovo Ilson de Jesus Montanari è stato confermato come Segretario ad aliud quinquennium, per altri cinque anni, e lo stesso vale per Monsignor Ivan Kovač, finora Officiale dello stesso Dicastero e adesso nominato Sottosegretario per i prossimi cinque anni. Come interpretare, dunque, la scelta di Papa Leone? La scelta di Leone XIV si presenta come un gesto di continuità prudente. Non una rottura con il pontificato bergogliano, ma nemmeno la sua piena prosecuzione senza riserve. Optare per Tagle, come molti avevano previsto, sarebbe stato un segnale troppo netto, un marchio di assoluta fedeltà alla linea progressista, che avrebbe irritato non poco i settori più conservatori e tradizionali della Chiesa. Avrebbe inoltre rischiato di alienare alcuni cardinali elettori dello stesso Leone, come il newyorkese Dolan, già amareggiato dall’esperienza con Francesco (nel quale pure aveva riposto il voto nel 2013 e le speranze). Invece, la scelta di Iannone, canonista autorevole e discreto, consente al Pontefice di confermare la rotta senza creare rotture di immagine troppo vistose. Il nuovo Prefetto, infatti, incarna uno stile che in parte riflette quello dello stesso Leone XIV: giurista metodico, rispettoso delle regole, incline alla collaborazione piuttosto che all’accentramento. Anche il Papa mostra la stessa attitudine: riflessivo, amante della delega, desideroso di creare un clima di lavoro collegiale. Il problema è, quindi, la conferma al suo fianco di Ilson de Jesus Montanari, figura ben più indipendente e intraprendente, che con tutta probabilità continuerà ad avere un ruolo decisivo nella redazione delle rose dei candidati vescovi, insieme alla Segreteria di Stato di Pietro Parolin. E questa, come noto, non è composta da uomini riconducibili a una linea fedele alla Tradizione. La conferma di Montanari e della “squadra bergogliana” pesa ancor più se si guarda alle prime nomine episcopali firmate da Leone XIV. Alcune di esse destano non poca perplessità: personalità dottrinalmente ambigue o apertamente eretiche, il cui profilo rischia di indebolire ulteriormente la solidità della Chiesa. È qui che si gioca davvero il futuro del Pontificato: non tanto nella questione liturgica della Messa tradizionale, pur centrale, quanto nella formazione del nuovo episcopato, ossatura concreta della Chiesa. Leone non intende certo procedere con epurazioni radicali. È ben consapevole dei gravi problemi lasciati dal Pontificato di Francesco, ma non vuole replicarne lo stile autoritario e divisivo, che ha prodotto tante ferite. Preferisce puntare alla coesione ecclesiale, mantenendo unite le diverse sensibilità, persuaso che solo così si potrà dare alla sinodalità una reale profondità: un ascolto ampio, in cui il Papa rimane arbitro ultimo, ma senza spezzare il corpo ecclesiale. La nomina di Iannone, canonista conservatore ma amante del dialogo, accompagnato da un Segretario progressista ma indipendente, riflette proprio questa volontà di equilibrio. Non è escluso che Leone abbia in mente un progetto giuridico più ampio. Essendo egli stesso un canonista, potrebbe voler imprimere una riforma più strutturata al sistema legale della Chiesa (chissà: forse anche al ruolo dell’episcopato?), e per questo ha scelto un Prefetto dotato della competenza necessaria per guidare una simile opera. L’attenzione alla dimensione disciplinare non è casuale: in questi anni, i vescovi sono stati al centro di gravissime crisi. Dal Cammino sinodale tedesco, con le sue posizioni palesemente eterodosse, agli scandali degli abusi sessuali, è evidente che l’episcopato mondiale non ha dato buona prova di sé. La figura di Iannone, in questo senso, offrirebbe garanzie. Nei primi tempi del Cammino sinodale tedesco, egli aveva sottoscritto un documento giuridico chiaro e inequivocabile, in cui spiegava come le decisioni prese dai vescovi tedeschi non fossero “ecclesiologicamente valide”. Allo stesso modo, a lui si devono alcune precisazioni giuridiche di grande importanza, come quella che ha ribadito l’inconciliabilità assoluta tra Chiesa cattolica e Massoneria. Non va dimenticato, inoltre, che Iannone si è distinto anche per la sua chiarezza in materia di disciplina canonica, in particolare proprio nella lotta agli abusi sessuali. In un’intervista a Vatican News del 2024, egli spiegava con rigore le procedure relative alla punizione dei delitti, alla remissione delle scomuniche e alla tutela delle vittime, insistendo sul principio supremo della salus animarum. La sua competenza giuridica in questo campo delicatissimo rappresenta una garanzia ulteriore, specialmente dopo gli scandali che hanno gravemente compromesso la credibilità di non pochi episcopati. La nomina di Mons. Iannone segna perciò un passo significativo: un profilo solido, fedele al diritto e capace di riformare, ma inserito in un contesto ancora segnato dall’ombra del pontificato precedente. Leone XIV ha scelto la via dell’equilibrio, senza voltare pagina in modo netto, ma senza neppure cedere alle spinte più radicali del progressismo. Resta però l’incognita decisiva: quale episcopato uscirà da queste scelte? È dai vescovi che dipende la vita concreta della Chiesa, la sua fedeltà alla Tradizione e la sua capacità di custodire il gregge. In ultima analisi, il superamento dell’attuale crisi della Chiesa non dipenderà tanto dai gesti di Curia, quanto dal volto dei vescovi che guideranno le diocesi. Saranno essi a determinare il vero volto del pontificato di Leone XIV. |