La Roma sinodale e la nuova religione.
Ambientalista, emozionale, terapeutica.

E implacabile con chi sgarra



di  Aldo Maria Valli


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Un “gruppo di pastori” secondo Parolin - ovvero - Rivoluzionari islamici



È ormai uno schema abituale: ogni “concessione” da Roma arriva con un guinzaglio incorporato. Ogni parola di compassione nasconde una condizione dottrinale. Ogni accenno simbolico alla tradizione serve a ricordare chi comanda.

Le vicende vaticane degli ultimi giorni propongono un ritratto unitario della Chiesa postconciliare: una fede amministrata a condizione, una misericordia che esige conformità ideologica e un Vangelo riconfezionato come terapia.


Misericordia? No, rieducazione

I titoli suonano misericordiosi: “Il Vaticano concede una proroga di due anni per la messa tradizionale a Cleveland”. I fedeli di Akron e Cleveland tirano un sospiro di sollievo, grati che la Messa dei loro antenati non sia stata del tutto soppressa. Eppure la verità arriva, come sempre, non da Roma, ma da un’email della parrocchia trapelata sui social media.

A quanto pare, il vescovo aveva chiesto cinque anni. Gliene sono stati concessi due, e solo a condizione che il clero “guidi i fedeli legati alla forma rituale anteriore verso la piena comprensione e accettazione dei libri liturgici rinnovati per decreto del Concilio Vaticano II”.
Il Vaticano raccomanda persino che una delle Sante Messe tradizionali sia sostituita da una celebrazione sì in latino, ma novus ordo.

Quindi l’estensione è in realtà un ultimatum: imparate ad amare il Vaticano II o perderete la vostra Messa.
Ai fedeli è consentito inginocchiarsi solo il tempo necessario per essere rieducati. Il rito antico formalmente sopravvive, ma non come legittima espressione della fede romana, bensì all’interno di un programma di correzione comportamentale.

Questa non è misericordia. È la stessa tecnica usata verso ogni residuo di dissenso: isolare, rieducare e infine sciogliere.

La Chiesa postconciliare non si limita mai a proibire; ti “accompagna” finché non smetti di opporre resistenza.


Ecumenismo verde nella Cappella Sistina

Mentre ai fedeli di Cleveland viene chiesto di rieducarsi con entusiasmo al Concilio Vaticano II, il capo della chiesa conciliare e sinodale si prepara a ospitare una “preghiera per la cura del Creato”, naturalmente ecumenica, nella Cappella Sistina.
Re Carlo III si unirà al Papa sotto lo slogan della “conversione ecologica”.

L’arcivescovo Viganò ha sintetizzato il tutto in modo succinto ma chiaro: ecco due “autorità supreme” delle rispettive chiese moderne, unite non dalla fede in Cristo ma dall’“ideologia ambientalista e neomalthusiana del World Economic Forum”.

Si dice che Leone donerà a Carlo un seggio con la scritta “Ut unum sint”, “affinché siano una cosa sola”. Ma una cosa sola in cosa? Certamente non nella fede cattolica un tempo difesa dai Martiri massacrati da Enrico VIII.
L’unità in mostra è la nuova unità conciliare: emotiva, orizzontale e completamente antievangelica.

È la Chiesa della comunione atmosferica, dove la conversione è ambientale e la salvezza significa sostenibilità. La Cappella Sistina diventa una sorta di serra interreligiosa: il “Giudizio universale” di Michelangelo presiede un vertice sul clima.


Misericordia per il pianeta, silenzio per i Martiri

Mentre il Vaticano organizza la sua parata ecologista, il signor segretario di Stato della Santa Sede assicura al mondo che il massacro dei cristiani in Nigeria “non è un conflitto religioso”. Il cardinale Parolin spiega che la violenza è “sociale”, frutto di “dispute tra pastori e agricoltori”. Ma i fatti lo smentiscono.

Tra gennaio 2023 e dicembre 2024, la Nigeria ha subito un’ondata di violenza di matrice religiosa, in particolare nella Cintura Settentrionale e Centrale. Gruppi armati come Boko Haram e la Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico (ISWAP) hanno condotto attacchi coordinati contro chiese, villaggi e clero. Solo negli stati di Plateau e Benue, migliaia di persone sono state sfollate e centinaia uccise, tra cui oltre mille cristiani e venti sacerdoti, nel giro di un solo mese dall’insediamento presidenziale del 2023.
Durante il Natale 2023, attacchi congiunti di militanti locali e stranieri hanno causato quasi trecento morti; entro giugno 2025, altri duecento cristiani sfollati sono stati massacrati a Benue.

I leader della Chiesa locale spiegano che la campagna è deliberata: una strategia jihadista per espellere le popolazioni cristiane.
I pastori Fulani radicalizzati, aiutati dalle milizie islamiste, continuano ad attaccare sistematicamente e a sequestrare terreni.
Anche le scuole cattoliche sono aggredite, come nell’attacco del 2024 a una scuola superiore cristiana a Makurdi, dove accuse di blasfemia e omicidi legati alla stregoneria hanno gettato benzina sul fuoco della violenza.
Decine di membri del clero sono stati rapiti o assassinati, mentre la polizia regionale hisbah applica le restrizioni della Sharia negli stati del Nord, sfidando la legge costituzionale.

Eppure Parolin ci dice che si tratta di “tensioni sociali”. Lo stesso Vaticano attento a individuare e a denunciare persino le “microaggressioni” contro l’ambiente non riesce a riconoscere un genocidio contro il proprio gregge. Quando il sangue dei Martiri grida dalla terra, Roma che cosa sente? Solo il “grido della terra”.


Università cattolica senza fede

Dalla diplomazia al mondo accademico, si diffonde lo stesso degrado.
La Georgetown University, un tempo prestigiosa bandiera dell’istruzione cattolica, ha scelto un nuovo rettore che rifiuta pubblicamente l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità.
Eduardo Peñalver ha annunciato anni fa di “prendere ispirazione” dalle “coppie gay impegnate” e di credere che la Chiesa abbia “sbagliato” nel suo insegnamento morale.
Questo di per sé avrebbe dovuto squalificarlo. Invece lo ha reso idoneo a ricoprire il ruolo di rettore.

I gesuiti lo definiscono “un leader eccezionale, profondamente radicato nella tradizione cattolica e gesuita”. E in effetti lo è, dal momento che ormai questa “tradizione” equivale a un dissenso perpetuo mascherato da dialogo.
Le università che avrebbero dovuto difendere la fede ora sfornano amministratori che la negano con un sorriso.
I loro dipartimenti di teologia sfornano relativismo con la stessa facilità con cui le loro mense servono caffè del commercio equo e solidale.

Una volta che la fede abbandona il Santuario, tutti dimenticano rapidamente che sia mai esistita.


La risurrezione terapeutica della chiesa sinodale

Gli interventi di Leone questa settimana sono stati piccole variazioni sullo stesso tema.
Parlando al Collegio Portoghese, ha elogiato la “polifonia dell’unità” e “l’ascolto di ciò che lo Spirito ispira in ogni credente”. Le parole suonano innocue, persino poetiche. Eppure celano la solita antropologia sinodale.

Ma il segnale più profondo è arrivato durante l’udienza generale sulla Risurrezione.
La risurrezione di Gesù Cristo”, ha detto Leone, “può guarire uno dei mali del nostro tempo: la tristezza”. Ecco fatto: non più predicazione apostolica, ma terapia cognitivo-comportamentale.
La vittoria di Cristo sulla morte diventa un “dolce promemoria quando il gioco si fa duro”. I due discepoli di Emmaus non sono testimoni della rivelazione divina, ma pazienti che imparano a cambiare prospettiva.

La Risurrezione, secondo Leone, non è più il rovesciamento cosmico del peccato e della morte, ma il recupero emotivo di persone deluse. “Cambia la nostra prospettiva colmando il vuoto della tristezza”.
Sono finiti i fragori del mattino di Pasqua, la pietra rotolata via dal potere angelico. Niente più trionfo su Satana e promessa dei nostri corpi glorificati. Ciò che rimane è una morale di resilienza.

Laddove la Scrittura proclama: “Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede”, Leone offre qualcosa di più vicino a: “Se Cristo non è risorto, potreste sentirvi tristi, ma fatevi coraggio”.
L’evento che un tempo sconvolse il mondo pagano viene riscritto come un esaltatore di umore, una narrazione di benessere per chi è spiritualmente affaticato.

Questa è l’ultima mutazione della religione del Vaticano II: la rivelazione ridotta a terapia, il miracolo a metafora, la Risurrezione a rassicurazione. Una Chiesa che un tempo dichiarava “è veramente risorto” ora sussurra: “Ti farà sentire meglio”.


Conclusione

In tutte queste storie (Cleveland, la Cappella Sistina, la Nigeria, Georgetown, Roma stessa) lo schema si ripete.
Ogni grazia è condizionata, ogni verità ridotta a emotività, ogni miracolo condizionato a interpretazione. La Messa viene usata per promuovere il Concilio Vaticano II; l’unità viene celebrata solo se ignora la dottrina; la persecuzione viene riconosciuta solo se non è troppo religiosa; e la Risurrezione viene predicata solo se conforta piuttosto che convertire.

Una fede così gestita non può convertire il mondo perché non crede più che il mondo abbia bisogno di essere convertito. Vescovi e sacerdoti cattolici sono diventati terapeuti e il Vangelo una seduta di gruppo. Ma la tomba vuota attende ancora fuori dalla loro finestra. Ingestibile e gloriosamente vera.





 
ottobre 2025
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