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|   La Nuova Religione Mondiale e le sue “celebrazioni”. E noi dovremmo obbedire? ![]() Non so come dirlo. A volte viene da ridere, a volte da piangere. Non mi riferisco tanto all’assemblea sinodale che chiede ai vescovi italiani di appoggiare gli “eventi anti-omofobia e anti violenza di genere” (qui ormai siamo all’avanspettacolo), quanto al Papa (il Papa!) che omaggia in preghiera il Re d’Inghilterra, supremo governatore di una “chiesa” nata dalla ribellione contro Roma. Come non restare avviliti se solo si mantiene un barlume di consapevolezza della propria fede e del sacrificio che essa è costata ai Martiri? Un fedele che si aggrappi agli insegnamenti della Chiesa fondata da Cristo stesso non può riconoscersi in queste “celebrazioni”. E già ci dicono che tra poco, il 28 ottobre, se ne terrà un’altra di “celebrazione”. Per i sessant’anni della “Nostra aetate”, la dichiarazione del Concilio Vaticano II sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, ovvero quello che possiamo considerare il documento fondativo della Nuova Religione Mondiale. Il copione è il solito, e viene stancamente ripetuto per inerzia. I leader di ebraismo, Islam, induismo, buddismo, sikhismo, zoroastrismo, shintoismo e delle “religioni tradizionali africane” si uniranno ai funzionari del Vaticano per una serie di “testimonianze e spettacoli culturali” con l’obiettivo di “celebrare l’unità nella diversità”. E non mancherà un discorso papale, seguito da una preghiera silenziosa per la pace. Come se Nostro Signore non avesse mai detto “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”, come se non avesse mai inviato gli Apostoli a predicare il Vangelo a tutte le genti! Assisteremo così all’ennesimo esempio di Babele spirituale, con i rappresentanti della Chiesa cattolica impegnati non a testimoniare la verità al fine di convertire, ma a fondersi con le altre religioni. Niente più conversione, ma solo coesistenza. Niente più proclamazione della verità, ma relativismo. Il dialogo trasformato in dogma dalla chiesa antidogmatica. Prima del Vaticano II, e di “Nostra aetate”, i Papi mettevano in guardia (pensiamo a Pio XI con la “Mortalium animos”, a Pio XII con la “Humani generis”) contro le cosiddette “celebrazioni” interreligiose. Sapevano, e dicevano, che accostare la verità all’errore, sullo stesso piano, significa non solo annacquare il contenuto della fede ma sminuire il concetto stesso di verità. Ed è esattamente ciò che avvenuto. Che cosa ci sia da “celebrare”, dunque, non è chiaro. A meno che la gerarchia, convinta che la Chiesa cattolica sia solo un prodotto come gli altri sullo scaffale del supermercato religioso, non voglia in questo modo celebrare il tradimento. Vedere il Vicario di Cristo pregare con il capo di una chiesa nata sfidando l’autorità di Pietro, un sovrano globalista, ambientalista e massone, ha procurato una fitta al cuore e all’anima. Inutile ricorrere alla retorica dell’unità nella diversità. Gli atti pubblici di preghiera, specie se solenni, quando nascono da un fondamento dottrinale distorto contribuiscono alla perdizione delle anime. Inutile e fuorviante ricorrere all’armamentario ideologico della fratellanza e della carità. Per noi cattolici c’è un solo modo di voler bene all’altro: annunciargli la nostra fede integra, senza sconti. Il nostro compito non è quello di dire al malato che in fondo sta bene e che può andare avanti così. Dobbiamo fare una cosa sola: diagnosticare la malattia e chiamarla con il suo nome. Che significa “preghiera silenziosa per la pace”? Per noi c’è una sola pace, quella di Nostro Signore Gesù Cristo. Le altre sono contraffazioni. E non c’è da restare in silenzio: c’è da proclamare la verità. Come può il mondo conoscere la vera pace se non conosce Nostro Signore Gesù Cristo? La risposta alle divisioni e alle guerre non è un abbraccio superficiale e sentimentale. La risposta sta nella conversione e nel pentimento che portano a riconoscere la regalità di Cristo e della Sua legge. I gerarchi cattolici hanno forse dimenticato che Gesù ha donato al mondo la pace sulla croce e non nel corso di una bella tavola rotonda interreligiosa? Come si può restare indifferenti al fatto che la Chiesa si riunisce in preghiera con religioni diverse, e quindi false, i cui rappresentanti non di rado sostengono posizioni morali (vedi aborto ed eutanasia) contrarie alla dottrina cattolica? A proposito di verità, ecco che Papa Leone, in un nuovo empito di glorificazione della sinodalità, ci dice che “regola suprema, nella Chiesa, è l’amore: nessuno è chiamato a comandare, tutti sono chiamati a servire; nessuno deve imporre le proprie idee, tutti dobbiamo reciprocamente ascoltarci; nessuno è escluso, tutti siamo chiamati a partecipare; nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme” (omelia nella Messa per il “Giubileo delle équipe sinodali e degli organismi di partecipazione”). Nessuno possiede la verità tutta intera. Capito? Ormai il relativismo è predicato ed esaltato apertis verbis. La nuova parola d’ordine della chiesa sinodale è “l’importante è partecipare”. Sì, ma a che cosa? Concludo con una piccola testimonianza personale. Vengo invitato a una messa novus ordo, al termine della quale il celebrante recita una preghiera per “una chiesa leggera con la gioia di placare e pacificare, la gioia della concordia e dell’armonia”. Ora, a parte il sibillino riferimento a una chiesa “leggera” (io vorrei piuttosto una chiesa pesante, perché la verità pesa, eccome), viene da chiedersi: nel nome di chi si propugna pacificazione, concordia e armonia? Nella preghiera non lo si dice. E in questa omissione c’è tutto l’orrore della Nuova Religione Mondiale. Alla quale ci chiedono di obbedire, come se fossimo noi i reprobi.  |