Il Sinodo cala la maschera
e si rivela
strumento di trasbordo al protestantesimo della Chiesa,
polverizzata in comunità autonome



di Roberto Allieri


Pubblicato sul sito di Sabino Paciolla







Ma chi sono questi qua e come sono stati messi lì?

La domanda sarà poco elegante ma a mio avviso resta cruciale per decifrare e comprendere la portata del documento di sintesi dell’Assemblea Sinodale delle chiese italiane, che comprende i vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, intitolato ‘Lievito di pace e di speranza’ (VEDI QUI).

Arrivando, per così dire, ‘a freddo’ a dire la mia, dopo innumerevoli altri commenti, do per conosciuta l’origine della polemica, derivante da quelle proposte sinodali.
Almeno ai cattolici più attenti e sensibili non sono infatti sfuggite le gravi implicazioni dottrinali (o pastorali che dir si voglia) scatenate nel testo, in particolare dai paragrafi 30 e 31.
In quei punti si apre, neanche tanto ambiguamente, al riconoscimento e accompagnamento (da intendersi come approvazione) di orientamenti omosessuali e transessuali. Il che si traduce nell’accettazione di tali pratiche, per le quali si glissa sugli aspetti di grave disordine e peccaminosità, arrivando persino al sostegno di iniziative pastorali a favore del mondo LGBT.


Sinodalità tossica: il suicidio, assistito dai laici, dei vescovi e della dottrina cattolica

L’analisi di tali proposte andrebbe poi estesa anche ad altre di deriva protestante, quale la richiesta di approfondimenti delle questioni relative al diaconato delle donne (paragrafo 71 c), quella di un’equa remunerazione alle persone impegnate in un ministero ecclesiale (tipica delle realtà simoniache tedesche, che monetizzano anche l’accesso ai sacramenti, negandolo a chi non paga la ‘tassa dovuta’), ai linguaggi da rinnovare, anche nella liturgia (paragrafi 33 e 36 c) o alle varie proposte di sapore ‘ecumenico’, sparse qua e là.

In linea con questi ultimi percorsi suggeriti di dialogo religioso si pone la recente direttiva  del Vescovo di Milano (L’oratorio come luogo di incontro interreligioso) che intende snaturare gli oratori, facendoli diventare centri interreligiosi aperti a comunità islamiche.
Prepariamoci a vederne il declino e l’abbandono dei ragazzi e genitori cattolici per lasciarlo alla mercè di persone che non tollereranno orazioni in oratorio, perché offensive della sensibilità religiosa non cristiana. O magari come sede di iniziative religiose e sociali islamiche.


Un linguaggio che rivela un’ansia sovversiva
 
In tutti questi passaggi che ho citato e in molti altri si rivela l’asservimento di chi li ha predisposti ed approvati all’ideologia progressista. Un chiaro indice della penetrazione dei tentacoli woke in quel consesso lo si nota sin dalla stessa terminologia usata.

Appare evidentissimo il solito armamentario di espressioni e stilemi tanto care ai progressisti, pedantemente rivolte, come titola il paragrafo 28, a ‘Sorelle e fratelli tutti’; perché dire solo fratelli è sessista, anteporre fratelli a sorelle è sessista, ma anteporre le sorelle no.
Stilema ripreso, per fare altri esempi, nel titolo del paragrafo 71 (una Chiesa di donne e uomini insieme) o nel 72 (promuovere la ministerialità di laiche e laici), con la solita preminenza femminile che non è mai sessista.

Ovviamente poi nel paragrafo 30 si insiste su questa linea rivolgendosi a ‘tutti e tutte’, altrimenti se ci si rivolgeva solo a tutti non si capiva.
Stranamente, però, il paragrafo 30 è intitolato ‘Tutti, tutti, tutti’: errore grave! Doveva intitolarsi ‘Tutte, tutte, tutte e tutti, tutti, tutti’. Chissà chi sarà stato l’estensore del testo, anzi l’estensoro o l’estensora (uso questi termini sulla falsariga di assessora, spesso (ab)usato al posto dell’inviso ‘assessore’).

Insomma, il modo che hanno questi neo-giacobini di combattere gli stereotipi è quello di infilare i loro ridicoli stereotipi da tutte le parti. Mancavano solo gli asterischi e le schwa: sarà per la prossima volta (o il prossimo volto, per par condicio)!

Quando poi nel documento si affrontano tematiche sulla dimensione affettiva, ecco che termini come genere (al posto di sesso), femminicidio (che oscura la possibilità che ci siano anche vittime maschili), omofobia e transfobia (bizzarri e, a rigore, inaccettabili perché il suffisso ‘fobia’ richiama la paura mentre vengono intesi in senso di odio) trovano accoglienza per veicolare un vittimismo sfrenato che genera ancora maggiori discriminazioni.

Dunque, l’analisi di queste proposte non può prescindere dalla domanda con cui ho introdotto questo articolo e che ripropongo:

Ma chi sono questi qua e come sono stati messi lì?

 Comincio con il precisare che questo consesso è formato da più di 800 delegati (per la precisione, si parla di 809 votanti) che dovrebbero essere espressione della base dei credenti. Tra essi c’è anche una quota di vescovi, imprecisata.
Sarebbe importantissimo però chiarire quanti, dei 242 vescovi italiani in carica abbiano partecipato e votato.
Credo, leggendo le precisazioni del vescovo Suetta, che tale numero sia stato piuttosto esiguo. Quindi, possiamo considerare scorretto il tentativo di ricondurre questo documento alla CEI, cioè ai vescovi, sebbene il Presidente del Comitato, Erio Castellucci, sia un vescovo. 
Ancora più importante sarebbe capire le modalità di selezione di questi laici che rappresenterebbero la base cattolica.

Ora, la percentuale bulgara con la quale il documento è stato approvato (con 781 placet su 809 votanti) mi ha suggerito qualche ipotesi.

Lungi dal preoccuparmi, mi ha fatto capire che nella selezione c’è stata una chiara discriminazione verso le categorie più scomode: mi vengono in mente, senza escludere chissà quanti altri, gli assidui frequentatori di Messe giornaliere e di Santuari, gli sgranatori seriali di rosari con spiccata sensibilità mariana, gli appartenenti a confraternite e gruppi legati a pratiche devozionali, i frequentatori di Messa in latino, etc.

Io non penso che tutte queste categorie avrebbero votato allineandosi alla maggioranza bulgara. Questa loro epurazione, da me presunta, è indice di una colonizzazione ideologica e di autoreferenzialità di quegli ottocento delegati.
Una tale percentuale (che presuppone tantissime assenze di non bulgari) scredita di per sé il progetto di una Chiesa che si proclama inclusiva ma che poi, quelli scomodi, li esclude tutti, tutti, tutti.

E allora vorrei lanciare un messaggio, se non di conforto, quanto meno di dubbio che potrebbe aiutare quei sinceri credenti che sono tentati di allontanarsi da una Chiesa in cui non si riconoscono più.


In quale Chiesa vogliamo credere?

La vera Chiesa ha i suoi riferimenti nel Magistero bimillenario, non in abusive ed estemporanee proposte di carattere ‘pastorale’, per di più avanzate subdolamente da laici. I laici stiano al loro posto, senza la pretesa di intaccare la dottrina e corrompere la Chiesa, infettandola con i loro costumi legati alle mode e alle ideologie, tipiche del tempo in cui vivono.

Questo monito vale per tutti i tempi e andrebbe meditato guardando a tanti guasti del passato perpetrati da secolarismi aggressivi.
Non ci hanno insegnato niente le ‘picconate’ e le ‘entrate a gamba tesa’ perpetrate dagli oligarchi del medioevo e da chi voleva piegare la Chiesa alla sensibilità laica di quel tempo?
La Chiesa nel XIV secolo è caduta nella ‘cattività avignonese’, con il Papa diventato per settanta anni cappellano di corte del monarca francese.
Nei due secoli successivi, prima della Contro-riforma la curia è stata infestata dall’intrusione di potenti famiglie (espressione dello spirito di quei tempi), preda di pratiche simoniache e infiltrazione di cardinali guerrieri imposte dai laici prepotenti di allora.

Anche oggi, in altre forme, si vorrebbe dare potere decisionale a nuovi intrusi, portatori di ideologie e interessi altrettanto pericolosi per la retta fede.

Dico questo perché è importante riconoscere quello che sta avvenendo.

Coraggio, la realtà non è così brutta come appare!
Quei delegati non rappresentano autenticamente la Chiesa.
Riprendo qui un concetto ben espresso da Lucia Comelli in questo suo ottimo articolo, quando dice che ‘le associazioni che promuovono l’ideologia gender hanno carattere politico e stanno alle persone che pretendono di rappresentare come le associazioni femministe stanno alle donne in generale’.
Io aggiungerei ‘e come gli 800 delegati che hanno lavorato sul documento Lievito di pace e di speranza stanno alla Chiesa cattolica che pretendono di rappresentare’.

Se quel testo provoca amarezza e delusione è bene però che questi sentimenti non ricadano genericamente sul clero perché sono, prima di tutto, frutti tossici di lobby laiche spesso ispirate o manipolate da chissà da quale entità.

Certo, le gerarchie cattoliche hanno grosse responsabilità nell’insistere in un cammino sinodale che rischia di condurci in un precipizio, dove sono stati messi tanti lupi a guardia degli ovili. Tuttavia, nutro la speranza, che è la stessa espressa recentemente dal vescovo Suetta, che arrivi un ruggito leonino a dispersione di tanti timidi belati e che alti prelati mostrino i loro muscoli spirituali nel braccio di ferro in atto.

Confido pertanto che la colonizzazione ideologica, già denunciata da Papa Francesco e, per certi versi, anche da Papa Leone XIV venga riconosciuta e smascherata.

Non è quindi ai vertici ecclesiastici ma agli 800 delegati di cui sopra che rivolgo queste parole di accusa.


J’accuse

Carissimi delegati, è giusto accogliere chi sta facendo un cammino di conversione. Per queste persone si può dire benediciamole tutte, tutte, tutte. Ma se il loro è un cammino di orgoglio che esclude il riconoscimento di un peccato grave, come si può benedire, cioè dire bene del loro peccato sostenendole e dicendo loro ‘vai avanti così, Dio ti ama così come sei’? Occorre dunque accompagnare e benedire le persone o la “frociaggine”(1)?

Da quando in qua Dio ama i peccati gravi e disprezza chi ammonisce il peccatore? Da quando Gesù si è rimangiato il monito ‘va’ e non peccare più’ sostituendolo con l’incoraggiamento ‘sii orgoglioso del tuo peccato e insisti’?

Milioni di Martiri in venti secoli hanno dato il sangue e la vita immolandosi per la loro Chiesa. Ancora oggi molti cristiani vengono trucidati per la loro fede. In Nigeria, nel vostro silenzio assordante, distratti come siete dalle frigne ben più importanti di caste intoccabili e potentissime, da molti anni decine di migliaia di cristiani vengono massacrati da islamici. Per non parlare di quelli che, a milioni, sono cacciati di casa e umiliati in tutti i modi.

Questa barbarie, che è solo una tra le innumerevoli persecuzioni cristianofobe di questi tempi, mi riporta alla mente il ricordo doloroso del martirio di 21 prigionieri copti, giustiziati nel 2014 da musulmani fanatici. QUI un breve commovente filmato di tre minuti che ricorda quella tragedia.

Quei Martiri, come si vede nel video, morirono sussurrando il nome di Gesù.
Chi glielo spiega ora ai loro parenti che quel Gesù in cui credevano oggi dovrebbe benedire l’omosessualità e nel suo nome si dovrebbero sostenere le parate LGBT?

Chi glielo spiega che quella fede apparentemente granitica aveva alcune gravi lacune perché erano loro sfuggiti gli importanti approfondimenti che oggi ci vengono donati da cammini sinodali inclusivi?


NOTA

1 - E con quest’ultimo termine rilancio un pronunciamento papale di scarso valore dottrinale ma di indubbia importanza pastorale e di forte impatto sociale. Con le stesse caratteristiche, quindi, del Documento di sintesi ‘Lievito di pace e di speranza’, che vorrebbe imporsi pragmaticamente mettendo da parte la dottrina, considerata come vecchio orpello inutile.




 
novembre 2025
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