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| Il cardinale Pizzaballa e il kairòs per la Terra Santa ![]() Cardinale Pierbattista Pizzaballa (8 ottobre 2025) A Gaza, solo ora, con il cessare dei bombardamenti, le famiglie cristiane iniziano lentamente a fare i conti con ciò che è stato. Fino a pochi giorni fa, la sopravvivenza era l’unica priorità: si cercava un rifugio, un pezzo di pane, un filo d’acqua. Ora, nella tregua ancora fragile, si affaccia una domanda nuova e spaventosa: «Cosa ne sarà di noi?». Per i cristiani della Striscia – comunità piccolissima, ma profondamente radicata – la sfida del futuro è carica di incognite. Alcuni resteranno, altri inevitabilmente cercheranno altrove un’esistenza possibile. Ma una cosa è certa: non sono stati e non saranno lasciati soli. Lo ribadisce con forza il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, che in questi anni ha più volte visitato Gaza, condividendo la sofferenza e la speranza della popolazione. «La Chiesa è stata loro accanto in questi due anni, lo sarà anche adesso. E loro lo sanno». Serve una visione politica nuova Le parole del Patriarca arrivano in un momento di apparente tregua, segnato da nuovi tentativi diplomatici e da un messaggio congiunto diffuso il 14 ottobre dai Patriarchi e capi delle Chiese della Terra Santa. Il documento riconosce la delicatezza del momento, definendolo un possibile passaggio storico, un’occasione da non perdere. E Pizzaballa lo conferma: «È un kairós, un’opportunità. Non so se segnerà la fine della guerra, ma è stato un punto di svolta. Può essere l’inizio di qualcosa di nuovo, un’opportunità che ci è stata data. Ora sta a noi, e alla comunità internazionale, decidere come usarla». Il riferimento è anche al vertice di Sharm el-Sheikh, del 13 ottobre scorso, che ha visto coinvolti Stati Uniti, Paesi arabi e altri attori globali. Un incontro che, pur con i suoi limiti, ha avuto un ruolo nel favorire il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. «È un dato di fatto – osserva Pizzaballa – che tutto questo è stato possibile anche grazie alla pressione della comunità internazionale». Tuttavia, il Patriarca invita a guardare oltre la gestione dell’emergenza: «Serve una visione politica nuova. Qualsiasi processo di pace, per essere credibile, deve basarsi su inclusione, giustizia e sulla convivenza di due Stati in sicurezza e dignità» La situazione umanitaria, intanto, resta disastrosa. Le immagini che arrivano da Gaza non raccontano tutto. «C’è distruzione, sì, ma non solo fisica. Il tessuto umano, sociale, è stato completamente lacerato. Nessuno vive più dove viveva: famiglie sfollate, scuole e ospedali distrutti, servizi inesistenti. La vita quotidiana è saltata». Due milioni di persone vivono senza i beni essenziali, in una condizione di precarietà totale. In questo contesto, si è visto anche il lato oscuro della crisi: accaparramenti di aiuti, mercato nero, mafie locali. Ma Pizzaballa chiarisce: «Questo però non toglie che la gente sia alle strette. La popolazione della Striscia vive nella privazione più assoluta». «Nessuno ha il monopolio del dolore» In Occidente, il dibattito sul conflitto è spesso polarizzato. C’è chi minimizza le sofferenze dei Palestinesi, bollandole come propaganda, e chi, al contrario, fa lo stesso con il dolore degli Israeliani. «Nessuno ha il monopolio del dolore. Non ce l’hanno i Palestinesi, non ce l’hanno gli Israeliani. Uno dei drammi di questa guerra è proprio l’incapacità di ascoltare il dolore dell’altro. Ci si schiera da una parte o dall’altra, ma il dolore è universale». Il cardinale torna con forza su questo punto, considerandolo il primo vero passo verso una pace possibile: il riconoscimento reciproco del dolore. «Senza questo, non c’è futuro. È da lì che bisogna ripartire». E proprio per questo, nel messaggio congiunto delle Chiese, si parla di «guarigione e riconciliazione». Temi che appaiono difficili da affrontare oggi, ma che non possono essere rimandati. «È difficile, certo. Ma non impossibile. Dopo il 7 ottobre sembrava che tutto il lavoro fatto sul dialogo interreligioso fosse stato spazzato via. Ora intravedo una speranza: non tutto è andato perduto. Serve un dialogo che tenga conto del dolore, della memoria e della dignità di ciascuno». Non si possono chiudere gli occhi sulla Cisgiordania Pizzaballa non dimentica un’altra ferita aperta: la Cisgiordania, spesso assente nel dibattito internazionale. «Gaza, Cisgiordania e Israele sono strettamente collegati. Non si può pensare di pacificare Gaza e dimenticare quanto accade in Cisgiordania. La questione palestinese è un tutt’uno». Il Patriarca invita anche a osservare con attenzione ciò che accade dentro la società israeliana, segnata da un forte fermento, soprattutto dopo le polemiche interne sulla gestione degli ostaggi. «Forse si apriranno spazi nuovi. Per capire il futuro dei Palestinesi, bisogna anche cercare di capire dove sta andando la società israeliana». Per aprire davvero un nuovo capitolo, però, sarà necessario un cambiamento profondo nelle leadership. «Se vogliamo davvero qualcosa di nuovo, servono volti nuovi. È evidente che chi ha portato il conflitto a questo punto non può essere l’unico a guidare il futuro. Senza una nuova visione dentro Israele, e senza una leadership palestinese forte e riconosciuta, sarà difficile arrivare a una soluzione stabile». Tornare a promuovere i pellegrinaggi Il contributo delle Chiese, in questo scenario, può e deve continuare ad essere concreto. Non solo attraverso gli aiuti materiali, ma attraverso la testimonianza quotidiana e la ricostruzione del tessuto sociale. «Le scuole, i disabili, gli anziani, gli orfani: lì dobbiamo essere. La Chiesa in Terra Santa è radicata nel territorio e a servizio di tutti, indipendentemente dalla religione». Infine, un invito diretto alle comunità cristiane, anche in Europa: tornare ai pellegrinaggi. Non solo come atto spirituale, ma come gesto di solidarietà reale. «I pellegrinaggi sono solidarietà concreta, testimonianza di pace, presenza reale. È anche così che si sostiene la vita cristiana in Terra Santa». Nel cuore di una regione martoriata, il futuro resta incerto. Ma nelle parole del cardinale Pizzaballa non manca la speranza: che da questo tempo ferito possa nascere, passo dopo passo, un cammino nuovo. E che la voce dei cristiani, spesso silenziosa, ma sempre presente, continui ad essere segno di luce in mezzo alle macerie. |