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| “Cari Leone e Fernandez, non è Maria il problema” di Gaetano Masciullo Pubblicato il 5 novembre 2025
sul sito americano The Remnant
Ripreso e tradotto il 10 novembre 2025 sul sito Messa in Latino ![]() Come si evince dal titolo, si tratta di una Nota dottrinale e riguarda “alcuni titoli mariani riferiti alla cooperazione di Maria all’opera della salvezza”. L’oggetto di critica principale riguarda la plurisecolare attribuzione alla Vergine Santa del titolo di Corredentrice, ritenendo che esso getti confusione nei fedeli perché sminuirebbe l’unico valore redentivo di Gesù Cristo. Il documento era stato concepito sotto Papa Francesco, ma non è stato pubblicato in tempo, perché il Vescovo di Roma - come amava definirsi - morì prima. Già da agosto 2025, diversi vaticanisti italiani parlavano, in effetti, di una Nota volta a ridimensionare le litanie lauretane. Leone, inizialmente contrario, avrebbe poi ceduto alle pressioni di Fernandez. Resta a questo punto da capire quanto e se sia la Curia ad agire in persona papae, come vorrebbe il diritto, o il Papa ad agire secondo la logica della Curia - si potrebbe dire: in persona curiae. Prima di entrare nell’analisi del documento, è interessante constatare che Papa Leone rinnega, firmando la Nota e quindi riconoscendola come proprio atto di magistero, benché evidentemente magistero autentico e non ordinario (anche se su queste due categorie, grazie a Bergoglio, la confusione è massima), il proprio stesso insegnamento. Egli rinnega persino quanto il tanto amato Concilio Vaticano II ha insegnato. Il 9 giugno 2025, in occasione del Giubileo della Santa Sede, Leone disse che “la Maternità di Maria, attraverso il mistero della Croce, ha fatto un salto impensabile: la Madre di Gesù è diventata la nuova Eva, perché il Figlio l’ha associata alla Sua morte redentrice, fonte di vita nuova ed eterna per ogni uomo che viene a questo mondo.” Questa è esattamente la definizione della verità di fede della Corredenzione operata da Maria Santissima: perché, dunque, questa schizofrenia magisteriale? Inoltre, nel capitolo finale di Lumen Gentium, la costituzione dogmatica più importante del Concilio Vaticano II, si legge che “la beata Vergine, predestinata fino dall’eternità, all’interno del disegno dell’Incarnazione del Verbo, per essere la Madre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza, fu su questa terra l’alma Madre del divino Redentore, generosamente associata alla Sua opera a un titolo assolutamente unico, e umile ancella del Signore, concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo con il Figlio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo ella è diventata per noi Madre nell’ordine della grazia.” (Lumen Gentium, 61). Ecco, dunque, spiegato in maniera chiara e inequivocabile la verità di fede di Maria Corredentrice, la quale, benché non sia mai stata finora definita come dogma in maniera solenne, con atto di magistero straordinario da parte di qualche Papa, tuttavia da sempre accompagna la storia della Chiesa, come dimostra in maniera eminente - tra le altre cose - la storia della liturgia. Le definizioni solenni sono constatazione e massima approvazione magisteriale del Papa di verità di fede o di morale che sono state credute sempre, da tutti e ovunque. Esse diventano necessarie quando la confusione su una certa verità è tale che si rischia di dimenticarla: allora il Papa interviene definendo solennemente per non lasciare spazio a dubbi o insegnamenti fuorvianti. I dogmi non sono quindi un punto di arrivo, ma un punto di partenza: contrariamente a ciò che insegnano i neo-modernisti. La memoria liturgica tradizionale dei Sette Dolori di Maria Santissima, il 15 settembre (significativamente il giorno dopo l’Esaltazione della Santa Croce), ci parla di questa verità di fede. Ricordando la profezia di Simeone - “una spada ti trafiggerà l’anima” - l’inno Stabat Mater ci interroga profondamente: “O voi tutti che passate per la via, osservate e vedete se c’è un dolore simile al mio”. E nell’antifona alla Comunione si legge: “Felici sentimenti della Beata Vergine Maria, che senza morire hanno meritato la palma del martirio sotto la croce del Signore”. La Nota del Dicastero, dopo aver ricostruito in maniera superficiale, grossolana e quindi imprecisa la storia del titolo mariano in questione, e dopo aver riconosciuto che diversi Papi fino a Giovanni Paolo II hanno abitualmente usato tale titolo nelle omelie e in diversi discorsi, ci ricorda qualcosa che farà storcere il naso a qualche conservatore, ossia il ruolo che Josef Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI, ha avuto nel contrastare la definizione dogmatica di Maria Corredentrice. Il 21 febbraio 1996, fu chiesto all’allora Congregazione per la Dottrina della Fede se fosse lecito definire il dogma di Maria come Corredentrice o Mediatrice di tutte le grazie. Ratzinger rispose: “Negative. Il significato preciso dei titoli non è chiaro e la dottrina ivi contenuta non è matura. Una dottrina definita de fide divina appartiene al Depositum Fidei, cioè alla rivelazione divina veicolata nella Scrittura e nella tradizione apostolica. Ancora non si vede in modo chiaro come la dottrina espressa nei titoli sia presente nella Scrittura e nella tradizione” (nota bene: tradizione è, in entrambi i casi, scritta con la lettera minuscola). Questa risposta - risalente a ben prima di Francesco - è errata, ma non è certo l’unico pasticcio dottrinale di Benedetto XVI. Possiamo, dunque, dire che Ratzinger ha dato una motivazione molto solida per ostacolare il processo di definizione dogmatica di questa verità di fede, dopo la chiusura del Concilio Vaticano II. Al punto 22 della Nota, così Papa Leone insegna per bocca di Fernandez (o viceversa - non è chiaro): “Considerata la
necessità di spiegare il ruolo subordinato di Maria a Cristo
nell’opera della Redenzione, è sempre inappropriato usare il
titolo di Corredentrice per definire la cooperazione di Maria. Questo
titolo rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e,
pertanto, può generare confusione e squilibrio nell’armonia
delle verità della fede cristiana. [...] Quando un’espressione
richiede numerose e continue spiegazioni per evitare che si allontani
dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e
diventa sconveniente.”
Risulta lampante la gravissima ignoranza logica, storica e teologica di chi ha concepito questo testo. Ciò viene ancor prima dell’eventuale cattiva intenzione, sulla quale nessuno tra l’altro ha potere di giudicare, semplicemente perché nessuno - a parte Dio - ha il potere di conoscere cosa c’è nel cuore dell’uomo. Infatti, numerosi Santi (tra cui Bernardo di Chiaravalle, Alfonso M. de’ Liguori, Luigi M. Grignion de Montfort, Massimiliano M. Kolbe) hanno insegnato che il rischio di esagerare nella venerazione mariana non esiste, dal momento che, se è vero che chi onora la madre e il padre onora se stesso, a maggior ragione questo vale per Cristo. Stupisce però la fallacia logica presente nel documento, secondo cui, se una tesi teologica richiedesse molte spiegazioni, allora sarebbe sconveniente e persino inutile. Perché allora i Padri dei primi concili hanno perso anni a discutere di cavilli sulle due nature di Cristo, se in Cristo vi sia una o più volontà, e altre questioni simili? La verità, come ricorda san Tommaso d’Aquino, è che chi sbaglia poco in principio, sbaglia molto alla fine. Le verità di fede sono tutte connesse tra loro: se si nega o si sbaglia in una definizione, si rischia di sbagliare in tutte le tesi teologiche che da quella discendono. A proposito di schizofrenia magisteriale, san John Henry Newman, da poco proclamato Dottore della Chiesa e patrono degli studi cattolici (insieme a san Tommaso d’Aquino) da Papa Leone XIV, non si faceva scrupoli nei suoi scritti a parlare di Maria come Corredentrice. Si veda, a titolo di esempio, quanto contenuto in Certain Difficulties Felt by Anglicans in Catholic Teaching Considered: In a Letter Addressed to the Rev. E. B. Pusey, D.D., on Occasion of His Eirenicon of 1864, Volume 2, Longmans, Green, and Co., New York, 1900, p. 78. Qui potete consultare e verificare da voi stessi gratuitamente. In epoca di gravi errori dottrinali e di smarrimento spirituale, questi signori assumono uno pseudo-zelo teologico per fare le pulci a un titolo mariano e a una verità di fede che, in se stessa, è cristallina e limpida come l’acqua di fonte. Dicono che proclamare Maria Corredentrice metterebbe in ombra l’unicità della Redenzione operata da Cristo — ma dov’erano gli stessi paladini dell’unicità salvifica di Cristo quando si festeggiava, con applausi e incensi, l’anniversario di Nostra Aetate, il documento che ha aperto le porte a un relativismo religioso travestito da dialogo? Questi personaggi, prima ancora che teologicamente, sono linguisticamente ignoranti. Non comprendono nemmeno la logica elementare delle parole. Chi guida un aereo? Il pilota o il copilota? Guida il pilota: è lui a tenere i comandi, a decidere rotta e manovre. Il copilota assiste, coopera, controlla gli strumenti, e interviene solo se richiesto. Così è Cristo Redentore, e così è Maria Corredentrice: il primo opera la salvezza, la seconda vi assiste per grazia, per natura, per meriti unici e per amore. Lo stesso vale per autore e coautore, fondatore e cofondatore, firmatario e cofirmatario. Il prefisso “co-” non divide né confonde, ma unisce e specifica la cooperazione subordinata ma unica. Eppure, in tempi di confusione e di priorità rovesciate, questi teologi di palazzo decidono di ridimensionare i titoli mariani, come se fosse lì il problema della fede, la causa della dilagante crisi ecclesiastica contemporanea. Non comprendono che la confusione non nasce dalla devozione mariana, ma proprio da loro: da uomini come il cardinale Fernández, che occupano posti nevralgici nel governo della Chiesa senza avere né la competenza né il senso del sacro. Il vero motivo, però, di questi pronunciamenti è un altro ed è ben più profondo: Maria Corredentrice dà fastidio agli eretici, dentro e fuori la Chiesa. Dà fastidio perché mostra il volto pienamente cattolico della Redenzione, in cui la grazia e la libertà si incontrano nella persona della Vergine. Perciò deve essere messa in ombra, in nome dell’ecumenismo e del quieto vivere diplomatico. La stessa Nota, del resto, ammette che il Concilio Vaticano II evitò di usare esplicitamente il titolo - pur contenendone, come abbiamo visto, la dottrina - “per ragioni pastorali ed ecumeniche”. E per gli autori del documento, questo sarebbe un punto di merito. In realtà, è l’ammissione di una resa. Così, nel momento in cui la Chiesa avrebbe più bisogno di luce e di fermezza, ecco che si sceglie di oscurare la Madre del Redentore. Ma chi tocca Maria, tocca Cristo. E chi confonde sulla Madre, confonde inevitabilmente sul Figlio. Il problema, infine, non è solo in chi scrive tali Note, ma in chi le segue ciecamente. Potremmo dire che ci sono asini e coasini: gli uni ignoranti al potere, gli altri complici che ascoltano ed eseguono. Entrambi corresponsabili di un impoverimento spirituale che, a lungo andare, porterà a non sapere più nemmeno cosa significhi essere cattolici. La Verità permane, nonostante questi pronunciamenti (o forse in virtù di essi). La Vergine Maria è Corredentrice, perché nessun’altra creatura fu così intimamente associata alla Passione del Figlio. Lo dice la liturgia, lo dice la Tradizione, lo dice la Fede del popolo cristiano da secoli. Una Nota, che tra un anno già sarà dimenticata, non cambierà ciò che è eterno. |