Breve considerazione sul

Cuore Immacolato e Doloroso di Maria



di don Jean-Michel Gleize, FSSPX



Pubblicata sul Courrier de Rome n° 652, aprile 2022

Riportata sul sul sito francese della Fraternità San Pio X

La Porte Latine








«E’ necessario che noi comprendiamo il ruolo della donna nel peccato per comprendere il suo ruolo nella Redenzione. Eva spiega Maria»
Thomas Dehau, O. P., Eve et Marie, 1950, p. 76.


L’8 dicembre 1854, nella Costituzione Apostolica Ineffabilis Deus, il Papa Pio IX definì il dogma dell’Immacolata Concezione; il 2 febbraio 1904, nell’Enciclica Ad diem illum, il Papa San Pio X insegna che la Madre di Dio fu associata a suo Figlio nell’atto redentore di tutto il genere umano; l’11 ottobre 1954, nell’Enciclica Ad Coeli Regina, il Papa Pio XII si basa su questi due insegnamenti dei suoi predecessori per dichiarare che la Madre di Dio condivide anche la regalità di suo Figlio su tutte le anime.

Da più di un secolo e mezzo, i Papi hanno preparato la strada per una futura definizione dogmatica: la quale, si spera, potrebbe proporre alla fede di tutta la Chiesa cattolica il dogma della Mediazione universale della Santissima Vergine Maria. Questa affermazione solenne giungerebbe opportuna per dissipare tutti gli equivoci sorti dal concilio Vaticano II. Infatti, una delle conseguenze dell’attutale ecumenismo a cui si ispira la nuova teologia è il rifiuto più o meno latente dell’idea di mediazione.
Nel caso di Cristo, come nel caso della Sua Santa Madre, l’dea di mediazione, reale ed oggettiva, è sostituita dall’idea di sacramentalità:  come per il suo divino Figlio, la Santa Vergine è presentata soprattutto come un modello per la coscienza della Chiesa; d’altronde, è questa l’idea  presente nel capitolo 8 della Costituzione Lumen gentium.
Sottolineiamo infine che questa verità della mediazione mariana ci permette di accedere alla profonda comprensione di un mistero che è attualmente, e provvidenzialmente, al centro della devozione del popolo cattolico: il mistero del Cuore Immacolato e Doloroso di Maria
Se questo mistero fosse meglio dichiarato attraverso il ricorso a questi insegnamenti del magistero, non c’è dubbio che tale devozione che l’esprime acquisterebbe tutto il suo significato e otterrebbe maggiori frutti.


Stato della questione

La teologia distingue due aspetti nella mediazione di Cristo.
Da un lato vi è la mediazione oggettiva che equivale all’atto della redenzione; con questo atto, Cristo ha acquisito la salvezza come nella sua causa o in principio e per tutto il genere umano. Questo è l’atto unico e definitivo del Venerdì Santo (1).
Dall’altro lato vi è la mediazione soggettiva che equivale all’atto che Cristo compie come capo invisibile della società visibile della Chiesa, ricorrendo agli strumenti distinti che sono i sacramenti. Questa attività è molteplice e ripetuta se la si considera dal punto di vista delle creature; Cristo agisce così per dispensare la grazia della salvezza ed esercitare la Sua mediazione non più in principio, ma effettivamente e per ogni individuo in particolare (2). Fatte salve tutte le proporzioni, la stessa distinzione vale quando si parla del concorso apportato dalla Santissima Vergine all’attività redentrice di Cristo. Si parlerà di Maria corredentrice per indicare il concorso nella redenzione oggettiva; e si parlerà di Maria mediatrice di tutte le grazie per indicare il concorso nella redenzione soggettiva.

Le considerazioni che seguono attengono principalmente al primo di questi due aspetti.


Difficoltà della questione

Sembra che la Santissima Vergine Maria non possa cooperare all’atto della redenzione, proprio nella misura in cui questo atto è quello con il quale Cristo riscatta l’intero genere umano.
Cooperare all’atto della redenzione è cosa che può fare ogni fedele battezzato, alla dipendenza di Cristo e nella misura in cui ogni soddisfazione umana imperfetta trae il suo valore dalla soddisfazione perfetta dell’Uomo-Dio (3). E’ questo il significato dell’affermazione dell’Apostolo San Paolo nella lettera ai Colossesi:
«Quello che manca alle sofferenze di Cristo, io lo completo nella mia carne a favore del suo corpo che è la Chiesa» (4). 

Tuttavia, una tale cooperazione rimane essenzialmente subordinata, perché nessuno può acquisire da sé la prima grazia; e pertanto, una tale cooperazione è essenzialmente ristretta, dato che nessuno può acquisire la grazia per tutti i fedeli della Chiesa.
Quando i santi cooperano alla Passione di Cristo, il valore del loro atto può certamente giovare a tutta la Chiesa, ma solo come un esempio e un modello da imitare (5); solo l’atto di Cristo possiede il valore soddisfattorio e redentivo sufficiente per la salvezza dell’intero genere umano (6).
Lo stesso vale per la Santissima Vergine, come per ogni creatura: ella dipende dall’atto redentore di Cristo, poiché è questo atto che è al principio della prima grazia di Maria, che è la grazia dell’Immacolata Concezione. Questa dipendenza la mette sul nostro stesso piano e le impedisce di cooperare alla Passione, come all’atto che redime l’intero genere umano.
Sembra allora logico ridurre la mediazione universale della Santissima Vergine all’esercizio di una causalità esemplare, come ha fatto il Vaticano II.
Aggiungiamo che l’atto della redenzione si realizza con un sacrificio cruento, in cui Cristo offre la Sua vita in soddisfazione del peccato; e infatti, la Santissima Vergine non cooperò a tale azione offrendo la propria vita in soddisfazione del peccato, come hanno fatto innumerevoli Martiri (7).


Soluzione della questione

Tuttavia, i Papi insegnano chiaramente che la Santissima Vergine Maria ha potuto essere associata a titolo unico all’atto redentore con cui Cristo  ha compiuto la redenzione di tutto il genere umano. In particolare, è quello che affermano esplicitamente:  San Pio X: «Maria merita molto legittimamente di diventare la riparatrice dell’umanità decaduta» (8); Benedetto XV: «Si può dire che Maria ha riscattato il genere umano insieme con Cristo» (9); e Pio XII. «Nel compimento della redenzione, la Santissima Vergine Maria fu certamente strettamente unita a Cristo» (10). In più, la Tradizione (11) chiama Maria la «nuova Eva» a significare che Maria sta con Cristo nell’opera della redenzione, come Eva stava con Adamo nell’opera del peccato; ora, Eva fu associata ad Adamo nel precipitare nel peccato tutto il genere umano; la Tradizione afferma dunque implicitamente che Maria fu associata a Cristo per compiere la redenzione di tutto il genere umano (12).


Spiegazione della soluzione

Nell’Enciclica Ad diem illum, il Papa San Pio X spiega questo insegnamento:

«Maria supera ogni creatura per la sua santità e per l’unione che la unisce a Cristo; associata da Cristo all’opera di salvezza del genere umano, ella ci merita per così dire per convenienza quello che Cristo ci merita per ogni giustizia» (13).

A questo aggiungiamo che la redenzione di tutto il genere umano è compiuta da Cristo nella misura in cui la Sua Passione merita in tutta giustizia tutte le grazie della salvezza per tutto il genere umano. Ne consegue che la Santissima Vergine ha potuto meritare per convenienza tutte le grazie della salvezza per tutto il genere umano, il che significa che la Santissima Vergine ha potuto redimere l’intero genere umano insieme con Cristo.
In altri termini, essere corredentore con Cristo significa meritare per convenienza, cioè in dipendenza del merito in tutta giustizia di Cristo. Questo merito subordinato deriva dal merito in tutta giustizia e lo presuppone. E nel caso della Santissima Vergine, questo merito per convenienza ottiene, nella dipendenza del merito in tutta giustizia di Cristo, la redenzione dell’intero genere umano. Tutto dipende infatti dalla carità che è al principio del merito, poiché l’effetto del merito corrisponde al principio del merito e il principio del merito è la carità; e la carità della Santissima Vergine è giustamente di un ordine a parte, perché è una carità che è al principio del merito unico nel suo genere e singolare, che è di natura tale da ottenere, per convenienza, come suo effetto proprio, la redenzione dell’intero genere umano.

Per comprendere questo, consideriamo che la carità è ottenuta nella creatura per il merito di Cristo che soddisfa per il peccato di questa creatura. E Cristo soddisfa per la Santissima Vergine in maniera più sublime rispetto al resto delle altre creature, poiché tale soddisfazione la sottrae in anticipo al peccato che ella non contrae (14). 
Pertanto, la carità della Santissima Vergine è di un ordine assolutamente unico, perché è la carità di una creatura che non ha contratto il peccato originale, carità dell’Immacolata Concezione o carità della prima redenta. Prima, non secondo il tempo, ma secondo il piano della saggezza divina: poiché per essere redenta e dipendere dall’atto redentore di Cristo, Maria non è redenta allo stesso modo delle altre creature e non dipende da Cristo come loro.


«La grazia è data a Maria nello stesso istante in cui, diventando figlia di uomo, dovrebbe assumere questo peccato. Da una parte vi è il genere umano considerato come un solo uomo peccatore di cui Adamo è il capo. E Gesù muore in suo nome per espiare questo peccato. Dall’altra parte vi è Maria che non è coinvolta in questo peccato collettivo né in questa espiazione. La sua redenzione consiste proprio nell’essere separata dalla natura peccatrice, nel non dovere beneficiare di una riparazione che attiene ad un peccato col quale non può avere alcuna condivisione. E se questa creazione nella grazia che è l’effetto proprio per Maria della morte di Gesù può essere chiamata redenzione lo è in un modo diverso rispetto al genere umano. Quindi, il sacrificio di Cristo vale a parte per la Santa Vergine e a parte per tutto il resto del genere umano» (15).  

Maria è redenta in previsione dei meriti di Cristo e «prima» della redenzione di tutto in genere umano: questo «prima» non esprime certo una anteriorità temporale che distinguerebbe due atti della redenzione; esso indica invece un ordine tra gli effetti che derivano distintamente dallo stesso atto redentore, ed è l’ordine secondo cui la divina Saggezza ha voluto che siano acquisite le grazie della redenzione.
Per esprimere quest’ordine in modo un po’ meno astratto, il Papa San Pio X evoca l’immagine di San Bernardo: Maria è come l’acquedotto che riceve tutte le acque, prima di distribuirle in tutti i canali. O anche, per riprendere il paragone di San Bernardino da Siena, Maria è come il collo, che unisce il corpo alla testa e concentra in sé tutti gli influssi della testa prima di trasmetterli al corpo.
Essendo la carità di Maria anteriore, secondo la prospettiva indicata, a quella di tutti gli altri, allora per lei è possibile cooperare all’opera della redenzione universale, meritando in dipendenza da Cristo il principio di merito per il resto di tutto il genere umano.

«La sofferenza di Cristo redime prima di tutto la Vergine, nel senso che ella ottiene la sua creazione fuori dalla condivisione del peccato umano di cui la sua concezione nella carne era la causa naturale; poi ella si unisce alla sofferenza e al merito della Vergine per redimere con lei tutto il genere umano peccatore. L’atto redentore rimane allora indivisibile se la redenzione di Maria che ne è il suo primo effetto è ordinato alla redenzione di tutti gli uomini, se la redenzione del genere umano comincia con quella di Maria che gli è anteriore solo per concorrere a realizzarla, se la grazia dell’Immacolata Concezione la separa dal corpo degli altri redenti solo per renderla capace di agire su di esso» (16). 

La grazia dell’Immacolata Concezione, che equivale alla grazia di una redenzione anteriore e più sublime, non è quindi la causa della redenzione, ma la sua condizione: essa è necessaria, benché non sia sufficiente. Essa la rende solo possibile. La vera causa, che fa della corredenzione non più una possibilità ma una realtà può essere solo una libera decisione di Dio, basata su una convenienza Questa convenienza è il fatto stesso della maternità divina: solo Maria è in grado di meritare soffrendo in maniera unica, come solo una madre può soffrire per la morte di suo figlio. Poiché nel piano della saggezza divina, il modo concreto della nostra liberazione deve essere quello di una redenzione e quindi di una passione, se Dio decide di associare una creatura privilegiata alla sofferenza di Cristo, non potrebbe esserci convenienza maggiore che associarvi la madre stessa di Cristo Gesù.


Risposte alle difficoltà


Alla base della corredenzione: l’Immacolata Concezione

E’ dunque chiaro che la grazia dell’Immacolata Concezione è la condizione necessaria della cooperazione unica della Santa Vergine all’atto redentore di Cristo. Maria poteva essere corredentrice solo alla condizione che la sua  Concezione fosse Immacolata. Tale che, se si rifiuta questa condizione si rifiuta ciò che necessariamente ne dipende. E’ per questo che tutti i teologi che hanno negato l’Immacolata Concezione sono stati portati a negare anche la corredenzione universale di Maria. La difficoltà che ostacolava questi teologi non ostacola più noi, ed è la stessa difficoltà dell’Immacolata Concezione. Questa difficoltà è risolta se si ammette che per redimere tutto il genere umano, il merito di Maria scaturisce dal merito di Cristo e che la grazia capitale rimane il privilegio esclusivo di Lui. Allo stesso modo, la nostra carità è al principio meritorio di tutti i nostri atti salvifici e tuttavia questa carità deriva anch’essa dalla carità di Cristo e rimane un dono gratuito di Dio (17).
In altri termini, si può stabilire la seguente similitudine: la relazione della Santissima Vergine, la prima redenta, con la volontà rettificata dalla prima grazia operante è identica proporzionalmente alla relazione della redenzione dell’intero genere umano compiuta da Maria con Cristo con la volontà che merita sotto la mozione della grazia cooperante.


Alla base della compassione: la maternità divina

E’ dunque chiaro ugualmente che né la sofferenza né la morte sono di per sé la causa sufficiente della redenzione; questa è innanzi tutto un atto meritorio, e l’immolazione fisica vale nella misura in cui è offerta sotto la mozione della carità. Lo stesso martirio trae il suo valore dall’atto della perfetta carità da cui deriva.
La Santissima Vergine Maria non sopportato la sofferenza fisica del martirio e tuttavia la sua carità supera quella di tutti i Martire messi insieme (18). Questo grado unico di carità sarebbe stato già sufficiente, ma concretamente la carità di Maria si esercita, come quella di Cristo, nella sopportazione. Madre di Cristo-Redentore,  ella coopera alla Passione soffrendo come solo una madre può soffrire per il dolore e la morte del proprio Figlio. Qui troviamo una esigenza del mistero dell’Incarnazione, e questa esigenza potrebbe spiegare la differenza tra la corredenzione propriamente detta e la compassione. Maria può redimerci on unione con Cristo perché è l’Immacolata Concezione; ma per redimerci, Maria soffre unita alla sofferenza di Cristo e soffre di una sofferenza unica, perché è la Madre di Colui che sopporta la Passione.


Alla base dell’esemplarità: la nuova Eva

Infine, Maria agisce come donna. Ella è associata a Cristo nell’opera della redenzione del genere umano come Eva fu associata ad Adamo nell’opera della perdizione originaria. Così, accanto al nuovo Adamo ella rappresenta la nuova Eva: è dunque tutta la natura che Dio utilizza per compiere l’opera della redenzione (19).
Da questo punto di vista, la Santissima Vergine, come Cristo,  agisce come un esempio e un modello. E questo rimane vero a condizione di non omettere i due aspetti precedenti.


Epilogo: la devozione al Cuore Immacolato

La devozione al Cuore Immacolato e Doloroso di Maria è l’espressione adeguata di queste verità teologiche.
Il Cuore indica l’amore soprannaturale della Santissima Vergine, quindi la sua carità. E questo Cuore Immacolato indica la carità assolutamente unica dell’Immacolata Concezione, condizione indispensabile per la Corredenzione.
Infine, il Cuore Immacolato e Doloroso indica questa carità come essa si esercita per meritare nell’atto di una soddisfazione corredentrice unica, attraverso la compassione di una Madre.  Tale è l’oggetto che si è imposto alla devozione nella Santa Chiesa: ed è senza dubbio un fatto provvidenziale. Né la liturgia né la pietà popolare si sono riconosciute così volentieri nella espressione del Cuore della Madre di Dio, inizialmente diffusa da San Giovanni Eudes; e al contrario, è sorprendente vedere come la devozione si è espressa ricorrendo di preferenza a questa espressione del Cuore Immacolato e Doloroso di Maria, espressione che è la traduzione più precisa possibile del mistero della Corredenzione, così come Dio la ha rivelata e affidata alla Tradizione della Sua Chiesa.


NOTE

1 - San Tommaso d’Aquino, Somma teologica, 3a, q. 49, a. 1, ad 3. «Con la sua Passione, Cristo ci ha liberato dai nostri peccati per modo di causalità: la Passione istituisce infatti la causa della nostra liberazione, causa per la quale possono essere rimessi in ogni momento tutti i tipi di peccati, presenti e futuri; al pari di un medico che approntasse un rimedio capace di guarire qualsiasi malattia, anche nel futuro».
2 - Ibidem, ad 4. «La Passione di Cristo, abbiamo appena detto, è come la causa previa della remissione dei peccati. Pertanto è necessario che la si applichi a ciascuno, perché i suoi peccati siano cancellati. Questo si fa col Battesimo, la penitenza e gli altri sacramenti, che traggono il loro potere dalla Passione di Cristo, come diremo più avanti.
3 - «Omnis satisfactio imperfecta in satisfactione perfecta fundatur » (San Tommaso d’Aquino, Somma teologica, 3a, q 1, art 2, ad 2).
4 - Col, I, 24.
5 – San Tommaso d’Aquino, Somma teologica, 3a, q 48, art 5, ad 3. «Le sofferenze dei santi beneficiano la Chiesa, non per modo di redenzione, ma a titolo di esortazione e di esempio».
6 - Ibidem, art 5. E’ proprio di Cristo e di Lui solo essere redentore.
7 – San Tommaso d’Aquino, Somma teologica, 3a, q 66, art 12. Il martirio o il battesimo di sangue è l’atto in cui si imita meglio la Passione di Cristo.
8 – San Pio X, Ad diem illum, Solesmes, n° 233.
9 - «Dici merito queat ipsam cum Christo humanum genus redemisse» – Benedetto XV : Sodalitati Nostrae Dominae a Bona Morte, del 2 marzo 1918.
10 - Pio XII: Ad coeli reginam, Solesmes, n° 704.
11 – Si veda a proposito il libro di Padre Terrien, S.J. : La Mère de Dieu et la Mère des hommes, [La Madre di Dio e la Madre degli uomini],  2° parte, libro 1°, capitoli 1–2. Sant’Alberto Magno si esprime così nel suo Mariale, questione 150 : « Ut ipsam participem faceret beneficii redemptionis, participem esse voluit et poenae passionis, quatenus sic adiutrix redemptionis per compassionem, ita mater fieret omnium per recreationem : et sicut totus mundus obligatur Deo per suam passionem, ita et Dominae omnium per compassione ».
12 – E’ il ragionamento teologico su cui si basa il Papa Pio XII nell’Enciclica Ad coeli reginam, Solesmes, n° 705.
13 - « Universis sanctitate praestat Maria conjunctioneque cum Christo atque a Christo ascita in humanae salutis opus de congruo ut aiunt promeret nobis quae Christus de condigno» (DS 3370).
14 - Pio IX, Ineffablis Deus dell’8 dicembre1854, Solesmes, n° 43. «La Santissima Vergine Maria Madre di Dio in previsione dei meriti di Gesù Cristo Nostro Signore e Redentore non fu mai soggetta al peccato originale; ma è fu interamente preservata dalla macchia originale e quindi redenta nella maniera più sublime (sublimiori modo redempta)».
15 - RP Marie-Joseph Nicolas, O.P., « La Doctrine de la corédemption dans le cadre de la doctrine thomiste de la rédemption » [La dottrina della corredenzione nel quadro della dottrina tomista della redenzione] in: Revue thomiste de 1947, page 24.
16 - Ibidem.
17 - «Maria non merita la sua carità. Ma il primo effetto del merito di Cristo è ottenere a Maria la carità speciale che fa di lei la Sua associata nell’opera della redenzione. In seguito, con lei, Egli dona agli uomini quello che Lui ha donato per primo. E’ un po’ ciò che accade ad ognuno di noi in un ordine ristretto e personale. Ma la prima grazia è puramente donata. E’ il puro effetto del merito e della carità di Cristo. Ma una volta giustificato e con Cristo che rimane la prima causa del perpetuo sostegno della mia grazia, io contribuisco con i miei atti personali a meritare l’aumento di questa prima grazia e infine la gloria eterna a cui giustamente essa mi ordina intrinsecamente. Qui, la differenza è che per Maria si tratta di ottenere non solo la sua beatitudine personale ma anche la prima grazia di tutti gli uomini» (RP Marie-Joseph Nicolas, art. citato, pagina 25).   
18 - Cfr 2a2ae, q 124, art 4, ad 1: se si dice che la Santa Vergine ha sopportato il martirio ai piedi della croce, questo deve essere inteso in senso improprio e in ragione di una certa similitudine. L’espressione della Liturgia del 15 settembre stabilisce la distinzione tra l’atto oggettivo e la ricompensa che esso merita: questa è in particolare la Comunione della Messa: «Felices sensus beatae Mariae Virginis qui sine morte meruerunt martyrii palmam sub cruce Domini». Resta sempre possibile meritare nell’ordine della causalità morale l’effetto corrispondente a un atto che non si è compiuto personalmente nell’ordine della casualità fisica, e tale è il caso della Santissima Vergine riguardo al martirio. Anche se ella non è morta ai piedi della croce, la sua carità supereminente le ha permesso di ottenere il grado di gloria equivalente al martirio, e perfino maggiore. Lo stesso si può dire riguardo alla redenzione delle anime: la Santa Vergine non ha redento le anime nel senso stretto della metafora, in quanto non ha soddisfatto versando il suo sangue come ha fatto Cristo. Ma per la sua compassione ella ha meritato lo stesso risultato che le sofferenze e la morte corporali di Cristo hanno prodotto secondo l’efficacia fisica. Si veda Terrien, op. cit., 2° parte, libro 3, capitolo 3, pp. 226-232.
19 – «Perché tutto l’uomo fosse redento. Era necessario che nel compimento dell’opera stessa della Redenzione ci fossero sia l’uomo sia la donna, svolgendo ciascuno il proprio ruolo. Questo è il mistero della nuova Eva. L’idea di associare la donna all’uomo nell’opera di esaltazione e di redenzione dell’umanità è profondamente legata a quella di fare dell’uomo stesso secondo la sua natura, l’autore stesso della sua Redenzione» (RP Marie-Joseph Nicolas, art. cit. p. 36).


 




Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, di ecclesiologia e di dogma al Seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali fra Roma e la Fraternità San Pio X tra il 2009 e il 2011.




 
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