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| No, da campanili e minareti non può arrivare un “unico inno” ![]() Papa Leone XIV: omelia nella Messa a
Beirut, 2 dicembre 2025
Durante l’incontro ecumenico e interreligioso tenuto nella
piazza dei Martiri a Beirut, Papa Leone XIV ha pronunciato
le seguenti parole: “Cari amici, la vostra
presenza qui oggi, in questo luogo straordinario dove minareti e
campanili stanno fianco a fianco, eppure entrambi si slanciano verso il
cielo, testimonia la fede duratura di questa terra e la persistente
dedizione del suo popolo all’unico Dio. In questa amata terra possano
suonare insieme ogni campana e ogni adhān:
possa ogni richiamo alla preghiera fondersi in un unico inno, elevato
non solo per glorificare il misericordioso Creatore del cielo e della
terra, ma anche per implorare di vero cuore il dono divino della pace”.
In un viaggio così difficile, in luoghi tanto tormentati da divisioni e guerre, è ben comprensibile l’enfasi posta sulla pace e sulla necessità di raggiungerla con la collaborazione delle diverse religioni. Ma tale appello può avvenire al prezzo della verità? Il richiamo all’“unico Dio” e all’“unico inno” è, purtroppo, fuorviante. Ed è fuorviante perché basato su un falso presupposto. Pienamente in linea con il sentimentalismo di moda, l’appello raccoglie facilmente l’applauso, ma non sta in piedi. Pretese teologiche contrastati e fedi radicalmente diverse non possono fondersi se non in una spiritualità superficiale e, alla fine, vuota. Pensiamo al luogo in cui il Papa ha parlato. La piazza dei Martiri è intrisa del sangue dei cristiani morti sotto il dominio islamico. Perché Martiri? Perché rifiutarono ciò che Leone oggi pretende di suggerire, e cioè che la rivelazione cristiana e la dottrina islamica siano modi diversi per raggiungere lo stesso “unico Dio”. Martiri per essersi rifiutati di negare l’assoluta unicità di Gesù Cristo, il Dio incarnato, proprio quell’unicità che il Papa, con le sue parole poetiche ma false, ha negato. “Minareti e campanili si ergono uno accanto all’altro… a testimonianza della fede duratura di questa terra nell’unico Dio”. Queste sono parole che mi turbano profondamente. Sarà che ogni volta che vedo un campanile, specie nella nostra Italia, lodo il Signore e ringrazio il buon Dio perché abbiamo i campanili e non i minareti, ma vale la pena di ricordare che il Dio professato dai musulmani nega esplicitamente la Trinità, rifiuta l’Incarnazione e condanna la Croce. “Unico Dio”? Il monoteismo islamico non è nemmeno parente del cristianesimo; è totale negazione teologica dei misteri centrali della nostra fede. Pretendere di ricondurre a unità queste concezioni radicalmente diverse è qualcosa che non regge alla luce della ragione. E non può nemmeno essere diplomazia, perché non c’è diplomazia che tenga se basata sulla falsità. Se dovessimo prendere sul serio l’idea del “Dio unico” e della convergenza, dovremmo svuotare la nostra fede delle sue componenti fondamentali e ridurla a un vago sentimentalismo. Nessuno, tanto meno il Papa, è libero di usare il nome di Dio per offuscare l’identità stessa di Dio. “Che ogni campana e ogni adhān siano uniti in un unico inno” è idea priva di requisiti teologici. Per noi cristiani la campana richiama le anime ad adorare chi? Un Dio indefinito che può essere applicato come un’etichetta neutra sopra ogni religione? No, richiama ad adorare il Figlio di Dio fatto carne, il Signore eucaristico realmente presente sull’altare, il Redentore morto e risorto per la nostra salvezza. L’adhān degli islamici (la chiamata alla preghiera) proclama che “Allah è il più grande” e “Maometto è il messaggero di Allah”, e invita i fedeli a sottomettersi. Non si tratta di due melodie armoniose che possono essere cantate sottobraccio in un unico coro. Si tratta di teologie diverse e inconciliabili riguardanti non dettagli marginali, ma la natura stessa di Dio, la salvezza dell’anima e la rivelazione. Fondere il tutto in un “unico inno” potrà essere poetico, ma è sentimentalismo vuoto. Ed è sintomo di sincretismo. Ecco perché chi ama la fede cattolica (e i campanili) ci resta male: nelle parole del Papa si percepisce una tipica malattia modernista: la dissoluzione dei confini dottrinali che ancorano il Vangelo alla verità. Nessun Martire è mai morto perché da campanili e minareti potesse risuonare un unico inno. I Martiri hanno dato la vita perché consapevoli di una fede, la nostra, che non è e non può essere una fra le tante, ma è quella vera. Perché è la fede nel Dio incarnato. A Beirut da parte del Papa non c’è stato invito alla conversione, non c’è stata la proclamazione che Gesù Cristo è la Via, la Verità e la Vita. Leone ha parlato da diplomatico sentimentalista, non da Papa, non da Vicario di Cristo. No, l’Islam non è una religione sorella. Così come il cristianesimo non è in continuità con l’ebraismo. Descrivere queste religioni come “unite” da una comune origine è un argomento retorico amato dai modernisti, ma è falso. Anche l’invocazione alla Madonna del Libano fatta dal Papa ha in sé il germe, quanto meno, dell’ambiguità. Certo, anche i musulmani hanno una devozione per Maria. Ma Maria è la Madre di Dio incarnato, la Theotokos, la Regina che schiaccia il serpente sotto i suoi piedi. Non è il simbolo di un’unità monoteistica astratta. Quindi riferirsi a Maria al termine di un discorso che ha accuratamente evitato di menzionare la divinità del Figlio è, per lo meno, non corretto. Se non si annuncia Cristo, il richiamo a Maria è vuoto. Maria disse: “Fate tutto quello che vi dirà”. Non disse: “Dialogate”. No, noi cattolici non adoriamo lo stesso Dio delle religioni che negano la Trinità. Ciò non vuol dire che odiamo gli altri. Vuol dire che sappiamo chi è il nostro Dio. Gesù Cristo non è una figura religiosa strumentalizzabile. Gesù Cristo è Re e Signore di tutte le nazioni e dell’universo. Egli è l’unico Redentore. La Chiesa esiste per evangelizzare. Il dialogo può essere lo strumento, ma non è il fine. Soprattutto, non è un fine raggiungibile a prezzo della verità. Il sangue dei Martiri è lì a testimoniare la falsità del mito modernista, sentimentalista e falso, secondo cui “tutte le religioni portano a Dio”. I Martiri morirono per la verità, non per il dialogo e l’inclusione. La pace costruita su confusione e ambiguità non è pace: è tradimento. La pace autentica scaturisce solo dalla verità. Caro Papa, mi spiace tanto contraddirti e vorrei poterlo evitare. Ma i miei amati campanili e i minareti non possono diffondere un unico inno. Rappresentano due visioni diverse di Dio, della rivelazione e della salvezza. |