Leone XIV in Turchia:

Nicea al servizio dell’ecumenismo


di Fraternità San Pio X







Papa Leone XIV e il Patriarca Bartolomeo I a Nicea


Dal 27 al 30 novembre 2025, Papa Leone XIV ha compiuto la prima tappa del suo viaggio apostolico in Turchia, un pellegrinaggio altamente simbolico a Nicea, sede del primo concilio ecumenico della storia, tenutosi nel 325 per condannare l’arianesimo e riaffermare la divinità di Cristo.


Un programma: la Lettera apostolica In unitate fidei

Cinque giorni prima del suo viaggio, il 23 novembre, Papa Leone XIV ha pubblicato la Lettera apostolica In unitate fidei, dedicata al primo Concilio di Nicea, in essa egli sottolinea il «valore ecumenico» in conformità con lo spirito del concilio Vaticano II.
Ricordando il 30° anniversario dell’Enciclica Ut unum sint di Giovanni Paolo II, egli presenta Nicea come il fondamento comune per tutti i cristiani e insiste sul fatto che «in un mondo diviso», l’unità dei discepoli di Cristo può diventare un segno di pace e uno strumento di riconciliazione.

Leone XIV chiama anche ortodossi, protestanti e cattolici a «camminare insieme» verso una unità basata sul Credo di Nicea, che descrive come un modello di unità nella legittima diversità.

Questa impostazione non corrisponde né al tradizionale «ecumenismo di ritorno» nell’unica Chiesa, la cattolica, né alla semplice accettazione dello status quo. Essa guarda ad un «ecumenismo volto verso l’avvenire» basato sul dialogo e lo scambio delle ricchezze spirituali.

Tuttavia, questa impostazione minimizza lo scisma e le capitali divergenze dottrinali.

Leone XIV afferma che «ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide» e invita ad «lasciare dietro di noi le controversie ideologiche, che hanno perduto la loro ragion d’essere», così da accedere ad un pensiero e ad una preghiera comuni.

Qui non è fatta alcuna distinzione tra le dette questioni che sarebbero divenute secondarie ma che attengono al dogma stesso, come il Filioque, il primato del Papa,, la natura della Chiesa, il matrimonio o la giustificazione.


Il viaggio in Turchia

Leone XIV ha iniziato il suo primo viaggio apostolico con una visita di quattro giorni in Turchia, un paese in cui i cristiani sono circa 200.000, cioè meno dello 0,2% della popolazione.
Questa terra, che è stata tuttavia una delle culle del cristianesimo, ha visto passare gli Apostoli San Paolo e San Giovanni, la Santa Vergine, a Efeso, i grandi Padri cappadoci e i Martiri come San Policarpo.
L’Anatolia è stata anche il posto delle sette Chiese dell’Apocalisse e ha ospitato i primi otto concilii ecumenici.
Costantinopoli rimane la sede storica dei Patriarcati greco e armeno, che oggi formano insieme la più grande comunità cristiana del paese.

Questa presenza cristiana, un tempo fiorente – 40% della popolazione ottomana nel XVI secolo e ancora il 20% prima del 1914 – si è drammaticamente ridotta a causa di secoli di pressione islamica, del genocidio armeno e assiro-caldea del 1915 e l’espulsione di 1,5 milioni di Greci nel 1923.

La Turchia è un paese familiare ai Papi recenti: Giovanni XXIII vi fu delegato apostolico, mentre Paolo VI (1967), Giovanni Paolo II (1979), Benedetto XVI (2006) e Francesco (2014) ci sono stati in viaggio apostolico.


Giovedì 27 novembre: arrivo ad Ankara

Accolto ufficialmente nella Capitale, Leone XIV per prima cosa si è recato al Mausoleo di Ataturk, fondatore della Turchia moderna, simbolo sia della fine dell’Impero ottomano, sia di una laicità spesso sospettosa nei confronti degli ultimi cristiani del paese.

Nel palazzo presidenziale, Leone XIV ha incontrato le autorità turche, tra cui il Presidente Recep Tayyip Erdogan.
Nel suo discorso ha sottolineato la «fraternità universale» e ha reso omaggio a Giovanni XXIII, soprannominato «il papa turco».
Ha anche affermato la volontà dei cristiani, - benché minoritari e spesso discriminati – di contribuire positivamente all’unità del paese.

Per le comunità cristiane le difficoltà rimangono presenti, il loro statuto continua ad essere determinato dal trattato di Losanna del 1923.
A causa di una interpretazione restrittiva di questo testo, lo Stato turco mantiene delle severe limitazioni: mancanza di personalità giuridica per la maggioranza delle Chiese; impossibilità di gestire liberamente le loro scuole, le attività sociali e i seminari; mentre la costruzione di nuovi luoghi di culto è praticamente impossibile.


Venerdì 28 novembre: giornata ecumenica a Nicea (Iznik)

La seconda giornata del viaggio di Leone XIV in Turchia, dopo la visita ad una casa di riposo gestita dalla Congregazione delle Piccole Suore dei Poveri, è stata incentrata ad Iznik, l’antica Nicea, dove fu composto, 1700 anni fa, il Credo, dai 250 Padri del Concilio.

Il Papa ha partecipato alle commemorazioni e ad un incontro ecumenico di preghiera.

Su una piattaforma eretta sulle rovine della Basilica di San Neofito, il Papa è rimasto a fianco del Patriarca Bartolomeo I e dei rappresentanti delle altre Chiese ortodosse, delle Chiese Orientali cattoliche e di numerose comunità protestanti: anglicani, luterani, metodisti, battisti, pentecostali ed evangelici.

Inquadravano la cerimonia: una icona di Cristo Pantocrator e un’altra che raffigurava i Padri conciliari.

Dopo la lettura del Vangelo di San Giovanni, Leone XIV ha pronunciato un discorso in inglese.

Il Papa si è basato sul Credo di Nicea per promuoverne nuovamente una lettura ecumenica: secondo lui, la confessione della divinità di Cristo, «consustanziale al Padre», sarebbe un «legame profondo» che unisce già tutti i cristiani, anche quelli che non usano questo Simbolo nella loro liturgia.
Ha citato Sant’Agostino per sostenere l’idea che i cristiani, benché dispersi «sono uno nel Cristo Unico».

Questa interpretazione contrasta con la visione dei Padri di Nicea, per i quali il dogma cristologico distingueva chiaramente la vera fede dalle eresie, in particolare l’arianesimo.
Quello che un tempo era la linea di demarcazione dottrinale, diventa così la base di una unità già esistente, che si tratterebbe semplicemente di manifestare «superando lo scandalo delle divisioni» attraverso il dialogo.
Non vi è alcun riferimento alla necessità di aderire all’integralità del dogma cattolico nel caso di una eventuale riunificazione.

Nel seguito del suo discorso, Leone XIV ha allargato questa visione ad una fraternità universale legata alla creazione di ogni uomo ad immagine di Dio, citando la Dichiarazione Nostra Aetate del Vaticano II.
Egli ha affermato che tutte le religioni dovrebbero servire questa fraternità, rifiutando l’uso della fede per giustificare la violenza e ha invitato all’incontro, al dialogo e alla collaborazione.

L’incontro si è concluso con la recita comune del Credo niceno-costantinopolitano in inglese, senza il Filioque, presentato come un segno visibile di unità.
Ma questa omissione solleva una profonda tensione: da secoli, la Chiesa latina ritiene il Filioque non negoziabile, difeso solennemente in particolare dal concilio di Firenze (1439), il quale afferma la processione dello Spirito Santo «dal Padre e dal Figlio come da un unico principio».
Ormai, questo punto centrale dottrinale appare relegato allo stato di ostacolo per i gesti ecumenici. 


Sabato 29 novembre: giornata a Istanbul e dichiarazione comune con Bartolomeo I

Per il terzo giorno del suo viaggio, Leone XIV si è recato a Istanbul.
Qui ha visitato la Moschea Blu, dove ha fortunatamente declinato l’invito del muezzin a pregare, contrariamente a quanto hanno fatto a suo tempo Benedetto XVI e Francesco.
Non è neanche andato alla Basilica di Santa Sofia, la più grande chiesa d’Oriente profanata e trasformata in moschea nel 2020 per decisione del Presidente Erdogan.

Il momento centrale della giornata è stato l’incontro con Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli.
Insieme essi hanno firmato una dichiarazione comune che ringrazia Dio per il loro «incontro fraterno». Il testo presenta le loro rispettive comunità come «chiese sorelle» e afferma la loro determinazione ad andare avanti «verso lo sperato ristabilimento della piena comunione».

In questa prospettiva, la dichiarazione mette l’accento sull’adesione comune al Credo di Nicea, ritenuto più fondamentale delle divergenze dottrinali.
Tale dichiarazione si inscrive in continuità col 60° anniversario della Dichiarazione comune firmata da Paolo Vi e da Atenagora, con la quale furono rimesse le scomuniche del 1054.
La storia è riletta come la deplorevole separazione di due Patriarcati fondatori che oggi cercano di ritrovare l’armonia del primo millennio.

Gli «ostacoli» non sono più presentati come errori che necessitano l’assenso alla dottrina cattolica, ma come delle «questioni» affidati alla Commissione mista internazionale per il dialogo teologico.

Il testo si rallegra anche del fatto che quest’anno tutte le confessioni cristiane abbiano celebrato la Pasqua nella stessa data, nella speranza che una data comune, stabile, possa essere stabilita per l’avvenire.

La giornata si è conclusa con una Messa celebrata da Leone XVI nella Volkswagen Arena di Istanbul, che ha riunito i cattolici della regione attorno al Santo Padre.


Domenica 30 novembre: partecipazione a dei culti ortodossi e partenza per Beirut

Prima di lasciare la Turchia, Papa Leone XIV di è recato in due chiese di Istanbul per partecipare a dei culti non cattolici: prima è andato alla Cattedrale apostolica armena, poi alla chiesa patriarcale San Giorgio, dove ha dato una «benedizione ecumenica» con il Patriarca Bartolomeo I.

L’areo del Papa e ripartito nel pomeriggio dall’aeroporto Ataturk di Istanbul per il Libano.


Cosa dedurre da questo viaggio?

I giorni passati da Papa Leone XIV in Turchia mettono in luce i persistenti vicoli ciechi dell’ecumenismo conciliare.
Nella sua pratica attuale, Roma non chiede più esplicitamente agli ortodossi l’adesione ai dogmi definiti dal Vaticano I, in particolare il primato e l’infallibilità pontificie. Il primato è presentato soprattutto come un ruolo d’ascolto o di «presidenza nella carità», più simbolica che dottrinale.
Questo atteggiamento porta ad una grande moderazione nei confronti degli scismi orientali, che non sono più invitati a riconoscere le dottrine definite dalla Chiesa.

In questa ottica, Nicea non è più presentato come un Concilio che ha fissato una frontiera dogmatica, ma come un simbolo di unità ecumenica.
Questa logica apre la strada ad un ecumenismo in cui la fede cattolica rischia di essere presentata come un’opzione tra le altre.

Pio XI aveva denunciato questa deriva nella Mortalium animos (1928), ricordando che la vera carità è intrinsecamente missionaria e che l’unità della Chiesa esiste già – con gli scismatici che sono chiamati a rientrare in essa.

Pio XI avvertiva già che proporre una «fede comune minimale» per unire i cristiani o tutte le religioni, porta ad una falsa religione e ad un allontanamento dalla Rivelazione.

Infatti questo Papa respinse l’audacia di coloro che vorrebbero «trascurare e mettere da parte perfino le controversie più antiche e le divergenze dottrinali che ancora oggi lacerano il nome cristiano e, per mezzo di altre verità dottrinali, costituire e proporre una certa regola di fede comune: nella professione di tale fede tutti si sentiranno fratelli più di quanto lo sappiano; solo una volta riunite in una federazione universale, le molteplici chiese o comunità potranno opporsi con forza e con successo al progresso dell’empietà» (1).  


NOTA

1 - Pio XI, Enciclica Mortalium animos in Enseignements pontificaux di Solesmes, L’Église, t. I, n° 863






 
dicembre 2025
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