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| Diaconato femminile: Roma dice «no … ma» ![]() Il cardinale Giuseppe Petrocchi, incaricato dei lavori della Commissione sulla possibilità di ordinare le donne diaconesse La Santa Sede ha pubblicato, il 4 dicembre 2025, i risultati dei lavori della Commissione istituita nel 2020 da Papa Francesco per studiare la possibilità di ordinare le donne diaconesse. Il verdetto è chiaro: la maggioranza degli esperti consultati si oppone a questa evoluzione. Ma il Vaticano ha precisato subito che questo rifiuto «non è definitivo». Una precisazione che lascia intravedere ancora una volta la volontà di mantenere aperta un’ipotesi comunque contraria alla Tradizione. Una Commissione in maggioranza opposta al diaconato femminile Le conclusioni rese pubbliche questo giovedì presentato il risultato del voto: 7 voti contro e 1 pro «l’esclusione della possibilità» di ordinare sacramentalmente le donne diaconesse. Tuttavia, questo rifiuto non è presentato come definitivo: gli esperti invitano a proseguire le ricerche allo scopo di «creare dei nuovi ministeri per favorire la sinergia tra uomini e donne». Così titola il sito Vatican News: «No al diaconato femminile, anche se il giudizio non è definitivo». Il cardinale Giuseppe Petrocchi, incaricato di questi lavori, riafferma che la decisione ultima appartiene al Magistero della Chiesa, cioè al Papa. Ora, né Francesco, né Leone XIV si sono mai espressi a favore del diaconato femminile, lasciando aperta la questione. Nel 2024 come nel 2020, Francesco ha espresso pubblicamente le sue riserve, sottolineando il rischio di «clericalizzare le donne». Leone XIV, in una recente intervista, ha dichiarato che anche lui non aveva «l’intenzione di modificare l’insegnamento della Chiesa su questo punto», almeno «per il momento». Un precedente storico: due commissioni, due vicoli ciechi Questa commissione del 2020 viene dopo una prima Commissione del 2016, che non era pervenuta a conclusioni unanimemente accettate. I lavori di adesso si basano in larga misura su del materiale storico e teologico, ma sono obbligati a riconoscere l’assenza di elementi probanti attestanti un vero diaconato sacramentale femminile nella Chiesa originaria. Lo studio sottolinea che, se il titolo di «diaconesse» appariva nell’antichità cristiana, il suo ruolo non era equivalente a quello del diaconato maschile, né era di natura sacramentale. Le testimonianze non possono servire come base per una revisione dottrinale. Una trasparenza inedita, ma rivelatrice di un profondo disaccordo Per la prima volta, fuori dal quadro sinodale, la Chiesa pubblica i dettagli dei voti interni di una commissione di lavoro: segno che Leone XIV vuole esporre i dibattiti piuttosto che porvi fine nettamente. Questa trasparenza mette in luce una divisione dottrinale profonda nella Commissione: una scuola sostiene che il diaconato, orientato al servizio, potrebbe essere aperto alle donne; un’altra ricorda che il diaconato sacramentale appartiene solo al sacramento dell’Ordine. Ora, quest’ultimo è un punto dottrinale che lo stesso Giovanni Paolo II aveva considerato come non discutibile, affermando nel 1994 la definitiva impossibilità di ordinare le donne sacerdoti. La posizione finale del rapporto: un no che non è definitivo Il rapporto presentato nel settembre 2025 conclude che lo stato attuale della ricerca esclude la possibilità di ammettere le donne al diaconato sacramentale, ma che questa valutazione, quantunque «forte», non costituisce ancora un giudizio definitivo. In altre parole: la dottrina non è cambiata, ma la porta resta deliberatamente socchiusa. Le organizzazioni progressiste denunciano una decisione «teologicamente infondata» e un «insulto» fatto alle donne, ma si può tuttavia temere che questo rifiuto provvisorio serva proprio a preparare una futura riforma per tappe. Una crescente confusione: verso un «diaconato femminile» non ordinato? Tutto sembra indicare che, non avendo il potere di cambiare la dottrina, il Vaticano si orienti verso una soluzione alternativa per superare la confusione. Lo studio menziona infatti la creazione di nuovi ministeri, distinti dal sacramento dell’Ordine, che attribuiscano alle donne uno status istituzionale con responsabilità liturgiche e pastorali. In pratica, si tratterebbe di concedere a queste «diaconesse» non ordinate certe funzioni tradizionalmente proprie del diaconato: distribuzione ordinaria della Santa Comunione, amministrazione di alcuni Battesimi, assistenza ai matrimoni, eventuali prediche e maggiori ruoli liturgici. Questo sistema creerebbe un «diaconato» di fatto, ma privo di sacramento. La confusione sarebbe inevitabile: diluizione del sacramento dell’Ordine, offuscamento della distinzione chierici/laici, introduzione progressiva del potere quasi-clericale per persone non ordinate. In più, certe funzioni previste – come la predica nella Messa – pongono dei gravi problemi dottrinali, poiché derivano dal potere associato al sacramento dell’Ordine. Una rivoluzione più ampia: l’evoluzione del diaconato a partire dal Vaticano II La Chiesa post-conciliare ha profondamente modificato il quadro tradizionale del sacramento dell’Ordine. La soppressione del suddiaconato e degli ordini minori effettuata sotto Paolo VI, rimpiazzati con dei ministeri laici, ha già comportato una riconfigurazione dell’accesso al sacerdozio. Il diaconato permanente, affidato ad uomini sposati, ha introdotto una persistente ambiguità: questa funzione è una tappa verso il sacerdozio o una forma di servizio laico? Questa ambiguità dottrinale incoraggia ormai le rivendicazioni femministe, che vedono nel diaconato un ministero «accessibile». Eppure la Santa Sede aveva già ricordato nel 2001 che non era permesso formare delle candidate al diaconato. Malgrado questo avvertimento, l’apertura di commissioni successive ha comportato l’idea che l’argomento fosse negoziabile. Verso una totale inversione di tendenza? Sono diversi i prelati che lo sostengono: i promotori del diaconato femminile mirano, col tempo, all’accesso al presbiteriato. Ogni gesto di apertura, ogni ambiguità, ogni commissione rafforzano l’idea che la disciplina può evolvere, non fedelmente alla Tradizione, ma per adattamento alle rivendicazioni sociologiche contemporanee. La pubblicazione del rapporto Petrocchi, col suo «no … ma», perpetua questa dinamica. L’autorità romana, rifiutando di affermare nettamente ciò che la Tradizione ha sempre insegnato, permette che si installi un clima di incertezza e di permanente contestazione. La Chiesa, fedele all’esempio di Cristo e alla costante Tradizione, può affidare il sacramento dell’Ordine solo agli uomini. Questo punto di dottrina attiene direttamente alla costituzione divina della Chiesa e non può essere modificato. Sebbene la commissione abbia concluso, per adesso, che un diaconato femminile sacramentale è impossibile, il fatto di lasciare aperta questa questione rischia di incoraggiare nuove pressioni, nuove richieste e nuove confusioni. |