Progressismo, fallimento e dispotismo


di Demostenes


Pubblicato sul sito di El Wanderer






Papa Francesco e Padre Arturo Sosa Abascal



Negli ultimi decenni abbiamo potuto notare la crescita del progressismo nella struttura ecclesiale argentina, al punto tale da diventare dominante.
I rappresentanti dell’ideologia progressista controllano la stragrande maggioranza delle leve del potere ecclesiastico. Tuttavia, il trionfo nella lotta per il predominio ha coinciso per essi con la perdita dell’iniziativa intellettuale.

In un modo o nell’altro, il principale obiettivo del modernismo/progressismo cristiano è stato sempre la sede apostolica.
Secondo costoro, i conservatori/tradizionali sono colpevoli di una crisi nella Chiesa originata dalla mancanza di adattamento all’uomo moderno.
I progressisti risolverebbero questa frattura avvicinando la religione all’uomo contemporaneo, che secondo loro è diventato alienato, tra l’altro, per la rigidità morale, il latino, la complessità scolastica e la pompa ecclesiastica di prima. Invece, la flessibilità morale, il linguaggio semplice e vernacolare, l’omissione di alcune verità scomode e la vicinanza con i poveri e i giovani attirerebbero nuovamente le masse.

Con pastori che non fossero né studiosi né principi la situazione si invertirebbe.

Ciò nonostante, dopo un considerevole periodo di tempo alla guida di molte strutture ecclesiastiche, i risultati non sono stati quelli previsti.
I poveri hanno optato per gli evangelici e l’adesione dei giovani è andata diminuendo. Il messaggio cristiano progressista ha perso la sua attrattiva per la novità e ogni volta è sempre più difficile riproporlo con una nuova terminologia.
La scristianizzazione ha continuato il suo corso e i discendenti dei giovani rivoluzionari ecclesiastici degli anni 60 e 70, per la maggior parte si sono allontanati dalla fede.
Per colmo del male, dopo le purghe episcopali, non possono più incolpare “settori minoritari ma potenti”, né ritenere responsabili amministrazioni che hanno fatto il loro tempo molti anni fa.
Il drastico calo dei candidati seminaristi, per esempio, non può più essere attribuito ai nostalgici conservatori.

La loro attuale proposta, in pratica, include una liturgia anacronistica (con musica ed estetica risalenti a decenni fa) e un gergo ecclesiastico separato dalla realtà e incomprensibile per i non iniziati. Gergo che include parole in greco come kerygma, kenosis o kairos (ovviamente il latino è escluso) e che per essere compreso richiede continue spiegazioni.
Nessun essere umano (moderno o antico) può comprendere, senza una previa spiegazione, espressioni come “le sfide della sinodalità”, “la radicalità della metanoia”, “l’esperienza di comunione”, o frasi simili.

Inoltre, il progressismo è eroso da un fenomeno che si riscontra tra coloro che occupano posti di responsabilità: come l’evidenza delle loro incongruenze.
La sopravvalutazione dell’autenticità di alcuni anni fa conteneva una critica implicita dell’ipocrisia. Allora il bersaglio erano i conservatori, attaccati continuamente dai presunti cristiani autentici.
Tuttavia, il tempo ha cambiato la situazione. Gli ex giovani sono arrivati a posti di responsabilità e le loro debolezze diventano evidenti
Sono autocrati che predicano la sinodalità e il dialogo; gerarchi che vivono come i ricchi anche se predicano la povertà; despoti che decidono senza ripensamenti pur declamando la misericordia, critici del clericalismo che ostentano il loro carattere clericale, e così via. 

I mass media che detenevano il quasi monopolio della comunicazione, potevano nascondere o minimizzare i vizi dei loro alleati ecclesiastici progressisti; ma i nuovi comunicatori di internet hanno cambiato la situazione. Le carenze dei curiali progressisti sono arrivate ad essere note al grande pubblico e i cattolici più informati stanno ingrossando le fila dei lettori dei portali di destra.

Nella logica gramsciana, l’attuale gerarchia progressista esercita una coercizione priva di legittimità. Esercita il potere, ma non guida. E per mantenere la sua posizione impiega gli strumenti classici dei governi dittatoriali.

Naturalmente, come ogni governo dispotico, usa lo strumento del dosaggio del castigo, con le conseguenti paure ed ansie. Tutti coloro che si trovano all’interno della struttura ecclesiastica devono sapere che possono essere soggetti al commissariamento, a sanzioni senza previo processo, a trasferimenti scomodi, alla soppressione del loro apostolato, ecc.

Questa situazione si va aggravando via via che il potere viene esercitato su base quantitativa decrescente, quasi riducendosi nei confronti di quelli la cui coscienza pesa in modo particolare rispetto agli ordini impartiti dall’autorità religiosa.
Dato il declino della fede nella società, è logico che il potere degli ecclesiastici progressisti con poca ortodossia da sfruttare, diminuisca in modo naturale. La stessa impotenza apostolica sta riducendo la dimensione della Chiesa e la sua influenza.
Il risultato era impensabile fino ad alcuni anni fa nei paesi ancora cattolici: rispetto alla società in generale (soprattutto tra i giovani) la Chiesa è diventata irrilevante: ha sempre meno influenza sull’uomo comune. Quasi nessuno decide chi votare sulla base di una lettera pastorale, assume o licenzia un impiegato in base alla vocazione religiosa, o si scrive ad un partito politico su consiglio di un sacerdote.
Pertanto, l’esercizio del potere è concentrato nei confronti dei pochi che rimangono nella sua orbita. Principalmente i chierici poveri che devono subire il dispotismo di coloro che dichiarano di essere aperti al dialogo.  

Un altro metodo è l’inganno, che consiste nel far credere alla gente semplice che la realtà sia diversa. Alla abituale manipolazione dei dati si è aggiunto un ultimo strumento: la sinodalità. Parola che permette l’uso del trasformismo clericale, che tenta di mascherare decisioni note a tutti come autocratiche con una parvenza democratica.

Si ricorre anche alla propaganda storica, tramite la distorsione, l’occultamento o la sopravvalutazione dei fatti passati. Tutto quello che riguarda la Chiesa “costantiniana” viene denigrato. Mentre invece vengono elogiate le decisioni recenti.

L’uso ipocrita del potere da parte della gerarchia progressista implica l’arbitrarietà che si manifesta su un doppio binario.
Quando si tratta di gruppi di destra, viene applicato il criterio dell’obbedienza: l’ordine più o meno formale, e generalmente senza vero fondamento, deve essere obbedito. Fortunatamente per loro, si tratta generalmente di gente abituata ad obbedire e a non ribellarsi pubblicamente (contrariamente ai chierici terzomondisti degli anni 60/70). Il che non significa che queste imposizioni non abbiano un costo politico.
Come detto prima, la perdita del monopolio dell’informazione ha per effetto che le decisioni arbitrarie divengano di dominio pubblico, con la conseguente perdita di prestigio della gerarchia, visto che a priori l’autorità ecclesiastica viene esercitata in maniera blanda. 

Al contrario, quando gli abusi liturgici, le eresie e gli scandali morali si verificano a sinistra, il criterio cambia. I parametri relativi diventano la misericordia e il dialogo. In questo caso tutto ruota intorno alla comprensione e al perdono, mentre si accusa di fariseismo coloro che tendono pubblici gli errori. L’impressione che rimane è che per certa gerarchia il vero problema consisterebbe nella pubblicazione dei fatti contrari alla dottrina e alla morale. Inoltre, sembra che si voglia che certe trasgressioni vengano normalizzate tramite la loro discreta ripetizione, così che tra qualche anno vengano considerate normali. Il permessivismo pastorale, molte volte comporta a posteriori delle modifiche disciplinari o pseudo dottrinali.

In sintesi, il doppio binario è evidente. Per la sinistra, pluralismo e libertà; per la destra, unità. Per la sinistra, misericordia e comprensione; per la destra, giustizia e mano pesante; per la sinistra, dialogo; per la destra, obbedienza.

Triste fine per la generazione ribelle, trasformata in ipocrita reprimitrice dei giovani dissidenti dell’ordine progressista.


Conclusione

Né efficacia nell’apostolato, né comprensibilità per l’uomo odierno, né povertà evangelica, né misericordia, né autenticità, né maturità laicale, né fine del clericalismo: il progressismo ha perso le sue bandiere; le resta solo il potere e il suo brutale esercizio. Nonostante il danno arrecato e l’evidente fallimento, coloro che detengono il potere non sembrano arretrare dal loro errore. Finora preferiscono soccombere combattendo.

L’ideale sarebbe che, invece di continuare ostinatamente ad aggrapparsi a sterili strutture mentali, tornassero alla fede di sempre, che coincide sempre più con quello che cercano i giovani. Non ha senso perseguitare i giovani che vogliono servire Dio senza gli stereotipi di una generazione che ha sprecato la sua opportunità. Si corre il rischio di agire contro la volontà di Dio, dimenticando il saggio consiglio di Gamaliel [se il cristianesimo fosse stato una falsa religione non sarebbe durato].

Come recitava un proverbio popolare qualche tempo fa: «non si può fermare la primavera».



dicembre  2025
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI