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| Vaticano II ovvero «la primavera annunciata che non c’è mai stata» Resoconto di un intervento di Mons. Marian Eleganti ![]() Mons. Marian Eleganti Mons. Marian Eleganti, che è stato vescovo ausiliare di Mons. Vitus Huonder, a Coira, Svizzera, ha pubblicato sulla rivista americana The Remnant del 15 settembre 2025, un articolo che la redazione della rivista ha intitolato: «Vescovo svizzero chiama il Vaticano II “una spietata perturbazione” e dice che la annunciata primavera non c’è mai stata». La traduzione francese, rivista e completata dall’Autore, è stata pubblicata nella Lettera di Paix Liturgique del 3 ottobre. Ecco la parte finale: «Retrospettivamente,
l’intervento postconciliare nella forma molto costante della liturgia
tradizionale, vecchia di quasi duemila anni, mi appare come una
ricostruzione piuttosto violenta e provvisoria (imposta dalla
Commissione liturgica di Bugnini) della Santa Messa negli anni
successivi alla fine del Concilio – una ricostruzione che ha provocato
grandi perdite che devono essere riparate».
E il vescovo precisa: «Questo si è
anche prodotto per ragioni ecumeniche. Molte forze, anche protestanti,
hanno contribuito direttamente ad allineare la liturgia tradizionale
con la Cena protestante e forse anche con la liturgia sabbatica
ebraica.
Questo è stato fatto
in modo elitario, dirompente e imprudente dalla Commissione liturgica
romana ed imposto a tutta la Chiesa da Paolo VI, non senza causare
grandi fratture e lacerazioni nel Corpo Mistico di Cristo, le quali
persistono ancora oggi».
Vecchi progressisti e giovani tradizionali Il prelato svizzero presenta la conclusione che Gesù Cristo stesso ci invita a trarre: «Una cosa è
certa per me: se l’albero
si riconosce dai suoi frutti, si impone una urgente
rivalutazione spietata e sincera: onestà e meticolosità
sul piano storico, non ideologico e aperta come la nuova generazione di
giovani credenti che non conoscono né leggono i testi del
Concilio.
«Inoltre, essi non
hanno problemi di nostalgia, poiché conoscono la Chiesa solo
nella sua forma attuale. Essi sono semplicemente troppo giovani per
essere tradizionalisti. Tuttavia, hanno visto come funzionano le
parrocchie oggi, come celebrano la liturgia e ciò che resta
della loro integrazione sociale e religiosa da parte della parrocchia:
molto poco! Ecco perché non sono nemmeno progressisti».
Egli osserva giustamente che il progressismo odierno è «gerarchico»: «Il cattolicesimo
liberale o il progressismo a partire dagli anni 70, ultimamente con la
forma del Cammino Sinodale Tedesco, ha fatto il suo tempo dal punto di
vista attuale e ha condotto la Chiesa in un vicolo cieco. Quindi, la
frustrazione è grande».
Da qui un appello al cambio di direzione in campo liturgico:
«Possiamo constatarlo dappertutto. Le Messe della Domenica e dei giorni lavorativi sono frequentate principalmente da persone anziane. I giovani sono assenti, salvo in alcuni rari luoghi di culto molto frequentati. La riforma avviene da sola, perché più nessuno vi assiste o ne legge i risultati, è una legge ferrea». «Com’è possibile considerare ancora oggi la riforma postconciliare in maniera così poco critica e limitata, visti i suoi frutti? Perché non è ancora possibile avere un confronto onesto con la tradizione e la sua storia (ecclesiastica)? Perché non si vuol vedere che siamo ad un bivio e che dovremmo rivedere le nostre posizioni, specialmente sul piano liturgico?» «Essere o non essere
nella fede e nella vita ecclesiale si decide sul terreno della
liturgia. E’ lì che Chiesa vive o muore. I tradizionalisti e i
progressisti lo hanno capito bene a partire dal 1965.
Perché allora la tradizione ha il vento in poppa tra i giovani? Cos’è che la rende così attraente ai loro occhi? «Riflettete! Si vota con i propri piedi, non con i consigli pastorali. Forse dovremmo semplicemente cambiare direzione! Capite?». |