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| 80 anni dopo il Candido di Guareschi ![]() Giovannino Guareschi col Candido in mano Il 15 dicembre del 1945, esattamente 80 anni fa, usciva nelle edicole Il Candido, un settimanale fondato dal grande scrittore Giovannino Guareschi. Un evento che vale la pena ricordare e sottolineare. Mentre ferveva la ricostruzione materiale, Guareschi mise mano con lena a quella morale: occorreva somministrare agli Italiani gli antidoti adeguati contro i veleni che li intossicavano, dall’odio ideologico alla brama di guadagno ad ogni costo e con ogni mezzo; dall’abbandono dei punti di riferimento morali di sempre al riversamento del cervello all’ammasso, che fu un concetto che non smise mai di denunciare, da profeta inascoltato, visto che gli Italiani hanno continuato a farlo, prima seguendo la parola d’ordine della politica, più tardi quella della pubblicità e delle sirene del consumismo. Per fare tutto ciò Giovannino Guareschi fondò insieme a Giovanni Mosca e pochi altri coraggiosi, tra cui i vecchi amici del Bertoldo come Carletto Manzoni, un settimanale, Candido, che al vertice del proprio successo raggiunse la tiratura di un milione di copie, dirigendolo fino al 1957 e continuando a collaborarvi fino al 1961, anno in cui venne decretata la fine del «fogliaccio». Quella fu una rivista assolutamente libera e indipendente, fatta a immagine e somiglianza di chi la realizzava, sempre in prima linea nella tempestiva segnalazione e denuncia di ogni soverchieria e di ogni pubblica magagna che – purtroppo – dagli anni della ricostruzione fino a quelli del «boom economico» (per arrivare infine agli spettacoli di Tangentopoli che sono stati risparmiati a Guareschi) hanno inquinato la vita civile, sociale, economica e politica italiana. Furono molte le grandi battaglie combattute da Guareschi su Candido. Una di esse si ebbe con le elezioni del 1948, che segnarono una svolta decisiva per il nostro Paese, sottraendolo alla possibilità di finire sotto il giogo totalitario del comunismo. L’esito elettorale, secondo molti osservatori anche stranieri, venne fortemente influenzato dall’incisiva azione del Candido, dagli articoli, dagli slogan e dai disegni del suo direttore, che vennero largamente ripresi e utilizzati dalle forze democratiche durante la campagna elettorale. Esempi di tale influenza si ebbero dal manifesto «Mamma, votagli contro anche per me» (in cui l’indicazione viene da uno delle migliaia di prigionieri italiani uccisi nei gulag sovietici) all’altrettanto celebre «Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no», o ai tanti gustosissimi episodi di «Contrordine compagni» che avevano per protagonisti i comunisti «trinariciuti», ossia provvisti di una terza narice dalla quale lasciare defluire la materia celebrale. Ovviamente, e Guareschi ebbe a spiegarlo e a dimostrarlo, il «trinariciutismo» non è prerogativa esclusiva della sinistra, ed esistono fior di trinariciuti di destra e di centro. Tra costoro si annoverano anche coloro che dopo il 18 aprile 1948 ritennero che – sconfitto il comunismo – personaggi come Guareschi dovessero omologarsi al nuovo sistema economico-politico che andava affermandosi nel Paese. Il giornalista parmense preferì non venire mai a compromessi con la propria coscienza e con i propri doveri deontologici, che sono quelli di cercare la verità e raccontarla ai lettori, piaccia o no. Guareschi ritenne suo preciso dovere informare sempre su quanto avveniva sulla ribalta e dietro le quinte del teatro della politica e dell’economia, scavando anche in episodi deliberatamente occultati della storia recente: parlò delle Foibe, dei tantissimi desaparecidos del periodo post liberazione; parlò di Trieste, città martire stretta nella tenaglia della dura occupazione britannica e della pressione jugoslava; parlò dei primi scandali politici, delle connessioni perverse tra interessi economici privati e ruoli e funzioni pubblici. Lo scrittore parmense, oltre che a dirigere il settimanale coordinando un gruppo di spiriti ribelli e anticonformisti, firmava personalmente alcune seguitissime rubriche: «Lettere al postero», «Ieri-Oggi» (con Mosca), «Giro d’Italia». Quest’ultima, attraverso il linguaggio umoristico e scanzonato, era in realtà un’autentica cronaca «alternativa» degli avvenimenti del Paese: qui venivano denunciate le soverchierie della ricostruzione, dell’epurazione. In queste pagine venivano denunciati gli omicidi che insanguinavano, a dispetto di tutta la retorica sulla pacificazione nazionale, vaste zone della Penisola, in particolare l’Emilia-Romagna. Dalle colonne di Candido continuò a battersi per anni coraggiosamente, ad esempio, contro l’introduzione nel 1953 della cosiddetta «legge truffa», nella quale vedeva – lui uomo bollato come «di destra» – lo strumento per realizzare in Italia una svolta antidemocratica tendente a dar vita a un regime. Candido era un foglio donchisciottesco, ma per altri versi era capace di guardare in profondità e con attenzione la realtà. Guareschi conosceva molto bene l’Italia e gli Italiani: li aveva conosciuti da cronista, girando in bicicletta per Parma, e poi anche per Milano. Fu con le elezioni del 18 aprile, quando si doveva decidere tra comunismo e Democrazia Cristiana, che lo scrittore parmense visse un vero e proprio momento di gloria. Si può dire che i quattro cavalieri dell’Apocalisse, che si abbatté dalle urne sui comunisti, furono – in ordine gerarchico – i seguenti: Papa Pio XII, che aveva retto con autorevolezza la barca di Pietro durante la guerra, opponendosi alle dittature e guadagnando alla Chiesa una forza e un’autorità a livello mondiale come non aveva conosciuto dai tempi del Medioevo; Alcide De Gasperi, la guida politica della Democrazia Cristiana, un leader sobriamente carismatico, un punto di riferimento certo; Luigi Gedda, dirigente dell’Azione Cattolica e fondatore dei Comitati Civici, associazione di propaganda politica che era in grado di mobilitare migliaia di militanti e rispondere efficacemente sul territorio alla sfida dell’apparato comunista; e infine Guareschi, che diede battaglia sul Candido, che fece informazione, controinformazione, che fornì idee e spunti di dibattito e polemica. Questi quattro uomini portarono al successo del 1948, anche se non tutti ricevettero il giusto riconoscimento. In poco tempo Candido aveva avuto modo di conquistare l’attenzione e l’affetto di migliaia di lettori, di diventare un punto di riferimento per tutti coloro che non avevano alcuna intenzione di versare il cervello all’ammasso delle nuove parole d’ordine, dei nuovi protagonisti della vita politica italiana. Il settimanale che tanta parte avrebbe avuto, grazie soprattutto alla fantasia, alla creatività e alla determinazione di Guareschi, nel determinare la sconfitta del fronte socialcomunista il 18 aprile del 1948, non risparmiò tuttavia i suoi strali anche alle forze moderate, ai leader come De Gasperi a cui Guareschi imputò, già all’indomani del successo del 18 aprile, ambiguità e opportunismo. Il Candido fu per anni una voce libera, la voce dell’Italia migliore, la voce saggia di Giovannino Guareschi. |