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CAVALLI E CAVILLI DI TROIA
In margine al cardinal Walter Kasper e dintorni di L. P.
Il rabbino Zevulun Charlop e il cardinale Walter Kasper (dimmi con chi vai e ti dirò chi sei) Nella nostra quotidiana escursione per i territorii della classicità, ci siamo inoltrati per le ampie e fascinose pagine di Aulo Gellio – Le Notti Attiche – ove abbiamo còlto il passo del libro XII - capitolo 11, che così recita: “Alius quidam veterum poetarum, cujus nomen mihi memoriae non est, Veritatem Temporis filiam esse dixit” cioè: un altro degli antichi poeti, del quale mi sfugge il nome, disse che la Verità è Figlia del Tempo. (cfr. Notti Attiche – ed. Rizzoli 1997 II v. pag. 874). Lo scopo di questo nostro intervento non mira al commento dell’erudito latino ma intende adottare il suo pensiero, o meglio, la sua informazione, perché ci sembra che l’aforisma rispecchi, e assai lucidamente, quanto sta verificandosi nell’Istituzione Unica, Delegata alla Custodia e alla Diffusione della Verità, la Chiesa Cattolica. La logorrea che, dal Concilio in poi, si è fatto costante forma e mezzo di catechesi, da un anno in qua, sotto il segno del pontificato attuale di papa Bergoglio, sta trasmutandosi, col concorso dei massmedia mondiali a cui non pare vero inzuppare il biscotto nelle cappellate che giornalmente escono dalla sacre stanze, in un turbinìo vorticoso di voci, ognuna impegnata a cantare su un personale spartito ora etico, ora sociologico, ora politico, ora dogmatico. Il Papa domina sui massmedia con un tripudio di testate che fanno a gare a chi celebra e vende di più, le Conferenze episcopali predicano il regno della terra, i parroci interpretano liturgìe sempre più personalizzate, i cristiani adulti, superato da tempo Marx, scoprono e commentano Vattimo e Kikko, i laici atei disquisiscono su teologia e conversano con eminenze e gerarchia. Ma non si pensi a chissà quale diaspora del pensiero ché, a vista dal basso, sembra strategìa diversiva di individuali iniziative, mentre osservata dall’alto appare come moto che persegue, per vie singole, lo stesso fine: l’attuazione della Chiesa Universale. A ciascuno il compito proprio. Nel dare inizio al recente Sinodo, il Papa ha conferito il ruolo di apripista al cardinal Walter Kasper, teologo tedesco di vecchio e certificato puzzo di eresìa. E la questione che maggiormente ha dominato, e dominerà non solo il prossimo Sinodo di ottobre ma tutto il periodo precedente, e già fin da ora, è la questione matrimoniale, intesa nella più larga accezione problematica. Papa Bergoglio ricorderà che la chiave della riuscita sta in tre magiche parole: permesso, grazie, scusa; ci dirà che altra chiave sta nel coraggio della felicità – concetto che nessuno ha saputo spiegare. Egli va avanti con siffatti vuoti semantici trionfante nel turbinìo festoso dei massmedia e tutti distraendo mentre, nel frattempo, gli ascari della demolizione lavorano in silenzio, o quanto meno, all’ombra della sua protezione. Essi si premurano di rendere insindacabile ogni parola del Pontefice comminando l’ostracismo, come è avvenuto in quel circolo esclusivo di Radio Maria, quanti osano, con umiltà e con franchezza, denunciare la deriva massonica della Chiesa. E’ il “Vangelo secondo Francesco” la cui interpretazione va fatta “sine glossa”, mentre, sempre nello spirito della “veritas filia temporis”, è il Vangelo che va interpretato “cum glossa”. Ed, infatti: cosa ci viene a dire il cardinal Maradiaga, uno del C8? “Per carità! Il monito di Cristo non
si discute: ciò che Dio ha unito l’uomo non divida, il
matrimonio sacramentale è indissolubile, però… chi
può dire quanto sia valido un matrimonio se non sappiamo cosa
passa nella testa degli sposi al momento di dire sì?”.
Come dire: caro Gesù, tu hai sancito la legge ma sai bene che essa va interpretata nello spirito dei tempi, c’è di mezzo la libertà di coscienza, ed oggi la maggior parte dei matrimonii fallisce. Possiamo tener lontani dalla Comunione ecclesiale questa legione di peccatori? Noi stiamo studiano, caro Maestro, un espediente per poter, non dico cancellare ma – consentici - di aggirarlo questo tuo comando in nome della “tenerezza e della misericordia” che tanto preme a papa Francesco. Il quale, giust’appunto giorni or sono, nell’ennesima intervista salottiera – Corriere della Sera 5 marzo scorso – ha testualmente affermato – contraddicendosi, obietta qualcuno che poverino non sa, però, considerare il “contesto”, sì il contesto – che è vero che la casistica è una trappola per gli uomini e contro Dio ma è altrettanto vero che i casi sono tanti sì che è necessario “vederli e valutarli nella loro varietà”. E tra le tante soluzione che si stanno fumosamente allestendo in vista del Sinodo di ottobre 2014, c’è anche quella di una pratica penitenziale da applicare in punto di morte permettendo al divorziato risposato, che ammette la propria colpa dichiarandosi pentito, di ricevere la santa Comunione. Ulteriore adesione alla “veritas filia temporis”, con cui si cancella tutta la teologia del Sacramento della Confessione – esame di coscienza, esposizione dei peccati, dolore per gli stessi, soddisfazione, riparazione e, nel caso di specie, ritorno allo “status quo ante” – così come vuole il mondo e così come vuole la nuova teologìa della “libera coscienza” promulgata nell’enciclica scritta a quattro mani da papa Bergoglio e papa Scalfari. Eh sì! I casi sono tanti, diceva Geppetto al suo burattino, e questi casi sono i segni pilota a cui la Chiesa, delegata a conservare il Depositum Fidei nel solco della Tradizione inalterata, va dietro, anzi, ci accompagna. Papa Bergoglio dice che bisogna valutare ogni singola esperienza, senza preclusione dogmatica e camminare insieme con nel cuore la misericordia! Ci sale un’osservazione semplice e forse banale: ma non c’è, delegato all’ufficio di questo esame, il Tribunale della Sacra Rota? Non sarà, allora, questo un cavillo “di Troia” per eliminarla e rendere automatico, e giustificato ogni divorzio? In fondo, come attesta Sua Santità, ci sono donne che, divorziate e con sulla coscienza anche l’aborto, ora hanno trovato la dimensione di pace in un nuovo matrimonio reso felice da molti figli. Che cosa potrà fare e dire il confessore? Caro papa Bergoglio, noi pensiamo che a questo punto anche il confessore, che già è sparito dai seminarii per far posto allo psicanalista, sarà, con quest’altro cavillo di Troia, messo in disarmo e ospitato nel museo della Chiesa tridentina. Ma non faccia troppo conto sulla sua capacità rivoluzionaria che la stampa mondiale celebra con tonnellate di trionfi e di applausi, perché questa è la strategìa fin troppo smaccata del Principe di questo mondo che lusinga la Chiesa ad entrare nel mondo, capovolgendo così il comando di Cristo che assegnava alla SUA CHIESA la missione di portarlo a Sé. “Noi non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo” ( G. K. Chesterton). Ma, soprattutto: Portae inferi non praevalebunt. (torna
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marzo 2014 AL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO |