EUCARISTIA  E VILIPENDIO



Nogales (Arizona -  USA).

Il cardinale arcivescovo di Boston, Sean Patrick O’Malley, noto per talune sue posizioni fortemente ortodosse in merito alla discussa collegialità o alla comunione ai divorziati, ha officiato  con molti altri vescovi – così riporta Il Messaggero on line del 3 aprile 2014 –una santa Messa a Nogales, a ridosso della linea di confine col Messico dove le autorità statunitensi hanno eretto una lunga palizzata metallica allo scopo di fermare l’ondata di flussi clandestini  oltre che bloccare una delle vie del traffico di droga.
L’intenzione dell’eminenza è quanto mai chiara: celebrare l’Eucaristìa in un sito ove la tragedia della povertà e della disperazione è quanto mai viva e dove, però, è anche persistente l’opera della malavita. Come si vede, una località in cui male e miseria  si impastano e convivono in dosi e quantità allarmanti. Ma noi vogliamo vedere  in questa circostanza la pietas cristiana di una Chiesa che si dispiega per il povero e, nello stesso tempo, interviene per ammonire  gli operatori di iniquità.

Nogales è la nostra Lampedusa”, ha proclamato l’arcivescovo durante l’omelìa riecheggiando la visita che papa Bergoglio effettuò nell’isola nel luglio 2013, e come il mare di Lampedusa è stata la tomba per centinaia di sventurati così Nogales e la sua palizzata, ha voluto affermare il cardinale, è causa di morte a cui vanno incontro molti di coloro che, nel tentativo di aggirarla, si trovano nella necessità di affrontare il deserto di Sonora, uno dei punti più aridi e torridi del mondo, dove inevitabilmente perdono la vita.

Vogliamo prescindere da un discorso di marca sociopolitica sui disordinati ed illegali flussi migratorii – che in Italia, dall’inizio dell’anno ad oggi fanno registrare bel oltre 16 mila immigrati irregolari di cui ben 2 mila nell’ultima settimana corrente del 5/12 aprile – così  come non vogliamo affrontare il tema di “ordine e gerarchìa”, di cui si occupa S. Agostino nella sua “Città di Dio”, perché la nostra attenzione è rivolta ad un aspetto emergente in questa circostanza e che ci pare, e lo è, molto più grave ed inquietante di quello umano, perché riguarda la Persona stessa di Cristo.




L'eucarestia distribuita da uno dei concelebranti,
Mons. Gerald Kicanas, vescovo di Tucson
    
Le immagini di quella cerimonia, officiata, ricordiamolo, dal “tradizionalista” cardinale O’Malley, ci mostrano centinaia di mani che, dal di fuori, si protendono tra le sbarre nel gesto di ricevere l’Eucaristìa.
A prima vista sembrano le stesse che, duemila anni fa, si protesero per ricevere i pani o i pesci, mani che esprimono il desiderio di accedere al cibo eterno ed incorruttibile: il Corpo e il Sangue di Gesù. Non ci fraintendano i lettori se affermiamo che siffatta iconografia desta, invece, un senso di disagio e di indignazione di cui diamo, in appresso, argomentata giustificazione. Perché?

Perché:
1°  -  la Santa Comunione deposta sulle mani dei fedeli è liturgìa illecita in sé pur se permessa dal Magistero, un gesto  che dissacra  il Corpo di Cristo che -  secondo la non ancora abrogata dottrina di papa San Sisto, che diffidava i laici dall’entrare nel recinto sacro dell’altare e dal toccare  gli arredi sacri (ampolline, calice, corporale), ribadita dal Concilio di Trento (Sessione XIII, cap. VIII, 40 del 11 ottobre 1551) -  può essere toccato dal solo sacerdote in quanto consacrato e dopo che questi si è lavato le mani. (Inutile rito se, come spesso avviene, il sacerdote durante la sceneggiata del massonico saluto di pace, scende in navata a stringere decine di mani sudaticce, sporche o pulite);
2°  -  noto a tutti essere il Messico una nazione a forte densità e puzzo massonico, noi non sappiamo né sapremo - tanto meno il cardinale O’Malley – che fine avranno fatto molte sacre particole e quale destinazione avranno preso. E’ la stessa circostanza verificatasi nel raduno rumoroso della GMG di Rio e la stessa che si replica ogni volta che, in Piazza San Pietro, si celebra la Santa Messa e, dalle transenne, si distribuisce l’Eucaristìa sulle mani di migliaia di persone anonime. Non è favola  quella che ci racconta di un mercato  di ostie consacrate destinate per le messe nere e riti di culto satanico ove il Corpo divino di Gesù  viene, come in una continua Passione,  profanato e fatto oggetto di ributtanti e sacrileghi atti, deriso e vilipeso da bestemmie e da empietà.

Il cardinale O’Malley e tutti i vescovi concelebranti dovranno rendere conto a Dio di eventuali e probabili profanazioni e non li scusa l’ottima intenzione di portare Cristo sui luoghi del dolore. La virtù della prudenza e il senso del discernimento avrebbero dovuto suggerire al prelato, senza per questo attenuare il significato dell’iniziativa, maggiore cautela e sommo rispetto del Sacramento eucaristico che, come scrive il Doctor Angelicus – San Tommaso d’Aquino – è “panis angelorum / factus cibus viatorum / vere panis filiorum / non mittendus canibus” (dall’inno: Lauda Sion Salvatorem).


VIA CRUCIS CON LA KEFIAH

Motta di Livenza (TV)




La riforma liturgica, avviata dopo il Concilio, ha posto la base per una sperimentazione i cui nefasti meccanismi corrono  tanto  rapidi e ben oliati che non passa giorno senza che da qualche parte del globo non arrivi la notizia di qualcosa di bizzarro, stravagante, indecoroso, blasfemo e ridicolo.
Dopo le Messe yè yè, le Messe con contorno di complessini, piano bar, balli e danze; dopo i battesimi, i matrimoni, le cresime e i funerali all’insegna di ollivudiana oscenografia – abbigliamento discinto, applausi, fischi, rombi di clacson, palloncini, pelusci e bambolotti sull’altare, orgia di telecamere, schermi e proiezioni, passerelle  di oratori sull’ambone, musica da discoteca  – dopo la concessione di sale parrocchiali a gruppi protestanti in nome di una vera e propria “ecumanìa”, dopo la collaborazione editoriale filoislamica del “Messaggero  di S. Antonio”, siamo arrivati alle Messe concelebrate in unione con i massoni, gli anglicani, con gli induisti e i buddhisti, alle mondiali adunate inter/multireligiose del tipo Assisi 1986 – 2011; dopo la desacralizzazione dei paramenti ridotti a simboli e non più segni, con l’eliminazione di alcuni, ecco che, in quel di Motta di Livenza (TV)  - Il Giornale 12/4/2014 - il parroco, tale Don Vittorino, ha pensato, con un colpo di insipienza progressista, di operare una variazione anche sulla Via Crucis. Eh sì, perché talune tradizionali devozioni di forte impronta cattolica, quali le già rottamate Rogazioni, non sono più in sintonìa col mondo il quale esige che il prete cattolico, più che alla maestà di Dio, si dedichi al rispetto e alla cura esclusiva dell’uomo.
Il sacerdote cattolico, insomma, come insegnano la nefasta esperienza francese dei preti operai, le liturgie ribelli del tristo prete don Mazzi del rione fiorentino L’Isolotto, l’eversiva dottrina dei dom Franzoni, dei don Balducci, dei don Gallo, dei don Farinella e dei don De Capitani, il sacerdote cattolico, dicevamo, deve considerarsi “impegnato” nel sociale, nel politico, nella necessità quotidiana, lanciarsi nelle periferie  e… “puzzare di pecora”.

    
Cosicché, don Vittorino, su sollecitazione di un militante di sinistra, un evidente cattocomunista di quelli ancora esistenti e persistenti, ti ha messo in scena una Via Crucis di tipo non solo nuovo ma del tutto opposta a quello tradizionale, trasgressiva. Le  stazioni son state ridotte da 14 a 8, intervallate e commentate da canti e dibattiti sul  tema “Palestina/Israele” con l’accento sui disagi del popolo palestinese oppresso dallo Stato di Israele, con l’intervento di persone che hanno testimoniato, con immagini e resoconti, ciò che succede in Terra Santa. Una Via Crucis in cui, grottescamente, l’ebreo Gesù è stato usato contro gli Ebrei di oggi (ai quali, diciamo le cose come stanno, Egli ha molto da imputare a colpa).
Insomma: il percorso doloroso di Cristo si è trasformato in un evento politico dove, scomparsa la centralità di Cristo, la via del dolore si è trasformata in una via del livore. In pratica, don Vittorino ha concorso, insieme a tanti altri piccoli Giuda a consegnare Gesù ai suoi nemici.
Una mattina padre Pio è ancora a letto quando gli appare Gesù < tutto malconcio e sfigurato. Egli  mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti, regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando, chi si stava parando e chi si stava svestendo delle sacre vesti. La vista di Gesù in angustie mi dava molta pena, perciò volli domandarGli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n’ebbi. Però il suo sguardo si riportò verso questi sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorché lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: Macellai! E rivolto a me disse: Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò, per cagione delle anime da me più beneficate, in agonia sino alla fine dl mondo. Durante il tempo della mia agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L’anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana… Ahimè, come corrispondono male al mio amore! Ciò che più mi affligge è che costoro, al loro indifferentismo, aggiungono il disprezzo, l’incredulità>… Gesù continuò ancora, ma quello che disse non potrò giammai rivelarlo a creatura alcuna di questo mondo” (Luigi Peroni: Padre Pio da Pietrelcina – Ed. Borla 2002. pag. 150).
Non sapremo mai ciò che Gesù confidò al grandissimo santo, ma possiamo immaginarlo se solo colleghiamo il segreto alla visione precedente o agli avvisi della Vergine de La Salette o di Fatima.
Ma i moderni pastori son guide cieche che guidano masse cieche. I don Vittorino stiano attenti…


MASSONERIA IN VATICANO
La regina Elisabetta II e il principe  Filippo Mountbatten in visita dal Papa.

Roma 3 aprile 2014




I reali di Inghilterra sono stati ricevuti, per 30 minuti, da papa Bergoglio. Le cronache ci dicono che, nei colloqui intercorsi, non si è parlato di Falkland  - ché l’aveva già   fatto, in termini aspri e critici, l’allora cardinale e arcivescovo di Buenos Aires Mario  Bergoglio - ma solo di temi sociali. E, come da prassi, c’è stato lo scambio dei doni fra i quali spicca quello papale: un globo di pietra pregiata – lapislazzuli – sormontato da una croce, destinato all’erede al trono, il piccolo George di 6 mesi d’età, quasi a titolo di dote e di augurio di futura felicità. Un apparato in grande stile, con i sorrisi, i mezzi inchini e le strette di mano a testimonianza del clima di cordialità in cui l’intera visita si è svolta.
  
Per l’occasione, nella sede romana di Pietro - centro della Chiesa Katholica apostolic -  erano, quel giorno, presenti  tre capi religiosi e un dignitario gnostico: un papa emerito, il cardinal Ratzinger ex Benedetto XVI, un papa regnante, Francesco I, una papessa, Elisabetta II di Windsor, capo della Chiesa anglicana, e un gran maestro e dignitario della fratellanza massonica mondiale, Filippo Mountbatten d’Edimburgo.

La Windsor è la rappresentante di quella confessione anglicana che, all’origine e per oltre 100 anni, si distinse per i massacri compiuti in suolo inglese e in quello irlandese impiccando, impalando e bruciando, decine di migliaia di cattolici – laici e religiosi – e riuscendo, con l’informazione massonica a cui si lega nel 1717, a ribaltare la storia facendo passare la regina Maria, la vittima, per sanguinaria (Elisabetta Sala: L’ira del re è morte – Ed. Ares 2008 // Elisabetta la sanguinaria – ed. Ares 2010). Ed è l’esponente non contestata del binomio trono/altare che, quando veniva rappresentato dallo Stato Pontificio, tanta indignazione provocò, e provoca ancora oggi, nei nobili cuori dei democratici, dei liberali e dei laici. E’ lo stesso binomio di quella teocrazia lamaista tibetana, sfrattata dal comunismo cinese, a difesa della quale si organizzano fiaccolate e si sventolano bandiere arancione. Ma si sa: la monarchia inglese è congiunta alla massoneria  R. S. A. A. e la teocrazia tibetana è atea: due titoli e due benemerenze che ne fanno i protetti delle oligarchie mondialiste.
     
Mountabatten  Filippo di Edimburgo, principe consorte, alto dignitario massonico col n. 1216, assertore malthusiano del controllo delle nascite e, quindi dell’aborto, è noto per essere la pietra angolare su cui sono edificate tutte le istituzioni massoniche e onusiane – WWF, Amnesty International, Greenpeace, Bilderberg, Trilateral, CFR, Club of Isles, 1001 Club, Family Planning  – e di lui vogliamo riportare, a titolo esemplificativo, le due seguenti  dichiarazioni: 
1 - “Nel caso in cui mi reincarnassi, mi piacerebbe essere un virus letale per contribuire  in qualche modo a risolvere il problema della sovrappopolazione” (Epiphanius:  Massoneria e sette segrete – Ed. Controcorrente 2008 pag. 150);
2 – “E’ evidente che il pragmatismo ecologico delle religioni cosiddette pagane, come quella degli indiani d’America, dei polinesiani o degli aborigeni australiani, era molto più realistico in termini di morale per la conservazione della natura, che le più intellettuali filosofie monoteistiche delle religioni rivelate” – Conferenza stampa del 18 maggio 1990 al National Press Club di Washington - (Epiphanius: ibidem, pag.488).
E’ evidente come codesto miserabile potente – davanti agli uomini - si avvalga della propria intangibilità per sparare tali demenziali ed irritanti affermazioni che, in bocca all’uomo della strada, diventerebbero motivo di disprezzo, e più  evidente ancora è l’ipocrisìa di chi, dopo aver sterminato etnìe intere – i pellerossa d’ America, quelle dell’India, del Sudafrica – e razziato nel mondo ricchezze, materie prime e opere d’arte altrui – vedi il tesoro della Torre di Londra e le collezioni dei varii musei – si senta in diritto di fare l’elogio della coscienza e dell’etica delle vittime senza il minimo senso di responsabilità e di colpa.
     
Questi, la crema dei nemici di Dio, sono coloro che la santa Sede non si perita di ricevere con pompa fastosa e mondana, e proprio da un papa pauperista che, lo scorso anno, si rifiutò di assistere a un concerto eseguito nell’Aula Paolo VI, affermando di non sentirsi e di non voler essere un “principe rinascimentale”. Principe no ma, talora e in circostanze di ampia visibilità, monarca tra monarchi  sì.
Non ci meravigliamo di questa visita, inimmaginabile prima del Concilio vaticano II, perché la Santa Sede e i tutti i papi vaticanosecondi, da Giovanni XXIII, prossimo santo, da Paolo VI, a Giovanni Paolo II, prossimo santo, sino a Benedetto XVI ed ora con papa Bergoglio, hanno praticato e praticano familiarità estrema e cordialissima con la massoneria, specialmente con quella ebraica, la B’nai B’erith depositaria di  illimitata potenza finanziaria.
  
A siffatto quadro, connotato di gentilezza, tenerezza e accoglienza verso il satanismo conclamato. si contrappone quello che vede la Fraternità San Pio X e i Frati Francescani dell’Immacolata – parti nobili e sante del Corpo Mistico di Cristo - messi sotto squallida e feroce inquisizione ecclesiastica, per non si sa quali reati.
Ma, allora: per chi sta lavorando il papato?





aprile 2014

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