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Interviste
ad alta quota, tra aggressioni più o meno ingiuste,
preoccupazioni democratiche e par condicio nelle stragi
di Patrizia Fermani Di primo acchito, a leggere le battute iniziali dell’intervista a Bergoglio sull’aereo da Seul, si è tentati di attribuire ad una conoscenza approssimativa della lingua il significato inquietante delle parole. Si parla di “aggressioni ingiuste” che debbono essere fermate e ci si chiede subito sovrappensiero se ci siano anche delle aggressioni giuste che, per converso, non debbano essere fermate. Ma poiché aggressione significa attacco violento improvviso (e non dovrebbe riguardare dunque la legittima difesa), l’idea di una aggressione giusta sembra paradossale e fa pensare, appunto, ad un deficit linguistico. Tuttavia si supera presto questo dubbio, perché il seguito è una somma di proposizioni tutte paradossali, ma legate dalla logica ferrea di un disegno eversivo del cattolicesimo che ormai può sfuggire solo a chi ha deciso di non vedere e sentire. E in questa chiave, la sorte toccata ai Francescani dell’Immacolata rende subito realistico il riferimento ad una aggressione che possa essere ritenuta giusta e dunque anche lecita. Ammessa dunque la possibilità che lo sterminio dei cristiani in Iraq appartenga alla categoria dell’aggressione ingiusta, e non è poco, si concede persino che sia lecito fermarla. Ma qui viene formulata la proposizione chiave su cui si regge il nuovo messaggio pressurizzato. Bisogna fermare l’aggressione senza ricorrere né al bombardamento aereo né alla guerra. Senza andare troppo per il sottile, qui si fa riferimento evidentemente alle due modalità della guerra aerea o a quella di terra, che vanno subito escluse quale mezzo per fermare i massacri. E la ragione sta nel fatto, secondo Bergoglio, che, se tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, uno parte con la bandiera del liberatore e poi pianta quella del conquistatore. Allora, per non correre questo rischio, meglio tenersi i massacri, anzi meglio che i massacrati portino pazienza. Soprattutto finché non si chiariscono le intenzioni dei liberatori e quale sia il loro credo politico. Infatti bisogna convenire che sarebbe stato molto più onorevole per gli assediati dell’Alcazar di Toledo lasciarsi morire di fame, tanto la cosa era già a buon punto, piuttosto che farsi liberare da Franco ( non per nulla qualcuno nella Chiesa adesso ha cominciato a chiedere perdono perché non tutti i preti e le monache sono riusciti a farsi ammazzare dai patrioti rossi e hanno preferito cadere vilmente tra le braccia di Franco). Dunque, se i massacri possono pure essere fermati purché senza impiego di mezzi militari, l’intervistato ammette di non sapere quali potrebbero essere i mezzi alternativi per concludere l’operazione. Forse si potrebbe pensare all’invio gratuito di barriere architettoniche o, col beneplacito di Greenpeace, di qualche superstite barriera corallina, per non dire del possibile riutilizzo dei cartelli che interdicono per lavori in corso il traffico sulla doppia corsia della A14. Ma ci rendiamo conto che, ancora una volta, quello veramente risolutivo potrebbe essere il consiglio dato da un nostro grande statista esperto di spiritismo a Benedetto XVI raggiunto dalla fatwa islamica dopo Ratisbona: “Che si faccia difendere dalle guardie svizzere!”. Giusto! Che Bergoglio mandi a fermare pacificamente i massacratori islamici questi svizzeri eternamente sfaccendati, e Napolitano aggiunga un suo contingente di corazzieri a cavallo, magari in alta uniforme. Ma subito Bergoglio ha avuto il colpo d’ala degno di uno che viene dalla fine del mondo: il compito spetta all’Onu, ha detto. È vero, viene da dire. Questa è la soluzione. Basta convincere i massacratori a prendersi una volta tanto una pausa sabbatica, o di andare in pellegrinaggio alla Mecca. Giusto il tempo per consentire agli addetti alle pulizie del palazzo di vetro di tornare dalle ferie a Miami e preparare i locali per una bella assemblea generale, in cui si discuta, si voti, si deliberi di mandare un contingente multinazionale, beninteso con l’ordine di non sparare neppure un mortaretto, ma tutt’al più con la facoltà di catturare i cristiani più facinorosi e, per non sapere né leggere né scrivere, di consegnarli a chi può ricominciare a massacrarli (sistema efficacemente già sperimentato a Svrebrenica). Sistemata la questione strategica, bisogna dettare il protocollo. E qui è la democrazia egualitaria che deve dare le regole. Prima di tutte quella della par condicio: questi cristiani – dice Bergoglio – fanno tante storie come fossero i soli a soffrire. Invece ci sono anche tanti altri figli di Dio in pericolo, e non sia mai che nell’opera di liberazione i cristiani risultino più numerosi rispetto ad altre minoranze perché, se ci fosse un tale rischio di disparità di trattamento, allora meglio starsene a casa. Il ragionamento non fa una piega e, tutto sommato, meglio che tutti siano massacrati senza discriminazioni imbarazzanti per la Santa Sede. Sistemata anche la questione della uguaglianza, Bergoglio, che è uomo di pensiero oltreché di azione, aggiunge questa riflessione : “L’umanità ha il diritto di fermare l’aggressore ingiusto, ma c’è anche il diritto dello aggressore ad essere fermato perché non faccia più male”. Questa non era venuta in mente finora neppure alla Commissione europea, che pure in fatto di fecondità giuridica non è inferiore a nessuno. Pensiero stupendo, avrebbe detto Nicoletta Strambelli in arte Patty Pravo, grande esperta di triangolazioni anche concettuali. Il tema va approfondito perché ricco di risvolti tutti da sviscerare. Per ora basta dare una svegliata all’Onu, come dice anche Riccardo Cascioli. Intanto, speriamo che le quote di martiri cristiani non siano inferiori a quelle degli altri perseguitati, ché questo sarebbe veramente intollerabile sul piano della par condicio. Su queste basi il futuro equo e solidale arride a tutti, morti ammazzati compresi. (torna su)
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