La Pace di Dio e la pace del mondo


di
Alessandro Gnocchi


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
  2 settembre 2014

Titolo, impaginazione e neretti sono nostri




Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.

martedì 2 settembre 2014

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”.

è pervenuta in Redazione:
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Preg.mo dottor Gnocchi,
Le scrivo a proposito di pace. Mi sono sempre meravigliato che il saluto di Cristo “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” abbia acceso un fuoco così ardente di coraggio e intraprendenza negli apostoli e in San Paolo (che si paragonava a un lottatore).
Le sarei grato se potesse darmi qualche elemento sul senso di quanto il Signore ha voluto dirci usando la Sua lingua madre perché mi pare che la traduzione “pace” sia assai povera. Oltretutto il significato che spesso viene sottinteso è di inerzia passiva (una specie di tragica ed inutile melassa consolatoria).
Credo invece che il messaggio sia molto articolato, attivo e chiami all’azione energica (se è ancora possibile usare questa parola: virile).
La ringrazio.
Paolo Montagnese



Caro Montagnese,
lei mi pone al cospetto di un’erta riservata a chi dedica una vita intera all’eloquenza divina, fatta di Parola e di Liturgia, di silenzio e di penitenza, e, se è il caso, di consolazione e di letizia. Ma il senso della sua domanda è talmente urgente anche per la cronaca, che proverò brevemente a muovere qualche passo su per la montagna.

In questo compito, sono facilitato dal fatto che lei mi pare essere sulla strada giusta. Il capitolo 14 del Vangelo di San Giovanni, da cui trae quel “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, è chiarissimo e non lascia adito a interpretazioni maliziose, tanto da proseguire dicendo “Non come la dà il mondo, io la do a voi”.

La questione è tutta qui: il cattolicesimo contemporaneo, quando si possa ancora chiamare “cattolicesimo”, ha finito per isolare il semplice termine “pace” da un discorso così eloquente da essere persino didascalico nell’esigere dal seguace di Cristo la costante lotta con il mondo.
Non vi è pace senza guerra: ma questa è un’evidenza davanti alla quale il cristiano di oggi preferisce chiudere gli occhi e accontentarsi dell’illusoria tregua offerta dal mondo, imitazione scimmiesca di quella lasciata da Cristo, frutto malato di compromessi e del rinnegamento della Verità.

Il processo di marcescenza del cattolicesimo è ormai arrivato tanto nel profondo, che l’amore per la pace diffuso nelle parrocchie, negli oratori, nei movimenti, nei sermoni e nei Tischreden di Santa Marta o negli Angelus in San Pietro ormai si fonda solo sull’egoistico bisogno di benessere. Ma un malinteso senso della pace, un troppo umano rifiuto di resistenza al male ha radici profonde e ha corroso intelligenze e anime strappandole al legame con il Corpo Mistico di Cristo o fermandole sulla soglia della conversione.

Penso spesso al destino di Simone Weil, morta nel 1943 a 34 anni, al termine di una vita fatta di austerità, di dedizione al prossimo, di studio, di dolorosa contiguità con la mistica, di attenzione per la Chiesa cattolica senza decidersi al passo definitivo.
Se Simone Weil è morta senza farsi battezzare, penso si debba ricercarne la ragione nella monca idea di pace e di non resistenza al male da cui padre Joseph-Marie Perrin, il domenicano che la seguiva nella sua cerca spirituale, non ha mai saputo liberarla.
Cristina Campo, prima affascinata e poi molto critica nei confronti della Weil, nella splendida introduzione ad Attesa di Dio, se ne disse certa e vedeva all’origine del mancato abbraccio con il Corpo Mistico di Cristo “la timidezza apostolica, la carità molto più sentimentale che spirituale del religioso che tentò di istruirla. (…) La rivelazione di una Chiesa pura perché tremenda, pietosa perché inflessibile, in totale contraddizione con il mondo, tetragona e bruciante, non era certo per atterrire Simone Weil ma solo, appunto, ciò di cui, in Simone Weil, Simone Weil soprattutto desiderava la morte: la partie médiocre de l’âme”.
La Chiesa evocata da Cristina Campo, l’unica che mi sia dato conoscere, non può certo sovrapporsi alla “Chiesa Peace an Love” che vede in papa Francesco l’icona delle icone. Ma, e questo dovrebbe inquietare quei cattolici assetati della pace donata dal mondo, non era certo una Chiesa piaciona e imbelle ciò che avrebbe condotto alla conversione quell’intelligenza così acuta e rigorosa, quell’anima così essenziale e acuminata che albergavano in Simone Weil.
Forse cedendo a un malinteso senso della pace, padre Perrin ha rinunciato a compiere la dolce violenza di costringere Simone in ginocchio. E, forse per questo, Simone non ha compreso che la pace donata da Cristo è dolce come una consolazione inattesa, ma anche tagliente come il diamante, dolorosa come il timore di perdere qualcuno o qualcosa di amato.

Caro Montagnese, oggi non abbiamo a che fare Simone Weil, e forse neppure con i suoi epigoni. Oggi abbiamo a che fare con una Chiesa che organizza le partite di calcio interreligiose mentre i cristiani vengono massacrati in tutto il mondo.
Non penso che la Chiesa di Papa Bergoglio avrebbe attirato un’anima esigente e intelligente come Simone Weil.

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo




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