Materialismo “dialettico”
dalla Sede Pontificia?



di F. R.





Interpretare il mondo della natura e l’incessante incedere del corso degli eventi, utilizzando come lente d’ingrandimento l’unico principio esplicativo della materia, è cosa che appartiene al passato della filosofia, radicatasi nei meandri del pensiero del “sinistro” hegeliano. In realtà non si tratta propriamente di originale intuizione, ma, come spesso accade nella giravolta di pensieri che frullano nei cervellotici tentativi di spiegazione del reale, rappresenta una conferma di quel che di vero appartenne ai corsi e ricorsi di vichiana memoria applicati all’umano ragionare.

Mitologie antichissime sposano il concetto di una materia corposa, matrice dell’esistente, onnipresente ed immanente.
Le figurazioni primitive replicate nelle cosmologie babilonesi ed egizie disegnano un primo embrione dell’idea di materia, come massa addensatasi a partire da uno stato originario di confusione, il caos primordiale. Simmetricamente, in Oriente, l’intelligenza ordinatrice, il Purusha indiano insuffla la vita ad un preesistente agglomerato inerme… ideologie, tutte, debitrici dei primi due capitoli di Genesi, nolenti o volenti, consapevoli o no, mutuanti la descrizione del processo creativo riportato dall’Autore sacro: nel vuoto primordiale, ove una terra informe e deserta “assorbiva” le vibrazioni dello Spirito di Dio, aleggiante sulle acque… Dio crea.

Ma l’atto della creazione divenne superfluo in filosofia, allorché ci si determinò di prescindere, con quella che la Scrittura definisce “stoltezza”, dall’operato vitale di Ruach, per precipitare nell’autosufficienza filosofico-genetica di un’improbabile abiogenesi; cosmologia e psicologia meccanicista, come Epicuro e Democrito docent ed evoluzionismo discit.

La soluzione ateistica in Occidente non poteva trascurare di confrontarsi con l’atto del creare ex nihilo, discrimine ideologico-filosofico, che obbligava il pensatore ad evitare un punto di vista monistico, per scegliere, come tertium non datur, l’impossibile autosufficienza della materia…
Ormai emancipata da qualunque soggezione alla tradizione teologica, la scienza della natura, definita “sperimentale”, autoconvintasi di essere bastevole a se stessa (cosa che poi portò al miserevole esito riduzionista dello scientismo) sfocia nell’idealismo hegeliano, i cui seguaci sposarono la versione storica e dialettica.
L’idea dominante e sottesa è retta dalla convinzione di poter risolvere la realtà nel pensiero, al punto che l’uno è immanente nell’altra, che lo genera a sua volta. Non la coscienza determina la vita, ma la vita definisce la coscienza: l’attività fondamentale, condizionante tutto, è l’attività produttiva (rapporto uomini/tempo/natura); essa genera, crea, cambia la storia e l’uomo stesso.

Il dominio della prassi sull’idea è oggi parente stretto del secolarismo ecclesiastico: non la Chiesa ferma, che faccia muovere il mondo (come la vide Chesterton), ma fluttuante barca in balìa delle onde, che non si scomoda ormai più, nei suoi marinari, di svegliare il Maestro dormiente, pensando che la deriva e l’affondamento non siano poi cose così gravi: indifferente esito di una latente apocatastasi finale, che la “misericordina” Bergogliana, ormai accomuna (o sembra accomunare) in un unico inevitabile lieto fine, meriti prescissi.

Questo è quello che è accaduto alla Sede Apostolica?

Al tener conto delle profezie passate, che la Chiesa ha approvato con la sua Autorità, forse non possiamo meravigliarci tanto: la “Roma perderà la fede e diverrà la sede dell’Anticristo” (La Salette) sembra essersi realizzata nelle parole di Fatima, dove la consacrazione della Russia rappresentava l’ostacolo al diffondersi pernicioso degli errori comunisti nel mondo.
E se il vero dramma e la portata catastrofica di quegli errori non fosse di natura strettamente politico-filosofica, ma egualmente ideologico-religiosa?

Possiamo, senza molte remore, affermare che il progressismo di sinistra, che fa il paio con l’ideologia del modernismo, da sempre condannata dalla Chiesa, si sia oggi annidato proprio ai suoi più alti vertici?
Non è forse sintomatico il riviviscente splendore che l’Osservatore Romano ha riservato alla “teologia della liberazione”, benedetta da tanta udienza papale?
Non ne costituisce nuova conferma l’evoluzionismo non soltanto scientifico (ormai vaticanizzato da anni!), ma anche quello morale, che il medesimo organo di stampa ufficiale della Santa Sede mette in risalto in uno dei suoi numeri di giugno scorso, dove sponsorizza l’omosessualità femminile, neppure tanto implicitamente?

Come interpretare l’incredibile e “democratico” profluvio di eresie discendente dai vari Kasper, Galantino, Marx, e compagni cardinali al seguito, mai smentiti da Roma, mai condannati da essa, anzi tacitamente approvati dal sibillino omiletico papale in quel di Santa Marta, Civiltà Cattolica o Repubblica?

Il tutto, non dimentichiamolo mai, condito da un’inesorabile forza prassistica, che ogni cosa coinvolge e travolge (come nel ballo di Copacabana, vescovi inclusi, al seguito della pornostar brasiliana, Xuxa) e trasforma in primis le celebrazioni delle sante Messe, divenute ormai, specie all’estero, ostentazioni da clown o diversivi underground, come accaduto nella recente esibizione del cardinal Christoph Schönborn (cercare su youtube), già pupillo dell’“Emerito”...

E questa prassi non risparmia neppure il Pontificato, anzi lo trita (o almeno sembra, da quel che è dato evincere dalle parole dell’attuale Pontefice) in un pensionamento pro salute, dal quale Cristo mise in guardia il marciante Pietro, fuggitivo da Roma… Anche oggi Gesù muore in croce, ahimè, vicaria immolazione di peccati e mancanze, di cui nella Chiesa (ma non la Chiesa!) gli uomini sono pieni e satolli.

E Roma tace… anzi parla per dire di non parlare, non insegnare, non evangelizzare e non giudicare mai… sembrerebbe proprio… neppure il peccato, a meno che questo non sia socialpauperista!
Guai a chi fa “proseliti”, ossia a chi si lancia ad annunciare Cristo: Via, Verità e Vita!
Guai a mostrare la Croce in pubblico (meglio nasconderla davanti ad Ebrei o Mussulmani, finanche se invitati nei giardini Vaticani!!!), a predicare, come san Paolo, “Cristo e questicrocefisso!”…,
Guai a sperare la pace che scenda dall’Alto, come frutto di benedizione della ricerca del compimento della volontà di Dio, fondata in Gesù Cristo, Signore della storia e della società (cf. Quas Primas ed Ubi Arcano di Pio XI).

Roma propone dialogo e dialogo, apertura e sacramenti a tutti (così sembrerebbe) a prescindere dal fatto che li si voglia chiaramente o no; perché tutta la questione è qui: divorziati risposati “chiedono” di ricevere la santa Eucarestia…; ma ricevere Gesù nel sacramento significa anzitutto volere essere uno con Lui e con la sua volontà. Volontà di Cristo è amare Dio ed il prossimo ed odiare il peccato. Semplice.
Se non si rinuncia alla passione, al peccato, al male né si ama Dio né si “rompe” col peccato, ergo non si può essere uno con Cristo.
E sempre da Roma, in attesa dei probabili esiti nefasti del noto Sinodo di ottobre, non si smentisce, anzi si conferma, che il Pontefice è libero di telefonare in Argentina e dare il nulla osta al SS. Sacramento ad una divorziata risposata… “tanto se ne sta parlando in Vaticano!”, con la scusa che il suo non sarebbe Magistero.

In tutto questo è facile riconoscere ed individuare come certa la matrice dell’ideologia del materialismo storico. Radice già ravvisabile nella semplice idea di dover raccogliere le sfide del mondo, di dover ripensare la fede o la morale, in vista di una fagocitante e ad un tempo partoriente pastorale, legata agli esiti “democratici” di “referendum sulla verità”, che sembrerebbe sempre negoziabile.
Non esistono punti fermi; la storia è un eterno divenire di accadimenti che divora il pensiero e l’essere, generando la mostruosità del divenire creante; l’uomo non conforma se stesso ad una Realtà superiore, allineando l’azione al pensiero ed il pensiero all’ideale..., ma, come bruto, segue l’istinto del piacere o dell’applauso, fino ad annichilire anche solo il concetto di dogma (baluardo in re ipsa di tanto elucubrare).

Queste considerazioni aprono inevitabili interrogativi in ordine all’Autorità, sia ontologicamente intesa sia nei supposti limiti del suo esercizio. Problema non da poco, che non è possibile risolvere in poche righe di un piccolo intervento. Questione diversamente affrontata da molti autori.
Possiamo soltanto ricordare a noi cattolici quelli che sono i punti fermi, da tutti condivisibili, che debbono servire da riferimento, faro nella notte, per guidare la discrezionalità delle nostre scelte e visioni.
La Chiesa è santa, essenzialmente, perché di origine divina! Divino infatti ne è il Capo, divino lo Spirito che la anima. Questa Chiesa, l’unica Chiesa di Cristo, è la Chiesa cattolica, apostolica, fondata sulla roccia di Pietro; il Papato non è orpello da cui poter prescindere!
La Chiesa Cattolica, perché santa, è infallibile nell’insegnamento della Verità, così come trasmessa da Cristo stesso agli Apostoli e da questi tramandata nel corso della storia. Tale Verità non muta, non cambia, perché si fonda essenzialmente in Dio stesso, immutabile e perenne Verità.
La Tradizione riporta l’insegnamento di Gesù, così come completatosi alla morte dell’ultimo Apostolo; dopo di questo preciso momento non v’è alcuna nuova Rivelazione. Essa è completa e perfetta ed integralmente viva e presente nella Sacra Scrittura e nella santa Tradizione, custodite dalla Chiesa.
Il Magistero stesso si fonda e non prescinde dalla Verità biblica e da quella resa dalla Tradizione. Esso ne costituisce la chiarificazione somma, ma senza poter aggiungere o togliere nulla (Concilio Vaticano I).
A tale Verità il cristiano deve conformare la propria anima per ottenere la salvezza, prestando l’assenso dell’intelletto; nei casi eventualmente dubbi in questa epoca oscura, la libertà di scegliere è limitata dall’evidenza che discende (per obbligo divino) dall’applicazione del principio di non contraddizione: ciò che è stato definito bianco, resta tale e non potrà mai essere dichiarato nero.

La Chiesa, perché santa, assicura sempre ai suoi figli la partecipazione alla Divinità, mediante i mezzi di santificazione di cui Cristo l’ha dotata. Anche di questo non possiamo dubitare, in virtù della promessa di Gesù di stare con noi fino alla fine del mondo.
A queste certezze, si aggiunge la speranza, indubbia parimenti, del trionfo del Cuore Immacolato di Maria Santissima, come da Lei stessa dichiarato a Fatima.

Consolàti da tanta fiducia, constatiamo però che Roma sembra comunque corrosa dal tarlo modernista, al punto che il confermare nella Fede si muta quasi nel propagare la confusione; niente è certo, nulla permane… resta solo la teologia del dubbio, unica depositaria di elogi e di certezze.
Ma tale tarlo, discendendo da una matrice materialistico-evolutiva, la medesima delle dittature di stampo comunista, ne tradisce l’appartenenza anche nell’incredibilmente ed apparentemente contraddittorio “bastone”, destinato a rimbrottare e commissariare chi potrebbe rappresentare un ostacolo a tale passivismo evoluzionista… lo spirito (di chi? viene da chiederci!) soffia e non deve essere arrestato! Pena severi provvedimenti a salvare i “diritti” di un uomo, che in realtà non ne ha affatto!, se non si prostra adorante a quel Gesù Eucarestia, che tanta bestialità spesso vorrebbe insudiciato da chiunque, “qualunquizzato” in palestre definite chiese ed in celebrazioni irriverenti… e men che mai adorato.

Ma senza adorazione, l’uomo cade nell’illusione di essere quel che non gli appartiene, perso nel buio di una notte di desolante tristezza.
Nell’adorazione al SS. Sacramento e nella devozione alla SS. Vergine depositiamo le preghiere per la santa Chiesa e soprattutto per gli uomini di Chiesa, per il Papato, in particolare!, affinché attraverso di essi si compia la Volontà di Dio.




settembre 2014

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