Prepariamoci a difendere l’Eucaristia


di
Alessandro Gnocchi


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
  30 settembre 2014

Impaginazione e neretti sono nostri




Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.

martedì 30 settembre 2014


sono pervenute in Redazione:

Caro Alessandro,
la chiamo per nome come usiamo fare noi preti con i nostri fedeli e spero che non me ne vorrà. È che, ormai da qualche anno, mi sento sempre più familiare con chi tratta certi temi della vita di fede rimanendo fedele a ciò che la Chiesa insegna da sempre.
Vengo subito al dunque, dicendole che sono un sacerdote diocesano di una cinquantina d’anni il quale ogni giorno di più si sente a disagio in questa Chiesa. Non mi ci raccapezzo più e fatico a trovare conforto anche in quei confratelli che, a prima vista, sembrerebbero ben orientati. Ma alla fine, gratta gratta, anche in loro c’è sempre qualcosa che non funziona. Condividono certe analisi e certi argomenti, ma quando si tratta di arrivare al punto si fermano. Oppure, questo nella maggior parte dei casi, la vedono giusta su un argomento ma sbagliata su un altro. Specialmente quando si tratta dell’Eucaristia. Guai a parlare di inginocchiarsi, guai a parlare di ringraziamento privato e, soprattutto, guai a porre l’accento sulla consacrazione. Insomma, sono disposti ad arrivare fino alla predica, ma poi si fermano.
Allora, premesso che ho già cambiato parrocchia più volte e anche diocesi senza trovare risposte, che cosa può fare un povero prete come me?
Un caro saluto
don Francesco

Egregio dott. Gnocchi,
come riporta il bollettino “la Pieve” di settembre-ottobre 2014 (anno XXXIX numero 3 p. 30-31) dell’unità pastorale (!?) di Iseo e Clusane, della diocesi di Brescia, il 21 settembre il Vescovo di Brescia, in cattedrale, ha nominato i ministri laici dell’Eucaristia. Ma le sembra normale che nell’unità pastorale di Iseo-Clusane che conta settemila anime (ovviamente non tutti credenti e praticanti) ed in cui prestano servizio sei preti, SEI (alla faccia dell’accorpamento di parrocchie per ovviare alla carenza di preti), il Vescovo abbia nominato ben 15 ministri straordinari laici dell’eucarestia di cui tre sono suore?
Ma dove sono queste chiese stracolme di fedeli che sgomitano per comunicarsi e che quindi necessitano di così tanti ministri straordinari? E se la comunione la danno i laici, anche ai malati a domicilio, i preti che cosa fanno tutto il giorno? Che situazione straordinaria stiamo vivendo da richiedere nuovi mezzi straordinari?
L’unica straordinarietà è una Chiesa in crisi: calo di battesimi, di matrimoni, di conversioni, di vocazioni con conseguente aumento di atei, agnostici e pagani. A che serve tutto questo schieramento di “ministri” laici per un sacramento desacralizzato e un rito che, in seguito alle riforme conciliari, ha un’affluenza che è ai minimi storici? E così alla Santa Messa si assisterà alla solita sceneggiata: i preti al momento della comunione se ne staranno seduti sui loro scranni a cantare a squarciagola e a battere le mani mentre i ministri laici distribuiscono la comunione rigorosamente sulla mano. Tutto ciò contravvenendo alle norme liturgiche. La decostruzione del cattolicesimo, del Santo Sacrificio e dell’Eucaristia passano anche per queste cose. Ma veramente c’è bisogno di così tanti ministri straordinari? E non ci si nasconda dietro la solita motivazione che “ci sono pochi preti”, perché il calo vocazionale è conseguente al calo dei fedeli. La loro nomina non è in realtà un manifesto ideologico per veicolare un nuovo modello di Chiesa?
La mia mente va ai fratelli coreani e giapponesi perseguitati, che per secoli rimasero senza comunicarsi perché non c’erano preti che celebravano il Sacrificio, eppure conservarono intatta la fede. E come non pensare ai cristiani perseguitati dai regimi comunisti. Loro si che avrebbero avuto bisogno di questi ministri, giustificati dallo stato di necessità, dalla straordinarietà della loro condizione, non le nostre parrocchie borghesi, ricche, grasse e con un clero che sembra sempre più manager, amministratore e sempre meno pastore, sacerdote, missionario.
P.S.: nell’anno (2014) della beatificazione del Papa bresciano Paolo VI, nella diocesi di Brescia non è stato ordinato alcun prete, ma in compenso sono stati nominati decine e decine di ministri laici.
Andrea Ronconi

Caro don Franco, caro Ronconi,
una scritta dalla parte del sacerdote, l’altra scritta dalla parte del fedele, le vostre lettere pongono l’accento sul problema dei problemi, il sacramento dell’Eucaristia. Perché è proprio quello l’obiettivo finale dell’attacco infernale al Corpo Mistico di Cristo: la Presenza reale, viva, palpabile e salvifica di Gesù in mezzo agli uomini.
Ma a questo ci arriviamo in conclusione. Prima devo una risposta a don Francesco, nella quale, per ora, non voglio avventurarmi sul “che cosa fare”, ma vorrei almeno spendere qualche parola sul “che cosa non fare”.

Mi permetta di dirle, caro don Francesco che, data la situazione della Chiesa dei nostri giorni, non troverà soddisfazione alle esigenze e alle domande del suo sacerdozio peregrinando per parrocchie o per diocesi. Potrà incontrare ambienti, confratelli e fedeli più o meno vicini al suo sentire, ma, come dice lei stesso, finirà sempre per scontare una delusione sui punti cruciali.
Non sto dicendo che in questa Chiesa non ci sono più sacerdoti cattolici, tant’è vero che lei stesso è la testimonianza vivente del contrario. Ma sono sempre più rari e stanno sempre più nascosti. E ciascuno di loro vive in un disagio che ha un’origine facilmente diagnosticabile.
Come lei, tentano di trovare coerenza nella sopravvivenza di certe forme ancora definibili come cattoliche con l’effettiva pratica della fede: ma questa coerenza, salvo singoli casi, non esiste più.
Attraverso il permanere di una forma in qualche modo cattolica viene trasmessa una fede che cattolica non è più, o non lo è in buona parte. E, come tutti sanno, basta non essere cattolici almeno un po’ per non esserlo del tutto, ben che vada si è eretici.
Da qui discendono le schizofrenie, i fraintendimenti, le bizzarrie che vanno a formare un quadro nel quale una mente normale non si ritrova più. Peggio ancora, pensa di essere malata poiché la normalità non ha più una casa e viene rinchiusa dentro i ghetti. In poche parole, la Chiesa è governata da una specie di legge Basaglia in cui la follia non è più considerata tale e, anzi, si fa giudice della salute mentale.
Adesso, caro don Francesco, lei penserà che io le stia suggerendo andarsi a rifugiare chissà dove. Mi limito a invitarla a uno schietto realismo e a non cercare la soluzione ai suoi quesiti là dove non c’è.
Non sto neppure dicendo che questa non è più la Chiesa e bisogna trasferirsi altrove. È qui che bisogna battersi per ripristinare la vera fede e il primo passo è quello di ripristinare quella coerenza tra forma e fede ormai sfilacciata. E me lo insegna lei, un sacerdote, che tutto questo si trova principalmente nella Messa. Nella “Messa buona”, la “Bonne Messe” come definiscono amabilmente i cattolici francesi quella che noi diciamo la “Messa di sempre”.

Si riparte da lì, caro don Francesco, e lì si trova anche la risposta a ciò che dice il signor Ronconi. Se quest’anno, nella diocesi di Brescia, la diocesi del Pontefice che ha promulgato il nuovo messale, non è stato ordinato alcun sacerdote, vorrà pure dire qualcosa. D’altra parte, non si capisce perché un giovane debba sacrificare la propria vita in seminario e poi in un oratorio o in una parrocchia per fare l’assistente sociale o l’animatore di villaggio quando tanti coetanei lo fanno con grande soddisfazione economica e sociale nei luoghi deputati, molto più gratificanti e divertenti.
La decadenza della pratica eucaristica, il dissolversi del senso della Presenza Reale possono portare solo alla crisi del sacerdozio. E qui si arriva al punto, perché il vero obiettivo temo che non sia questo. Sbaglia chi pensa che il demonio punti come fine ultimo a oscurare o eliminare la presenza eucaristica di Cristo nel mondo. Lui, che in Dio ci crede, eccome, sa bene che ciò è impossibile e il suo scopo è ben altro: è quello di profanare il Corpo eucaristico di Cristo senza che qualcuno lo disturbi. Ma, per non essere disturbato, ha bisogno che il maggior numero possibile di fedeli non creda nel più grande miracolo realizzabile su questa terra e, quindi, si disinteressi di ciò che avviene ai suoi danni.

L’eclissi della fede nella Presenza Reale nell’Eucaristia è il prodromo a una liturgia anticristica celebrata pubblicamente senza opposizione, o persino con l’assenso di tanti cosiddetti cristiani.
C’è un solo modo per opporsi a tutto questo. Come disse qualche tempo fa un amico sacerdote: “Dobbiamo girarci e dire Messa”.

Fatelo, don Francesco, e vedrete che i fedeli disposti a difendere quell’Ostia pallida e pura in cui c’è tutto Nostro Signore vi seguiranno e saranno sempre di più.


Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo




settembre 2014

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